Ricordo di Mario Muccini: da Gino Raya ad oggi.
GINO RAYA: RICORDO di MARIO MUCCINI – tratto dalla sua Rivista NARRATIVA del Dicembre 1961
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Il Progetto : “Un libro per salvare una chiesa”
La riedizione del diario di guerra di Mario Muccini “Ed ora andiamo! Il romanzo di uno scalcinato” è stata curata da Sergio Spagnolo, studioso degli eventi della Grande guerra, socio dell’Associazione Storica Cimeetrincee e del Gruppo Ricerche e Studi Grande Guerra della Società Alpina delle Giulie. Alla riedizione hanno collaborato Fabrizio Corso da Modica (RG), socio dell’Associazione Storica Cimeetrincee, per le integrazioni fra la prima e seconda edizione (censurata e riveduta) e Paolo Seno da Mestre (VE) per la veste grafica.
Il libro, scritto nel dopoguerra dal tenente Mario Muccini della Brigata “Caltanisetta”, è citato nella bibliografia di importantissimi saggi storici ed è certamente uno tra i diari più significativi sulla Grande Guerra. Pubblicato originariamente negli anni trenta in versione integrale, con sconcertanti accenni a fatti mai scritti su un libro prima di allora, ristampato l’anno dopo in versione censurata per i tipi della Garzanti, era difficilmente reperibile, oggi è nuovamente disponibile.
La riedizione è arricchita da sei appendici, una per ogni settore, dove Muccini aveva combattuto, scritta dai maggiori esperti storici di quei luoghi:
Mitja Juren del Gruppo Ricerche e Studi Grande Guerra della Società Alpina delle Giulie (GRSGG), guida storica esperta di Sentieri di Pace per il Monte S. Michele autore di numerose pubblicazione sulla Grande Guerra tradotte anche in lingua slovena: Il Carso dimenticato 1-2, Monte S. Michele – DebelaGriža, La memoria del Brestovec – SpominBrestovca.
Roberto Lenardon del Comitato scientifico del Museo diKötschach – Mauthen, rappresentante per l’Italia dell’Associazione Dolomitenfreunde-Amici delle Dolomiti, maggior esperto del Pal Piccolo – KleinerPal che ha messo a disposizione anche numerose foto dell’archivio dei Dolomitenfreunde.
Antonio Scrimali, presidente onorario del GRSGG, creatore del Catasto Epigrafia Grande Guerra, autore di alcune fra le più famose guide sui campi di battaglia, autentiche pietre miliari per tutti gli appassionati e studiosi.
Guido Alliney, storico, membro del GRSGG, maggior esperto del MrzliVrh – Monte Mrzli (Slo) sul quale ha condotto profondi studi e ricerche che l’hanno portato a pubblicare: MrzliVrh – Una montagna in guerra, Mrzli, la battaglia dimenticata e il recente Caporetto sul Mrzli.
Željko Cimprič, fondatore del prestigioso KobariškiMuzej – Museo di Caporetto (Slo), vicedirettore e curatore delle mostre temporanee del museo, guida storica.
Mauro Zattera, socio dell’Associazione Storica Cimeetrincee, ricercatore e guida storica del fronte Trentino e del Garda, consulente di Paolo Rumiz per quel tratto di fronte nel suo recente: “L’albero tra le trincee” e autore con Riccardo Belladonna della guida: “Sentieri di confine”.
In accordo con la figlia di Mario Muccini, Annamaria che vive a Firenze e con molte associazioni culturali e storiche, istituzioni e aziende italiane e slovene, si è scelto di legarlo a un’iniziativa benefica senza scopo di lucro che consiste in una raccolta di fondi da destinare ai lavori recupero della chiesetta di un ex cimitero militare italiano che si trova a Plave – Plava (Slo) sulle rive dell’Isonzo. Un pregevole manufatto, costruito dai soldati italiani della brigata Firenze nel 1916, che conserva al suo interno numerose epigrafi e lapidi posizionate dai costruttori e dai parenti dei caduti. Nel cimitero erano sepolti 2998 caduti che sono stati riesumati nel 1938 per essere poi traslati nel Sacrario di Oslavia.
Il libro sarà offerto in omaggio a chi contribuirà con un’offerta minima “pro chiesa di S. Luigi”.
