E. U. Muscova presenta la sua “Storia di Noto”
Pubblichiamo la Relazione che il prof. Emanuele Umberto Muscova
ha tenuto in occasione della presentazione del primo volume della sua “Soria di Noto”
Innanzitutto rivolgo il mio doveroso saluto al dr. Corrado Bonfanti,sindaco di Noto,che gentilmente ci ospita in que-sta splendida Sala,all’ing.Giuseppe Saraceno,presidente del Rotary Club di Noto Terra di Eloro,alla Governatrice del Distretto Sicilia-Calabria dell’Inner Wheel,prof.ssa Paola Saraceno,al dottor Concetto Lombardo,Past-Governor del Rotary,al dottor Corrado Romano,Assistente del Governa- tore del Distretto del Rotary,alla presidente della Sezione dell’Inner Wheel di Noto Terra di Eloro,d.ssa Antonella Scirè Romano,a tutti i rappresentanti e i soci dei Clubs-ser-vice di Noto,alle gentili signore e ai cortesi signori presenti in questa Sala Rosario Gagliardi del palazzo Trigona.Saluto l’editore Enrico Santocono. Sono sinceramente molto grato al Presidente e al Sindaco per le cortesi parole che mi sono state rivolte.
Questo è sicuramente un momento storico di particolare im-portanza per il nostro Rotary Club-service di Noto Terra di Eloro,perché si è appena celebrato con grande entusiasmo il 39° anniversario della sua fondazione. E’ stato certamente un lungo percorso storico per noi,caratterizzato da moltissi-me attività,anche al servizio dell’umanità in difficoltà come
la promozione di serate per la Polio-plus mediante la nostra Rotary Foundation. Di questi 39 anni ne ho percorso circa 30, dando il mio modesto contributo anche in iniziative di carattere storico-culturale.
Anche in questa sede mi corre l’obbligo di ringraziare dove rosamente il nostro Presidente e il suo direttivo,unitamente al nostro sindaco e alla sua Giunta Municipale per avermi voluto affettuosamente onorare consentendo la presente pub blicazione del mio primo volume di Storia di Noto.Speria-mo per il prossimo anno di poter mandare alle stampe il se-condo con argomenti temporalmente a noi vicini,come la ri-costruzione della città del dopo-terremoto e il Risorgimento in Sicilia.
Credo di poter partire da quanto diceva il famoso storico latino Plinio il Vecchio nel I sec. d.C. e nella sua Storia Na-turale che “turpe est in patria vivere et patriam ignorare”: e-ra certamente un’espressione assai forte la sua,ma era per certo stata dettata da un suo forte amor di patria;infatti mi pare giusto oggi che il cittadino si informi adeguatamente in ordine alla storia patria per conoscere sempre meglio la sua terra natale,onde poterla sinceramente amare e doverla ser-vire con il suo fattivo contributo. Conoscere il passato sto-rico nel nostro tempo presente serve sicuramente a farci co-noscere adeguatamente le caratteristiche,le risorse e le vo-cazioni della nostra città per meglio poter progettare il suo futuro – come dicono giustamente gli storiografi del nostro tempo sul piano della ricerca scientifica -.
In verità io ho sempre amato la storia della nostra città,sin dagli anni della mia preadolescenza,così nel secondo dopo-guerra cercai con interesse di documentarmi,comprando il noto fascicolo del prof.Gaetano Gubernale della serie “Le cento Città d’Italia,e dal titolo di “Noto Città Ingegnosa”, edito dall’Editore Sonzogno di Milano, testo che ancora conservo,essendo stata la mia prima fonte d’informazione, ma che va integrata e in alcuni punti pure corretta, consi-derata la notevole crescita degli studi storici nel corso del Novecento.Credo,in verità,che siamo stati in molti,da ini-ziati,a dovere ispirarci ad essa,ma anche al Littara,a can.don Vincenzo Prado e al Russo Farruggia. In realtà molti sono stati i libri di storia di Noto che sono stati pubblicati negli ultimi decenni nella nostra città dal prof.Corrado Gallo, umanista e storiografo,con le sue ricerche negli Archivi pubblici e privati di Palermo,e dell’avv.Francesco Balsamo con le sue molte e ben documentate pubblicazioni,ma anche di recente dell’amico cav. Francesco Maiore, nello stesso tempo sono stati innumerevoli gli articoli di giornale pub-blicati sui quotidiani e sul periodico “Alveria” dell’ISVNA, però ogni nuovo lavoro storico va visto giustamente come un ulteriore contributo alla conoscenza del lunghissimo percorso storico della nostra città. Non vanno sottovalutate le conversazioni fatte nei Clubs e nelle associazioni cultura- li della nostra città,in particolare in ordine alle personalità illustri netine.
