Noto: inaugurazione artistica Vetrata all’Immacolata.
Inaugurazione della nuova Vetrata artistica di Roberto Alabiso:
“L’Immacolata con S. Francesco e S. Antonio”
La Vetrata istoriata di Roberto Alabiso per la Chiesa di San Francesco.
A Noto, Venerdì 22 Agosto p.v. alle ore 19.00, con la benedizione di S.E. Rev.ma Mons. Antonio Staglianò Vescovo di Noto, presso la Chiesa parrocchiale avrà luogo la solenne inaugurazione della nuova artistica Vetrata istoriata raffigurante “ L’Immacolata con San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio” opera dell’arch. Roberto Alabiso, recentemente installata.
Dopo la suddetta benedizione, il saluto del Parroco P. Angelo Busà aprirà i brevi interventi in merito da parte dell’artista Roberto Alabiso Pittore-vetratista, della dott.ssa Beatrice Basile Soprintendente BB. CC. SR, della dott. Carmela Vella Dirigente Unità Operativa dei Beni storico-artistici, del dott. Corrado Bonfanti Sindaco di Noto ed i ringraziamenti del P. Giorgio Leone O.F.M. Conv. già Parroco della stessa Chiesa, che ha progettato e promosso una così straordinaria iniziativa. L’inaugurazione, che non prevede alcun dibattito, sarà presentata dal Sottoscritto Direttore del “Val di Noto Magazine.it” e si concluderà col Concerto dei “Piccoli Cantori di San Francesco” di Ferrara, diretto dal M° Padre Orazio Bruno O.F.M. Conv.
Dagli studi di P. Filippo Rotolo, che nel 1978 ha pubblicato un intero prezioso volume su tutto il monumentale complesso della Chiesa e del Convento, sappiamo che i primi lavori per la fondazione di essa risalgono al 1698, anche se è preferibile la data 1711 incisa sull’architrave della porta laterale di accesso alla sacrestia, mentre quelli di costruzione in elevazione si protrassero con fasi alterne sino al 1734 e si conclusero nel decennio 1740/50. Il tutto fu progettato dall’arch. Rosario Gagliardi (Siracusa,1690-Noto1762) e costruito sotto la sua direzione: la Chiesa per l’identica matrice stilistica ne ricorda tante altre dello stesso Artista diffuse nel Val di Noto, in specie quella netina di S. Maria dell’Arco nel suo portale d’ingresso che ai lati presenta due belle libere colonne tortili, mentre qui sono libere e rette ma sapientemente intarsiate.
Se escludiamo la grande finestra centrale del Gagliardi – molto somigliante a quella della sua Chiesa di S. Domenico – è possibile attribuire il restante completamento dell’opera al netino architetto Vincenzo Sinatra (Noto,1707-1787) proprio per la schietta “linearità” francescana che emerge nel confronto del proseguimento costruttivo fra il primo ed il secondo ordine della stessa facciata. Questi, attivo e fidato “alter ego” del Gagliardi, infatti, diresse molti dei lavori interni alla Chiesa e all’attiguo Convento, ma soprattutto fu anche il suo più stretto collaboratore in quasi tutte le opere del Centro Storico; gli successe direttamente nella carica di Architetto della Città e diventerà suo nipote acquisito avendo sposato una figlia della di lui sorella. Sappiamo, infine, che il Sinatra fu designato dallo stesso Gagliardi quale suo esecutore testamentario, come ha dimostrato Giuseppina Calvo, che ne ha scoperto il testamento e l’ha pubblicato sulle colonne di questo giornale.
Superata la Porta Ferdinandea, ci troviamo nel cuore del Centro Storico di Noto quando, e quasi come un colpo di fulmine ci appare l’inattesa e molteplice bellezza dell’antica Piazzetta dell’Immacolata sulla cui area – detta una volta Piano di S. Francesco – s’affacciano tre grandiosi complessi monumentali: la Chiesa col Convento di S. Francesco all’Immacolata sull’alto d’una magnifica scalinata, la Chiesa e il Monastero di S. Chiara ed il lato sud-orientale del Monastero del SS. Salvatore.
All’incrocio del “Cassero” o Corso Vittorio Emanuele II quest’area sorprende anche il turista più distratto per la grande suggestione che suscita il sublimarsi di cotanta straordinaria Architettura “condensata” in un così limitatissimo spazio: nessuna meraviglia, quindi, se con l’opera di Roberto Alabiso, alla Bellezza architettonica del luogo si aggiunga oggi la Bellezza pittorica di questa magnifica vetrata che si ispira alla statua lignea dell’Immacolata posta nella cappella sopra l’altare maggiore, attribuita per tradizione allo scultore Antonino Monachello, datata 1564, e che pare sia la stessa ritrovata intatta dal Padre Guardiano Filippo Tortora fra le macerie del terremoto 1693 nell’omonima Chiesa di Noto Antica.