Si tratta della prima iniziativa transfrontaliera di questo genere. A questa iniziativa partecipano: Associazione Storica Cimeetrincee, Gruppo Ricerche e Studi Grande Guerra, Associazione Culturale Juliaest, Gruppo di ricerca storica Isonzo, DruštvoŠoskaFronta, KobariškiMuzej, Museum 1915-18 vomOrtler bis zur Adria, Sentieri di Pace, PotMiruFundacija, Dolomitenfreunde, Istoreco, Museo Civico del Risorgimento di Bologna, Studio Bibliografico Ofi, Hotel San Martin, Tiro a segno nazionale sezione di Venezia, 4Land Cartography. Ed è patrocinato da: Provincia di Gorizia – Carso 2014+, ObčinaMiren-Kostanjevica, Comune di Savogna-ObčinaSovodnjeobSoči, Občina Kanal obSoči, Comune di Sagrado, Provincia di Enna, Zavod za varstvokulturnedediščineSlovenije-Območnaenota Nova Gorica, ObčinaBrda, PotMiru. La pubblicazione del libro è stata sostenuta della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia.
La chiesa di San Luigi
Della Grande Guerra esiste una vasta “epigrafia” lasciata dagli “uomini delle trincee” a futura memoria. Essa comprende incisioni sulle pietre, targhe, lapidi ma anche manufatti come fontane, abbeveratoi, edicole sacre e cappelle votive. E’ questo il caso della degradata chiesetta di San Luigi, eretta nel 1916 dai soldati italiani in Slovenia nei pressi di Plava sul medio Isonzo, che ha il potere di rammentarci avvenimenti legati a quasi due anni di scontri succedutosi nei pressi di Plava e Zagora. Una targa in cemento, posta davanti all’ingresso della Chiesa di San Luigi, ricorda nomi dei i benefattori che permisero la costruzione e del cappellano Padre Luigi Magliacani dell’ordine dei Cappuccini che la ebbe in consegna.
La chiesa ha subito un progressivo abbandono dal 1938, anno in cui vennero riesumati e traslati nel Sacrario di Oslavia i 3546 caduti che riposavano nell’antistante cimitero militare, dedicato al Generale Prelli. Al suo interno un’altra targa posta vicino all’altare ricorda i cruenti combattimenti succedutesi per la conquista della sovrastante quota 383 di Plava, allora chiamata “collina della morte” o “quota insanguinata” e del villaggio di Zagora. Altre struggenti lapidi presenti all’interno, sono state recuperate e messe al sicuro dalla Sovrintendenza ai beni culturali della Slovenia di Nova Gorica per preservarle dal progressivo degrado e dallo sciacallaggio crescente, in attesa di ricollocarle dopo un prossimo intervento di ripristino dell’edificio.
Come già detto la chiesetta di S. Luigi cadde in disuso e progressivamente in rovina e asportate le suppellettili e gli arredi sacri, venne gradualmente invasa dalla vegetazione e una volta ceduto il tetto, il degrado del piccolo edificio si accentuò sempre più, indebolendo le strutture e sgretolando intonaci, pitture e iscrizioni. Il rudere venne “rintracciato” dai ricercatori Antonio Scrimali e Pierpaolo Russian in seguito al rinvenimento di un’immagine storica nei primi anni settanta; allora ancora in discrete condizioni, la chiesetta venne inserita in un itinerario di visita pubblicato in una famosa guida storica degli Scrimali. In seguito, fino agli anni novanta, a cura del “Gruppo Ricerche e Studi della Grande Guerra” della Società Alpina delle Giulie, vennero messi al corrente del progressivo grave degrado Enti e Associazioni per possibili interventi di manutenzione, anche con sopralluoghi congiunti, ma senza arrivare a nessun esito apprezzabile.
Qualche anno fa Sergio Spagnolo socio del Gruppo Ricerche Grande Guerra del C.A.I. Società Alpina delle Giulie di Trieste e dell’Associazione Storica Cimeetrincee di Venezia, appassionandosi alla storia, al territorio e alle vestigia nella zona di Plava ha deciso di tentare di salvare questo manufatto e contattando il comune di Kanal ob Soči, il proprietario del terreno, la Sovrintendenza ai beni culturali sloveni di Nova Gorica e con un contributo di Maria Luisa De Caroli, una scrittrice piemontese che ha avuto il padre Giacinto, ufficiale medico in quei luoghi durante la Grande Guerra, ottenuti riscontri, disponibilità e collaborazioni molto positivi con l’aiuto di un gruppo di volontari e il proprietario del terreno Marjian Vuga, è riuscito a realizzare alcuni lavori preliminari quali il taglio della vegetazione infestante e la posa di una prima struttura a protezione delle vestigia della chiesetta.