Certamente non possiamo dimenticare le relazioni archeo-logiche degli archeologi di fama internazionale,Sen.dr.Pao-lo Orsi,prof.Luigi Bernabò Brea e dr.Giuseppe Voza per la storia antica di Noto,e ricordiamo per la città barocca sul Colle Meti gli scritti dei professori Stefano Tobriner in Genesi di Noto,Michele Luminati sul Settecento netino e-Liliane Doufur con il noto libro Dalle baracche al barocco. Per la redazione della mia storia cercavo di seguire scrupolosamente il consiglio offertoci dall’altro storico latino Caio Cornelio Tacito quando scriveva nei suoi Annali che chi si accinge a scrivere un testo storico lo deve fare “sine ira et studio”,cioè senza alcun pregiudizio e senza intento esaltativo o panegirico.Sicuramente questo era ed è un importante insegnamento storiografico da dovere seguire proficuamente.
Ebbi poi l’opportunità di pubblicare sul quotidiano locale “Il Diario di Siracusa” la mia prima stesura della Storia di Noto a puntate.Certamente era un lavoro da iniziato e non poteva essere esente da inesattezze a causa delle informa-zioni acquisite da testi di storia locale,come poi mi sarebbe risultato, a volte non sufficientemente documentate.Credo che nessun ricercatore possegga tutte le verità storiche,che sono tante,ma non sempre reperibili in forma documentale, archeologicamente o archivisticamente.E di questo si deve prendere umilmente coscienza. Ma cammin facendo negli studi storiografici,maturando esperienza e modalità operati-va si cerca responsabilmente di acquisire progressivamente una metodologia storico-euristica seria,onde evitare di poter poggiare la trattazione storiografica su colonnine di cedevo-le alabastro,facendolo invece su pilastri epistemologici si-curi,perché culturalmente la storia è considerata una scien-za umana,supportata da elementi documentali e come tale essa non va considerata una semplicissima narrazione sul piano letterario.Questo è certamente l’errore che va evitato. Infatti dicono gli storiografi moderni che la storia è un ca-pitolo di scienza che rimane sempre aperto alle indagini per successive acquisizioni,e quindi non è mai completamente definito,quindi si scrive e si riscrive tutte le volte che ven-gono rinvenuti nuovi documenti che danno la possibilità d’ integrare il testo precedentemente redatto o di modificarlo in alcuni punti,se si rilevano comprovate inesattezze, non di rado riscontrabili.Per ciò che concerne la preistoria o la sto-ria antica, in assenza di notizie storiche di autori antichi,non si può non legarsi agli esiti delle ricerche archeologiche, quindi il campo di studi è un terreno culturale sempre aper-to,perché ovviamente i terreni che conservano nelle loro vi-scere testimonianze importanti non sono mai totalmente sta-te esplorate dagli archeologi già citati,compresi il prof. Vin-cenzo La Rosa,il prof.Chino Santocono Russo e Lorenzo Guzzardi.
E’ chiaro che la stesura di un testo dipende anche da un certo tipo d’impostazione personale e dalla cultura di colui che ha studiato il periodo storico che intende trattare.Quindi io ho cercato di seguire un iter euristico anche di esame comparato tra le diverse fonti disponibili per una mia garan-zia operativa e per la correttezza del manufatto,prima di ini-ziare la tessitura,tenendo presente il dato di discriminare tra le diverse fonti di documentazione per la loro credibilità.
Il manufatto storiografico era stato ideato per quattro volu-metti:
1- Noto dalla preistoria al terremoto del 1693;
2 – Noto dalla ricostruzione sul colle Meti alla fine dell’Ot- tocento; testo che sarà comprensivo di una storia dettagliata del Risorgimento in Sicilia;
3 – Noto nel primo Novecento fino alla sindacatura Salli-cano; testo comprensivo delle due guerre mondiali;
4 – Noto nel secondo Novecento dalla sindacatura Geno-vese; in testo comprende molti avvenimenti e fatti storici da noi conosciuti.
