IL SACRIFICIO DEL S.TEN. ADORNO
IL SACRIFICIO DEL S.TEN. ADORNO E DEI SUOI UOMINI
Per anni la vittoria degli Alleati è stata attribuita non alla stragrande superiorità di uomini e mezzi, bensì alla viltà e alla defezione della maggioranza dei soldati italiani nonché alla incapacità dei loro comandanti. Dalle testimonianze del tempo, dalla consultazione di documenti presso lo Stato Maggiore dell’Esercito – Ufficio Storico, ma soprattutto dall’analisi approfondita delle fonti nemiche, quali i diari di guerra dei reggimenti che combatterono nelle nostre zone, è possibile dimostrare che, a fronte di alcuni, seppur consistenti episodi di defezione (piazzaforte di Augusta) e sbandamento di alcuni reparti, furono moltissimi gli atti di valore, di singoli uomini e interi reparti (colonna Ronco a Solarino), che rimasero fino all’ultimo a compiere il loro dovere. Per quanto attiene al settore britannico, a Fontane Bianche, Cassibile, Avola, Noto, furono molti gli atti di eroismo.
Dall’esame della documentazione inglese, emergono le difficoltà incontrate dalle truppe alleate, nell’avanzare verso Catania e Messina, mentre nella zona di Gela, le controffensive condotte dalle divisioni Livorno e Goering, per un breve lasso di tempo, misero in difficoltà il gen. Patton. I nostri soldati dovettero combattere in condizioni di estrema difficoltà contro la potenza aerea-terrestre- navale, la Force 505, e nonostante tutto riuscirono a tenere il fronte per 38 giorni, contro i 10 – 15 giorni preventivati dal gen. Alexander.
L’asprezza della campagna di Sicilia è dimostrata dall’elevato numero di perdite: 5711 morti, 14406 feriti, 3358 dispersi tra gli anglo-americani; 4875 italiani e 4369 tedeschi morti. I nostri militari avevano alle spalle tre anni di guerra (Africa Settentrionale, Russia) senza contare la campagna di Spagna, per cui non erano nelle migliori condizioni fisiche per continuare a combattere; i mezzi erano poi così precari da non permettere una difesa efficace: questa fu pura responsabilità politica. Moltissimi di loro, pur sapendo di combattere una guerra già persa, non si tirarono indietro neanche dinanzi all’estremo sacrificio. Il settore sud- orientale che andava da masseria Palma, a sud di Siracusa fino a Punta Castellazzo, ad ovest di Pachino, era affidato alla 206^ divisione costiera con sede a Modica, mentre a Noto, Palazzo Trigona vi era la sede del 146° reggimento che aveva alle dipendenze tre battaglioni. Fra questi il 374°, dislocato ad Avola, cui apparteneva il Sottotenente Adorno. Su ogni chilometro di spiaggia vi erano schierati 36 soldati, ossia uno ogni 30 metri circa che avrebbero dovuto fronteggiare lo sbarco di un battaglione nemico di circa 750 uomini.
I soldati, in maggioranza siciliani, erano in gran parte di classi anziane e avevano poca esperienza di combattimento. Inoltre parecchi erano rientrati dalla Russia e avevano sostituito il personale meglio addestrato inviato sul fronte russo. Questi reduci erano affetti da varie malattie e molti soffrivano dei postumi di congelamento. Ripartiti in gruppi di 10 uomini o al massimo 30 presidiavano le coste e i caposaldi all’interno. I turni di servizio erano pesantissimi a causa di mancanza di personale, spesso ammalato di malaria. Molti di loro erano sposati, poco motivati ma soprattutto stanchi. La quasi totalità degli ufficiali proveniva dalla riserva o dal complemento, non più giovanissimi e con famiglia alle spalle, anch’essi molto provati e con poca esperienza militare.