<< La composizione triangolare della nuova originale opera dell’Alabiso – è scritto nella Relazione che illustra la vetrata – vuole sintetizzare artisticamente la tradizione storica della presenza e della attività dottrinale e cultuale dei Francescani a Noto durante ben otto secoli, pervenuta fino alla proclamazione del dogma. … L’Artista raffigura con delicata pennellata l’ispirato volto della Vergine, avvolto in un bellissimo manto di colore azzurro, impreziosito da numerose stelle dorate cosi come dorata è la Sua veste. Come nella classica iconografia mariana, la Madonna Immacolata schiaccia con il piede sinistro la testa al demonio ed è come sospesa tra la luna e una nuvola. La raffigurazione della vetrata non ha carattere devozionale né cultuale, ma vuole esprimere il decorso storico di una significativa presenza dei Francescani a Noto e della loro particolare attenzione alla dottrina immacolatista della Vergine, proclamata, fin dalle origini da S. Francesco e da S. Antonio, e difesa sempre strenuamente dalla scuola francescana. La presenza di S. Francesco d’Assisi e di S. Antonio di Padova, posti in basso ai lati dell’Immacolata, ha un significato storico, tradizionale e simbolico: infatti, la Chiesa è dedicata al Patriarca S. Francesco d’Assisi, fondatore dell’Ordine Minoritico, come quella già esistente nell’Antica Noto, mentre a S. Antonio di Padova la tradizione attribuisce il primo insediamento francescano nell’antica città di Noto. >>
A questi due Santi, infatti, in questa Chiesa sono dedicati due straordinari altari laterali che esprimono la costante devozione dei Netini, con le due grandi tele ad olio – “ L’estasi di S. Francesco” e “S. Antonio che predica ai pesci”, che per tradizione sono attribuite al pittore Olivio Sozzi(1690-1765) l’artista che operò e morì nella Basilica di S. Maria Maggiore ad Ispica (RG).
L’opera di Roberto Alabiso, che si andrà ad inaugurare Venerdì prossimo, è stata realizzata nei laboratori dell’Opificio delle Arti di Palermo con la tecnica tradizionale della vetrata piombata, con pitture a base di ossidi, cotte a gran fuoco, che consentono una durata dei colori e delle pitture illimitate nel tempo. Essa è stata inserita in un telaio di ferro appositamente costruito con profilati in ferro zincato e verniciato con smalto di colore grigio antracite, ed alloggia sul lato esterno un vetro di sicurezza antinfortunio da 6/7 mm. Un unico “filo” cristiano-cattolico quindi, un’intatta tradizione storica di culto all’Immacolata ed un’attiva presenza dei Francescani che, nella Fede e nella Carità, ha sempre onorato Noto ed i suoi Cittadini.
Noto, 18 Agosto 2014 – Biagio Iacono
LEGGI INVITO: VETRATA IMMACOLATA NOTO
Le foto di questo servizio
– tratte dal suo libro in redazione “NOTO, le Chiese del Cassero” –
sono tutte di Biagio Iacono, mentre quella del disegno Vetrata è dell’Artista.
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Nota biografica e curriculum di Roberto Alabiso
L’Architetto Roberto Alabiso, autore della vetrata, pittore-vetratista e docente di Storia dell’arte nelle scuole statali, fin dal 1988 si è dedicato interamente all’arte della vetrata. Dal 1985 è titolare, con l’Architetto Calogero Zuppardo, dello Studio Iride nelle sue innumerevoli attività artistiche e culturali. Lo Studio è riconosciuto come un centro artistico e culturale cui partecipano artisti e architetti di varie regioni d’Italia. Tra questi Americo Mazzotta con il quale lo Studio collaborerà per molti anni.
Nel 1994 la compagnia di artisti, architetti ed artigiani che fanno riferimento allo Studio Iride diventa troppo grande per essere contenuta in un unico studio-laboratorio. Nasce così l’Associazione Il Baglio, ideale spazio comune dove lavorare in compagnia, al quale aderisce un numero sempre crescente di operatori delle arti di quasi tutte le regioni d’Italia e di altre nazioni.
Nel 1999 l’associazione Il Baglio promuove una nuova forma di aggregazione fra gruppi di artisti europei che prende il nome di “Imago Unitatis” alla quale aderiscono associazioni dall’ Austria, Spagna, Croazia e Francia. Tale aggregazione, pur non avendo alcuna forma giuridica, ha ricevuto un significativo riconoscimento dalla Pontificia Commissione dei Beni culturali della Chiesa; in un attestato a firma del Presidente Sua Ecc. Mons. Mauro Piacenza si legge fra l’altro: Questa Pontificia Commissione ha potuto constatare che “Imago Unitatis” è un raggruppamento di persone fisiche, di artisti, aggregazioni ed istituzioni locali che pongono la propria attività al servizio della Chiesa Cattolica.
Dal 1994 Alabiso è componente del Comitato promotore del Corso di Arte e di Iconografia Cristiana che si svolge nell’ambito del gruppo internazionale Imago Unitatis, e da allora è stato coordinatore del LabORAtorio di pittura del Baglio tenutosi a Cefalù, Roma, Vienna, Venezia e Loreto.
Nel 2005 con Calogero Zuppardo, oggi titolare dell’Opificio delle Arti, riceve l’incarico per un ciclo di bozzetti e di vetrate che raccontano la storia del servo di Dio Fra’ Luigi Lo Verde.
E’ l’occasione per lo sperato nuovo inizio. Occorreva un artista, possibilmente palermitano, che concepisse un’opera atta a sostenere il processo di beatificazione del servo di Dio e dopo una intensa riflessione Padre Giorgio Leone, vice-postulatore delle cause dei Santi della Provincia religiosa dei Frati Minori Conventuali di Sicilia, e Calogero Zuppardo hanno individuato in Alabiso l’artista più adeguato a questo scopo per la limpidezza del suo stile e l’immanenza nell’ethos del popolo cristiano al quale l’opera è rivolta. Nasce così una nuova -amicizia operativa- fra Roberto Alabiso e Calogero Zuppardo.
Nei suoi lunghi anni di attività, Roberto Alabiso ha realizzato centinaia di opere ormai sparse a Palermo e in varie località della Sicilia, in numerose chiese d’Italia, nella Cattedrale di Tunisi e nella chiesa di S. Giuseppe a Oswiecim in Polonia e, ultimamente, anche in Palestina.