Passiamo ora,dopo questa breve ed essenziale premessa, alla presentazione vera e proprio del primo libro,che è quel- lo che è già stato pubblicato,testo che riferisce la storia del-la nostra città fino al sisma del 1693,quando regnava in Spagna e in Sicilia il Re Carlo II d’Asburgo. Da dove sono partito nella stesura storiografica? – qualcuno mi potrebbe chiedere.
Ho ritenuto opportuno interessarmi,in ordine alla preisto-ria,dagli esiti delle esplorazioni di Paolo Orsi e di Luigi Bernabò Brea per dare al lettore un quadro iniziale degli insediamenti umani nelle grotte del promontorio pachinese, della Cava Lazzaro di Rosolini,del Castelluccio di Noto,del Finocchito o montagna di Noto,di Noto A.,presentando an-che le necropoli esplorate e i relativi corredi funerari,che scientificamente o archeologicamente ci documentano i gradi di sviluppo delle varie culture preistoriche, dall’Età paleolitica superiore all’Età neolitica,dall’Età del rame a quelle del bronzo e del ferro. Le testimonianze preistoriche presenti nel nostro territorio comunale attuale archeologicamente risalgono all’Età neoli-tica delle aree agricole della Sarculla,a sud di Testa dell’ Acqua,e nella Cava Lentini,sotto il monte Finocchito,per poi passare all’Età del rame nella Grotta Sbriulìa,esplorata e relazionata per conto della Sovrintendenza dal nostro con-cittadino prof.Chino Santocono Russo.Ma le testimonianze preistoriche più conosciute sono quelle del Castelluccio,do-ve l’uomo visse nell’Età del bronzo antico,tra il XVIII e il XV sec.a.C. Le notizie relative hanno accreditato una cultu-ra importante archeologicamente e a beneficio degli storio-grafi,com’è dimostrato dai portelli tombali a figure spirali-formi,il manico osseo inciso a globuli,le tombe a grotticella artificiale o a forno,la tomba a piastrini del capo-villaggio, la presenza del falcetto testimonianza di una piccola colti-vazione del grano,la museruola per filare,quindi la donna castellucciana sapere tessere le tele,sia pure in forma rudi-mentale,ecc.
L’Età del ferro è testimoniata da popolazioni sicule presen-ti sul monte Finocchito e sull’Alveria con le necropoli ,con tombe a loculi munite di cuscino lapideo,con manufatti as-sai vari,come collane di guada e di ferro,fibule di vario tipo per chiudere il mantello,materiale ceramico legato ai com-merci con i Greci di Akrai e di Eloro,in parte anche un pro-dotto autoctono ad imitazione di quello importato.Non pos-so non citare la necropoli posta sull’altura del laghetto del Manghisi. Ed infatti ho operato senza mettere le ali alla fantasia e non subendo i suggerimenti di storiografi dell’Ottocento,che spesso hanno creato forzature narrative non documentabili e assurde trasposizioni fantasiose,ma seguendo gli insegna-menti degli storici dell’antichità. Scrivere una storia cele-brando solamente i fasti di una città mi sembra un’attività storiograficamente riduttiva,cedendo alla tentazione di una narrazione meramente celebrativa di una realtà che in effetti è assai ampia ed articolata nei suoi elementi costitutivi.
Per la storia antica della nostra popolazione netina mi sono opportunamente servito degli scritti scientifici del sen.Paolo Orsi e degli altri pregevoli del prof.Luigi Bernabò Brea e del dottor Giuseppe Voza,valorizzando le testimonianze ar-cheologiche rinvenute nei nostri territori.Ma come testi-monianze scritte non potevo non servirmi dei testi greci (Erodoto,Tucidide Polibio,Plutarco,Diodoro Siculo,ecc.) e latini (Livio,Tacito,Plinio il Vecchio,Cicerone,ecc.). Costruire un discorso storiografico su Noto nell’antichità non è una cosa né semplice,né facile,dal momento che sola-mente dai futuri scavi archeologici potremo avere dati testimoniali di sicuro rilievo ed inoppugnabili.Noto nasceva co-me villaggio siculo,com’è testimoniato dai sepolcreti pre-senti sul monte Alveria,che sono coevi a quelli del Finoc-chito,com’è testimoniato dalle pagine del prezioso volume dell’archeologo ligure Luigi Bernabò Brea “La Sicilia pri-ma dei Greci”.I Siculi rimasero sull’Alveria alcuni secoli prima che il villaggio siculo divenisse una città di cultura e di civiltà greca,dopo i rapporti commerciali con i Siracusani di Eloro e di Akrai.