Non mi soffermo sui mezzi bellici perché erano obsoleti, di scarsa manovrabilità, ma soprattutto mancavano i mezzi di trasporto sia per i soldati e in particolare per trainare i pesanti pezzi di artiglieria: una testimonianza riporta che all’epoca , in contrada Petrara, per mettere i pezzi in batteria, gli artiglieri utilizzavano cavalli da tiro o muli. Le riserve non potevano muoversi rapidamente. E’ un fatto eclatante che nella zona di Solarino, il colonnello Ronco che doveva attaccare le forze inglesi a sud di Siracusa, dovette sequestrare degli autobus e dei camion carichi di civili e disertori, per trasportare le sue truppe al contrattacco.
Fatto questo quadro generale non certo esaltante, vediamo cosa successe il giorno 10 luglio al chilometro 384 della statale 115 in contrada Santa Venericchia, nei pressi di Avola. Alle prime ore del 10 luglio sbarcò la 151^ brigata inglese composta dal 6°, 8° e 9° battaglione di fanteria leggera Durham. Sebbene l’artiglieria fosse intervenuta con il fuoco di sbarramento prima e con il fuoco di repressione dopo, le difficoltà che incontrarono gli inglesi furono il mare forza 7 e un forte vento, che resero difficoltosa l’individuazione delle spiagge.
Alle prime luci dell’alba cominciò l’attacco su Avola che si concluse nel pomeriggio, mentre già a partire dalle 11 alcuni reparti inglesi si dirigevano verso Noto. Per entrare ad Avola gli inglesi dovettero superare il fortino di Viale Lido dove trovò la morte il fante Borbone, il caposaldo di Serra La Guardia sulla strada provinciale Avola – Avola Antica e il posto di blocco di Santa Venericchia difeso dal Sottotenente Adorno. L’ufficiale aveva alle dipendenze 22 uomini armati di fucili 91/38 della 1^ guerra mondiale, qualche mitragliatrice e un cannone da 100 mm puntato verso il mare, sulla sponda sinistra del torrente Mammaledi.
A partire dalla mezzanotte del giorno 10, il caposaldo era stato attaccato da forze paracadutiste inglesi e americane; quest’ultime erano state lanciate nella zona di Gela, ma a causa del vento, atterrate nel settore di Avola. Il sottotenente Adorno resistette per tutta la notte, incoraggiando e tenendo uniti i suoi uomini. Alle prime luci dell’alba, ripresero gli assalti dei paracadutisti ai quali si aggiunse da nord, proveniente dalla stazione ferroviaria di Avola, una compagnia del 9° e da sud una compagnia del 6° battaglione. Circondato da ingenti forze nemiche continuò a spronare i suoi uomini e senza lasciarsi abbattere dalle crescenti perdite del suo reparto, combatté con la pistola in pugno, fino a quando non cadde colpito mortalmente. Un testimone oculare, il fante Corrado Belfiore, inquadrato nel reparto di Adorno, raccontò che gli inglesi riconobbero il suo atto eroico e gli concessero gli onori militari.
Questa testimonianza ci permette di sfatare quanto scritto da alcuni autori che nel tentativo di enfatizzare le gesta del sottotenente Adorno, un fatto che già di per sé è degno della massima menzione, hanno scritto cose che rasentano l’inverosimile. Adorno era iscritto al 3° anno della Facoltà di Legge presso l’Università di Catania. Nel 1940 interruppe gli studi e si arruolò quale Allievo Ufficiale di Complemento nella Scuola di Avellino e nel marzo del 1941 fu nominato sottotenente e assegnato al 6° reggimento fanteria in Palermo. Trattenuto alle armi per mobilitazione fu messo alle dipendenze della 6^ Armata in Sicilia. Nel maggio del 1942 fu trasferito al comando del 374° battaglione costiero, di stanza ad Avola, e fu incaricato della difesa del posto di blocco n. 418 di Santa Venericchia.
Per il suo sacrificio gli fu concessa una Medaglia d’Oro al Valor Militare, alla memoria e la laurea in Giurisprudenza “Honoris Causa”.
Michele Favaccio