Queste prime attività di protezione, propedeutiche ad un successivo intervento di recupero ha portato alla ricerca dei fondi necessari. Da un lato le Autorità slovene si sono attivate attraverso la progettazione per l’accesso ai fondi comunitari, dall’altro l’iniziativa di Sergio Spagnolo con la collaborazione di un altro socio di ASCeT, Fabrizio Corso di Modica (RG), ha portato a cogliere l’occasione di curare un’ inedita riedizione del coinvolgente diario: Ed ora, andiamo! Il romanzo di uno “scalcinato”, legandolo ad una raccolta di fondi a tale scopo.
Il Libro
Il racconto di Muccini inizia con la sua assegnazione a un reggimento di fanti siciliani, il 147° fanteria della brigata “Caltanissetta” che ha una sede distaccata anche a Castrogiovanni, l’odierna Enna. Arriva in zona di guerra sul Monte San Michele nell’ottobre del 1915, dove viene quasi subito ferito gravemente al petto. Le descrizioni delle tragiche condizioni in cui attaccavano i soldati italiani su quel settore del fronte sono qualcosa che difficilmente si riesce ad immaginare ma la capacità di Mario Muccini sta proprio nel fatto di saper descrivere in un modo impressionante e coinvolgente quelle situazioni con una capacità letteraria assolutamente unica.
Appena rimessosi in sesto e dopo avere passato qualche mese a Castrogiovanni, nonostante il parere contrario dei medici, volle tornare al fronte. Nel frattempo il suo reggimento si era spostato sul fronte della Carnia. Passato indenne attraverso le maglie della censura, troviamo l’unico riferimento scritto in quell’epoca alla fucilazione di Cercivento, fatto che venne reso noto solo negli anni ’70. Sul Pal Piccolo, dove sui fanti siciliani combattono in alta montagna gomito a gomito con gli alpini, comanda un reparto alla conquista del baluardo austro ungarico di Vetta Chapot . Per questa azione viene decorato per la prima volta con la medaglia di bronzo al valor militare.
Nel novembre del 1916 torna nuovamente sul Carso a Hudi Log – Boscomalo e a Nova Vas (Slo). Descrive nuovamente le orribili condizioni di vita nelle trincee del Carso, dove ci si poteva muovere solo di notte, mentre di giorno bisognava restare immobili nel fango fino al ginocchio e dove infezioni, congelamenti ed epidemie erano all’ordine del giorno. Particolarmente toccante è il racconto dell’incontro con un ufficiale austriaco ferito a morte che gli affida il portafogli da spedire ai famigliari.
Dopo la IX battaglia dell’Isonzo la “Caltanissetta” cambia nuovamente settore e nel gennaio del 1917 viene trasferita sul Monte Mrzli nei pressi di Tolmin – Tolmino (Slo), uno dei più terrificanti settori del fronte, una sola descrizione vale per tutte: “Si stava come le rondini appese ai cornicioni”. In un susseguirsi di attacchi e contrattacchi subiscono gli effetti di una mina collocata sotto le linee italiane e i bombardamenti a gas. Muccini rimane leggermente intossicato, ma prima di perdere i sensi organizza i soldati sbandati e terrorizzati dalla devastante esplosione e questo gli frutta una nuova decorazione. Vengono decritti nuovamente altri aspetti poco noti di quella guerra, come la distribuzione di mutande di gomma contro i gas urticanti, episodi di giustizia sommaria da parte di ufficiali verso chi si rifiutava di andare all’assalto, di suicidi, di faticose corvées mentre le licenze per i fanti siciliani restavano sospese per paura che giunti a casa disertassero.
La sua brigata il 24 ottobre 1917 viene travolta a causa delle posizioni indifendibili, assiste alla fine del colonnello Maurizio Piscicelli, una delle rare medaglie d’oro al valor militare concesse durante quei giorni, mentre inizia la grande ritirata attraverso il Friuli: Cividale, Udine, Campoformido, Codroipo, Aviano, Pordenone e Sacile. Saccheggi, violenze, diserzioni… un esercito che si sfascia nella completa mancanza di ordini e di organizzazione. La brigata viene sciolta per ignominia, ma ingiustamente, e per le troppe perdite subite; Muccini destinato a un’altra brigata dove serve fino al termine della guerra.
Per Muccini è il momento di dismettere l’uniforme e indossare nuovamente gli abiti civili ed esce dalla caserma per l’ultima volta. Non gli resta che dire: Ed ora, andiamo!
Fabrizio Corso – Sergio Spagnolo