La città-villaggio siculo di Noto dovette probabilmente con-tinuare come entità autonoma fino all’inizio del IV sec.a.C., cioè al tempo del tiranno di Siracusa Dionigi o Dionisio I il Vecchio,che sconfiggendo i Cartaginesi, dopo la fine dell’ armistizio,occupava quasi tutta la Sicilia.Ripeto probabil-mente sotto il suo dominio Noto dovette iniziare ad essere cittadina di costumi ellenici e di civiltà greca con i suoi mo-numenti, che sono ancora da esplorare sull’Alveria. Molte sono state in epoca successiva le monete del Re epirota Pir-ro,eletto anche Re di Sicilia,se su una faccia è rappresentato il monarca-condottiero e sul retro l’immagine di un bue, forse simbolo della forza del suo esercito.Molte sono pure le testimonianze archeologiche risalenti al tempo del Re Gerone II di Siracusa: si era nel III sec.a.C.,nel periodo ellenistico-jeroniano.Ricordiamo opportunamante nell’ordi- ne archeologico il Ginnasio,censito dall’epigrafista tedesco Georg Klaiber,le mura ellenistiche,fatte emergere dagli sca-vi del prof. Enzo La Rosa,gli Heroa,illustrate dal prof. Concetto Buccheri e dal prof.Chino Santocono Russo,ed in ultimo il fortilizio greco portato alla luce dall’archeologo dottor Lorenzo Guzzardi nel sito del Castello Reale.Il nome della Noto greca storicamente è quello di Neaiton,che tro-viamo nel 263 a. C.,quando il Re Gerone firmò il trattato di pace con i consoli romani,che assediavano la città di Sira-cusa e il territorio del suo regno.La pace stipulata per 15 an-ni sarebbe stata tacitamente prorogata fino al 215 a.C., cioè alla morte del vecchio Re.
Noto romana è citata ampiamente e con valide testimonianze da M.T.Cicerone nelle Orationes in Caium Verrem nel 73-71 a.C. E proprio dall’avvocato romano apprendiamo che la nostra città, nonostante fosse federata di Roma, come Messina e Taormina,dovette subire le depredazioni del ra-pace governatore Verre mediante il suo spietato esattore A-pronio,pur essendo esentata dal pagare tributi a Roma. Ma per il tardo periodo romano c’è la testimonianza della Villa Romana del Tellaro con i suoi preziosi mosaici,opera pre-gevole di maestranze africane.La Villa fu in un rapporto economico con Eloro.Esistono anche altre poche testimonianze archeologiche relative alla Noto romana,citate opportunamente nel testo,in dipendenza dei reperti funerari relazionate dal prof.Manganaro,esperto epigrafista dell’Università degli Studi di Catania. Esistono anche nel nostro territorio netino alcune testimonianze del periodo paleocristiano nelle catacombe di Cittadella dei Maccari,che vennero esplorate da Paolo Orsi. Con l’arrivo in Sicilia dei Bizantini,nel 535 d.C., Noto non ebbe uno sviluppo economico,ma solo un’attività di diffusione della fede cristiana; infatti le testimonianze da loro lasciate in realtà sono veramente tante e meritevoli di uno studio particolare per la loro valorizzazione turistica ed occupazionale:il villaggio bizantino di contrada Arco,in prossimità di Palazzolo Acreide,il Cenobio di San Marco, un’architettura interamente scavata perforando il costone rupestre,la Grotta dei Santi,come volgarmente viene chiamata in quel di Castelluccio,ma in effetti trattatasi di un Santuario rupestre,affrescato da una mano esperta,la catacomba rupestre di Noto Antica,scavata nella roccia,sulla quale sarebbe poi sorto il Castello Reale.E poi ancora citiamo il rudere del tempietto della Pitturata di contrada Falconara,i ruderi della basilichetta di Eloro,la Trigona di Cittadella,triabsidata, ed infine la Cripta di S.Lorenzo Vecchio,in prossimità di Pachino. Sono testimonianze archeologiche da valorizzare.
