L’abisso dello Stretto e l’altro volto della Sicilia
ENZO PAPA
L’abisso dello Stretto e l’altro volto della Sicilia
di Enzo Papa
Se non fosse stato per l’abisso dello Stretto, per questo ritrarsi in basso, per questo iato della superficie terrestre, il peninsulare italico appennino non avrebbe avuto termine a Scilla, e né Scilla, né Cariddi avrebbero avuto vita mitologica. Né ci sarebbe stata l’isola Sicilia. E neppure l’aldilà o l’aldiqua dello Stretto (o del Faro): concetto politico,! quest’ultimo, che ha fatto sempre più isola la Sicilia.
Ma non è bastata l’orografica cesura, il fretumsiculum a far distinguere il siculo appennino dall’orografia del piede dello stivale, dall’Aspromonte calabrese: assai simili flora e fauna, paesaggi, asimmetria dei versanti, fiumare, bacini idrici, persino altitudine, giacché le cime più alte di entrambi quasi toccano i 2000 metri. Il Montalto, la vetta più alta d’Aspromonte arriva a 1956 m, ma non sono da meno i Nebrodi e le Madonie, rispettivamente con il monte Soro che arriva a 1847 m e Pizzo Carbonara, la cima siciliana più alta dopo l’Etna, che tocca i 1979 m. Pomposamente, con un po’ di enfasi, queste nostre due catene montuose sono anche dette Alpi Sicule.
Si diparte dallo Stretto e si allunga su quasi tutta la dorsale nord della Sicilia codesta granitica colonna vertebrale, dove la Natura esprime tutta la sua opulenza. Qui la Sicilia mostra un altro volto: non più l’oleografia di sole e mare, di cielo az! zurro e caldo torrido, ma inverni molto rigidi, cime di neve e! di nebbia, calanchi e fiumare, lussureggianti e immensi complessi boschivi.
Tre sono le zone caratterizzate da differenti tipi di vegetazione in funzione dell’altitudine e ciascuna di esse presenta caratteristiche proprie, anche con specie endemiche. I Nebrodi costituiscono ancora la parte della Sicilia più ricca di fauna, malgrado alcune specie siano ormai estinte, come il Grifone, un siciliano condor, che tuttavia nel 2005 è stato reintrodotto, importato dalla Spagna. Numerose sono le produzioni artigianali, frutto della millenaria civiltà dei contadini e dei pastori nebroidei: ricami, ceramiche, ferro battuto, oggetti in legno o ferula, stuoie, tappeti e, tra i prodotti alimentari, la massima espressione sono quelli caseari: il canestrato, il pecorino, la provola, ma non sono da dimenticare i pregiati salumi preparati con le carni del suino nero dei Nebrodi, razza autoctona che vive allo stato semibrado, una vera prelibatezza, e ancora, olio, miele, pistacchio, frut! ti di bosco, insomma sapori antichi assai apprezzati e ricercati.
Ma non sono da meno le Madonie, che si estendono ad occidente dei Nebrodi, tra i fiumi Imera, ad occidente e Pollina ad oriente, al confine coi Nebrodi.
E’ proprio qui la zona carsica madonita, con le caratteristiche doline, gli inghiottitoi e le grotte, vero regno degli speleologi, ora entrata a far parte del Network EuropeanGeopark a cui aderiscono più di venti parchi geologici europei e non. Per la tutela e la salvaguardia di codesti due paradisi naturali, sono stati creati i due Parchi regionali: quello delle Madonie (1989), che occupa 40.000 ettari e comprende 15 comuni, e quello dei Nebrodi (1993), la più grande area naturale protetta della Sicilia, che occupa oltre 85000 ettari e comprende 23 comuni.
Enzo Papa
tratto dal quotidiano LA SICILIA del 5 Giugno 2014