Palazzolo Acreide: “Esplorando i Registri della Corte Vicariale (1596-1877)” di Corrado Allegra.
“Esplorando i Registri della Corte Vicariale di Palazzolo (1596-1877)”
di Corrado Allegra
A Palazzolo Acreide, il 10 Gennaio 2015, il mio amico prof. Corrado Allegra mi ha comunicato di aver messo la “provvisoria” parola fine ad uno straordinario lavoro d’archivio di cui al titolo che, nel solo PDF in mio possesso, comprende ben oltre 500(dicesi: Cinquecento) pagine. Nell’attesa d’una edizione cartacea a cui l’Amministrazione Acrense potrebbe interessarsi, pubblico una parte di questo studio solo per dare un’idea molto sommaria di cosa possa significare salvare il patrimonio archivistico d’una Città come Palazzolo Acreide: missione a cui Corrado Allegra da molti decenni attende con amore e competenza tali che la sola sua forte personalità avrebbe mai potuto e saputo portare a termine! GRAZIE, Corrado! Biagio
Premessa – Questo mio lavoro trae il suo contenuto esclusivamente dalla lettura dei Registri della Corte Vicariale di Palazzolo e non vuole aggiungersi ad altri testi che affrontano argomenti similari, testi che si basano su altri documenti che io non prendo in considerazione. L’opera comprende una prima parte che presenta questi Registri e descrive il loro stato di conservazione, una seconda parte che riguarda i componenti della Corte Vicariale, una terza parte che dà informazioni su alcune tematiche tratte dagli atti della Corte Vicariale, e infine una quarta parte che cerca di ricostruire alcune Corti Vicariali di Palazzolo che si sono succedute a iniziare dal 1596.
Ho letto i Registri della Corte Vicariale di Palazzolo e ne ho trascritto una buona parte, soprattutto quei documenti che io considero più significativi; sono tentato a stamparli, in un prossimo futuro, magari in unica copia cartacea per renderli accessibili, perché la difficoltà maggiore sta proprio nella lettura del testo manoscritto di questi Registri; testo trascritto, e quindi non originale, che presenta tante incertezze di vario genere, che vanno dalla scrittura di per sé astratta e distratta, fino alla pessima grafia di qualche Maestro Notaro o di chi copia e trascrive l’atto da registrare, all’interpretazione talvolta personale della parola da copiare, o ancora al pessimo stato di conservazione, che rende la scrittura sbiadita o anche cancellata, per citarne alcune; e spesso il testo trascritto, che io propongo, è costellato da segni che rispecchiano queste incertezze.
Molte delle notizie riportate dal Rev. Padre Giacinto Maria Farina nella sua Selva (Palazzolo – 1869) provengono dall’Archivio della Corte Vicariale; e di questo Archivio il nostro Padre Giacinto ne mise allora in evidenza il pessimo stato di conservazione e la pessima scrittura che ne rendeva già difficile la lettura. “Le notizie, che io vi presento mi sono costate qualche fatica per rinvenirle ripescandole in diversi scrittacci logori e spesso illeggibili, e quando ne ho trovata qualcuna con istento ho dovuto profferire il reperi, reperi di Archimede. Fra non guari molti di quei manoscritti saranno inutili perché pasto del tempo, e dell’incuria: fo noto intanto che a qualcuno certe notizie sembreranno di poco momento, e le saranno in vero, ma a me quando le rinvenia con travaglio mi parevano gemme: fate l’esperienza e mi capirete.” (G. Farina: Selva – Palazzolo 1869 pag. 639.) “[* 1868 10] 27. Archivio Vicariale. Oggi leggo i Libri della Curia Vicariale di Palazzolo dal sec. 16° sin ai nostri tempi: e ò dovuto ripescare qualche notizia con qualche fatica, e stento nel dover dare uno sguardo a tutti i capitoli, onde trovarne alcuno che contenesse qualche notizia all’uopo, e più nella difficoltà di leggere alcune scritture, che logore, o malamente sono scritte, e fra poco quelle scritture saranno inutilizzate del tutto.” (G. Farina: Selva – Palazzolo. 1869 pag. 828.)
Ho acquisito ormai una certa conoscenza di questa scrittura che mi porta a leggere il testo dei Registri con una certa facilità e a decodificarlo nel suo complesso. Ciò mi ha permesso e mi permette di leggerli con una certa celerità, e posso affermare che è stato affascinante ed emozionante leggere queste preziosità; per citarne qualcuna: ho individuato la Chiesa di S. Antonio di Padova, quando fu riedificata e quando avvenne il trasferimento degli Osservanti dalla loro Chiesa di c.da Palazzo alla nuova Chiesa di S. Antonio di Padova; ho scoperto nomi di artisti e di personaggi, noti o meno noti, che hanno lasciato un segno della loro presenza in questa umile storia di Palazzolo Acreide.