Nel IX sec. Noto fu occupata dall’armata araba magrebina con molti miglioramenti dal punto di vista economico-com-merciale,introducendosi un’ agricoltura razionale con nuo-ve piante,ma di tale presenza non abbiamo alcuna testimo- nianza archeologica,sicuramente cancellata dai nuovi inse-diamenti ecclesiali e conventuali cristiani,se si eccettuano le concerie delle pelli della valle del Carosello,in Noto A.,e quella rinvenuta sotto il pavimento del Palazzo Ducezio in occasione dei lavori di consolidamento statico e del re-stauro della struttura,con l’intervento della Soprintendenza provinciale di Siracusa. Il pochissimo che sappiamo ce lo riferisce il geografo arabo Edrisi nell’opera dedicata al Re di Sicilia Ruggero II;in tale opera Edrisi ci parla di una Noto molto bella e dai palazzi torreggianti.Riordava Noto in una sua poesia il poeta arabo-siracusano Ibn Hamdis.Ma Noto in tale periodo,essendo geograficamente una roccafor-e molto importante,divenne il Capovalle nella triplice ripar-tizione amministrativa dell’isola.
Nel 1090 o 1091 Noto fu occupata dalla cavalleria norman-na,guidata dagli Altavilla Riccardo il Guiscardo e Ruggero il Normanno,poi che poi venne nominato dal fratello Conte di Sicilia.A lui si deve la costruzione del Castello Reale,ini-ziata dal figlio Giordano,da lui nominato primo Duca di Noto,ma anche le prime chiese cristiane e i primo conventi francescani.A Noto furono fatte consolidare le mura, onde poter resistere ad eventuali attacchi esterni di pirati turchi che da quel tempo infestavano le coste della nostra isola. Del periodo svevo nel territorio di Noto ricordiamo la nota Torre sveva di avvistamento di Vendicari,a tutela anche del caricatore di frumento,forse voluta dal Re ed Imperatore Federico II,che fu detto dagli storici lo Splendor mundi, au-tore di molti castelli e fortilizi nella nostra area geografica. Storicamente agli Svevi, Corrado e Corradino,assurdamente trucidati, si sostituirono gli Angioini di Carlo I d’Angiò, dal 1265 al 1282, Re che risiedeva a Napoli.
Noto sotto gli Angioini subì gravi soprusi,tanto da dar luo-go alla famosa Guerra del Vespro Siciliano,narrata per pri-mo dallo storico netino Nicolò Speciale nel Trecento e ri-presa dallo storico siciliano Michele Amari nell’ 800. Rac-contava il cronista netino Ignazio Coppa,nelle sue Memorie storiche di Noto – egli morì nel 1820,secondo il prof.Mattia Di Martino –, che i Netini subirono le angherie più gravi da parte del governatore Faramond conte d’Artois,ed anche il barone di Tatatausi D.Guido Cacciaguerra,ma poi i Netini, armatisi di tutto punto,esplosero contro il Faramond e i suoi sgherri,finiti sulle forche extra moenia, perché servissero di ammonimento ai filo-francesi che erano,purtroppo,presenti in città. Con la cacciata degli Angioini giunsero in città gli Aragonesi di Re Pietro II,sbarcato a Trapani e proveniente dall’ Africa; così si dovette combattere contro i filofrancesi fino alla pace di Caltabellotta nel 1302, nell’Agrigentino, firmata dal Re Federico II d’Aragona e dal Re Carlo II lo Zoppo di Napoli.
Il Trecento fu un secolo difficile in Sicilia per le lotte inte-stine tra i nobili isolani per il predominio politico-ammi-nistrativo fino al regno di Maria e di Martino I il Giovane. In questo periodo emergeva a Noto l’abate Giovanni Auri-spa,umanista-bibliofilo,con il merito di avere arricchito la cultura europea con i tantissimi codici latini e greci,che proiettavano nuova luce sulla cultura classica nel mondo occidentale.Ma nella prima metà del secolo era giunto a Noto il frate francescano Corrado Confalonieri,ospitato pri-ma nel convento di S.Martino e poi ospitato alle Celle dal netino Guglielmo Buccheri.Infine trascorse santamente e nella preghiera nella Valle dei Pizzoni fino alla morte av-venuta il 19 febbraio del 1351.Ci sono ottime pubblicazioni in merito redatte da Mons.Salvatore Guastella e dall’avv. Francesco Balsamo.
E durante l’amministrazione del Duca Pietro d’Aragona fu edificata la Torre del Castello Reale e furono rafforzate ul-teriormente le mura della città e quelle della Torre sveva d’ avvistamento di Vendicari:era il tempo del Re Alfonso V il Magnanimo, che nominò il nostro concittadino D.Nicolò Speciale Vicerè di Sicilia,morto a Noto nel 1444.E fu pro-prio lo Speciale ad ottenere la chiusura della fiera di S.Gia-como fuori le mura,ormai obsoleta, per istituire quella di Pentecoste nella piazza della chiesa del Crocifisso nel 1427. In tale periodo sorsero altre chiese,ma anche conventi e mo-nasteri,dove cresceva notevolmente la cultura per la forma-zione di sacerdoti,religiosi e laici,com’è dimostrato dall’af-fermazione di medici,letterati,alti religiosi e uomini politici, ecc.Per tale motivo nel 1503 la nostra città ottenne dal Re di Spagna e di Sicilia,Ferdinando II il Cattolico,il titolo di Città Ingegnosa.Ma pare che inoltre ci fosse pure la richie-sta al predetto Re del nostro Padre Domenicano Rinaldo Montuoro Landolina di istituire nel convento domenicano dell’Alveria la seconda Università della Sicilia dopo quella di Catania,che però si oppose,non accettando la concorren-za.Il frate venne poi nominato dal pontefice,su richiesta del Re,Vescovo di Cefalù e morì in Spagna durante nel 1511.
Sotto la dinastia dei monarchi asburgici in Spagna e in Sicilia,da Carlo V a Filippo II,da Filippo III a Filippo IV e a Carlo II,Noto,pur tra molte difficoltà a causa di carestie e di pestilenze,dovute anche alle tante guerre sostenute in Euro-pa registrò anche miglioramenti,come il rafforzamento del-le mura della città,durante il regno di Carlo V, l’abbellimento del centro storico con piazze e fontane,come quella del Laocoonte,opera dell’architetto netino Giovanni Manuella,che completò la chiesa del Crocifisso con altre cappelle con un progetto ardimentoso,e disegnò pure l’Arca di S.Corrado,come oggi noi la vediamo durante le feste del Patrono.Si svilupparono l’artigianato e l’agricoltura,ma an-che i commerci.Emersero socialmente i Vescovi Giacomo Umana,che eseguì l’iter di beatificazione di S.Corrado per delega del Vescovo di Siracusa,Carlo Impellizzeri e Simone I Rau della Ferla,rispettivamente nelle Diocesi di Ma zara del Vallo e di Patti.
Si formò in città tutta una schiera di nobili proprietari di feudi,che lottarono tra di loro per essere egemoni nell’am-ministrazione della loro città, tanto che dovette intervenire a Noto il nostro Vescovo Carlo Impellizzeri per poter pacifi-care gli animi troppo accesi e violenti.I conventi Francesca- ni,Domenicani e Carmelitani furono dei veri centri cultura-li,com’è dimostrato dagli Scala Giuseppe,padre e figlio, medici importanti,formatisi nell’Università degli Studi di Padova,ma erano anche scienziati.Non dimentichiamo i Padri Generali dell’Ordine Cappuccino Clemente Di Lorenzo e Giovanni Maria Minniti,molto accreditati presso la Curia Papale.L’elenco delle personalità netine sarebbe lungo da esporvi ed io non mi permetto di proporvelo.
L’11 gennaio 1693,purtroppo,una città meravigliosa sul monte Alveria, come ci riferisce in una memoria storica il P.Guardiano di S.Francesco d’ Assisi,Fra Filippo Tortora, cadeva a pezzo a pezzo a causa di un susseguirsi di scosse sismiche, facendo circa 1000 morti,ma tanti morirono per il freddo,la fame e le malattie,dovendo,i sopravvissuti,vivere in grotte e capanne fatiscenti,nutrendosi di frumenti bollito in assenza dei mulini,distrutti dal sisma,mentre i più fortu-nati trovarono ospitalità presso i parenti a Palazzolo,Ispica e Catania.Vastissimo è il repertorio delle testimonianze stori-che di tale periodo e di tale evento sismico di una tremenda gravità,come riferiva D.Ottavio Nicolaci,memorialista e barone di Bonfalà,della Gisira e del Patro.Pure importante è il testo del prof.Corrado Gallo, umanista ed esperto storio-grafo.
A questo punto mi tocca fermarmi,non dovendo e volendo abusare ulteriormente della vostra cortese pazienza.Ho voluto con voi fare un viaggio ideale a volo d’aquila per esigenze di tempo,ma molto avrete da leggere per valutare il mio modesto lavoro,frutto dell’amore per la nostra città e della stima per i miei concittadini. Concludo,rinnovando i miei ringraziamenti al Presidente del Club e al nostro Sindaco di Noto per aver reso possibile la pubblicazione del primo volume di un percorso storiografico molto lungo.
Emanuele Umberto Muscova