I Registri della Corte Vicariale di Palazzolo
I Registri della Corte Vicariale di Palazzolo, datati dal 1596 al 1877, sono conservati quasi tutti presso l’Archivio Storico della Chiesa Madre, undici si trovano presso l’Archivio Storico della Chiesa di S. Sebastiano Martire e uno presso l’Archivio Storico della Chiesa di S. Paolo Apostolo; alcuni mancano. Il loro stato di conservazione è generalmente discreto tranne quello di alcuni, soprattutto di quelli conservati nell’Archivio Storico della Chiesa di S. Sebastiano, il cui stato di conservazione è talvolta pessimo a tal punto che la scrittura è sbiadita o scomparsa e le pagine sono state corrotte dall’umidità. Nell’Archivio Storico della Chiesa Madre sono conservati i Registri datati dal 1596/1597 al 1640/1641, tranne quelli datati 1597/1598, 1598/1599, 1600/1601, 1602/1603, 1603/1604, 1604/1605, 1605/1606, 1612/1613, 1613/1614, 1630/1631, che mancano; ci sono anche i Registri datati 1650/1651, 1652/1653, 1653/1654 e tutti quelli datati dal 1659/1660 al 1877, tranne quello datato 1663/1664 depositato nell’Archivio Storico della Chiesa di S. Paolo Apostolo, e quelli datati 1667/1668, 1668/1669, 1687/1688, 1705/1706, 1768/1769, 1813/1814, 1814/1815, 1835, 1838, 1841-1844, 1848-1850, 1873, 1874, che mancano. I Registri datati 1641/1642, 1642/1643, 1643/1644, 1647/1648, 1648/1649, 1649/1650, 1650/1652, 1654/1655, 1655/1656, 1656/1657, 1657/1659 si trovano depositati presso l’Archivio Storico della Chiesa di S. Sebastiano Martire. Fino al 1819 i Registri vengono datati per indizione: dal 1 Settembre al 31 Agosto dell’anno successivo, raggruppati in cicli di 15 indizioni. Esempio: 1596/1597 = 10ª Indizione dal 1 Settembre 1596 al 31 Agosto 1597. Dal 1820 i Registri vengono datati per anno solare: dal 1° Gennaio al 31 Dicembre. Talvolta un Registro raggruppa diverse indizioni o diversi anni. Fino alla 3ª indizione 1664/1665 possiamo avere generalmente singoli Registri degli atti civili e singoli Registri degli atti criminali; dalla 4ª indizione 1665/1666 gli atti civili e gli atti criminali sono trascritti nello stesso Registro.
In questi Registri vengono copiati e quindi registrati dal Maestro Notaro le Lettere e i Decreti Diocesani, che sono emanati dal Vescovo di Siracusa e dalla sua Gran Corte Vescovile, ma anche Decreti Regi e Viceregi; vengono trascritti gli atti che riguardano direttamente la complessa attività della Corte Vicariale, quelli che vengono presentati al Vicario dagli Ecclesiastici, dai Rettori e Procuratori delle varie Chiese e dagli Amministratori delle varie Congregazioni, quelli presentati dai Laici per essere eseguiti e avere la piena validità; vi troviamo numerosi privilegi di Ecclesiastici, di Chiese, del Monastero o patenti di nomina di Beneficiati, di Procuratori e Rettori, delle Abbadesse del Monastero e dei componenti della Corte Vicariale, ma anche ingiunzioni, monizioni, sequestri, accuse, scomuniche, fideiussioni etc. Questi Registri attestano e rappresentano uno spaccato della storia e della vita di Palazzolo; ma anche potrebbero rispecchiare la storia e la vita di tutti quei microcosmi territoriali della Sicilia che sono presenti tra il 1600 e il 1800. Dopo il 1850 e fino al 1877 trovo Registri appartenenti alla Corte Vicariale di Palazzolo Acreide, i cui documenti sono rilasciati con l’intestazione Vicariato Foraneo di Palazzolo Acreide.
Dopo il 1877 non trovo più Registri; ma ho potuto individuare ancora la presenza della Curia Vicariale nell’ambito del Vicariato Foraneo di Palazzolo Acreide, che non ha più una sede, e probabilmente i suoi Registri sono conservati personalmente dal Vicario o dal Maestro Notaro; il 5 Ottobre 1888, un documento dell’Archivio Storico della Chiesa di S. Antonio Abate porta l’intestazione Vicariato Foraneo di Palazzolo Acreide e vi si legge anche che il Maestro Notaro è ancora Maestro Notaro della Curia Vicariale e fa riferimento a un Registro della stessa Curia Vicariale da cui è estratto il documento. (CSA 3ª 9° n. 27.) Negli anni 1972, 1973 e 1976 viene attestato che il Vicariato di Palazzolo Acreide possa comprendere altri Comuni: nell’Archivio Storico della Chiesa di S. Michele si conservano: 1) un verbale della riunione del Consiglio del Clero del Vicariato di Palazzolo datato 27 Ottobre 1972 avente come oggetto l’elezione del rappresentante del Consiglio Presbiteriale per il triennio 1973-1975, 2) una lettera indirizzata al Vicariato di Palazzolo Acreide, datata 21 Settembre 1973, avente come oggetto Il Dono al nuovo Arcivescovo, e 3) un verbale di una Riunione Vicariale, datato 25 Ottobre 1976, per il rinnovo del Consiglio Presbiteriale, con la partecipazione anche di Sacerdoti non appartenenti al Clero di Palazzolo; leggendo questi documenti sembra che il Vicariato di Palazzolo Acreide possa comprendere i Comuni della Provincia di Siracusa della Zona Montana, composta dai Comuni di Palazzolo Acreide, Buscemi, Buccheri, Cassaro e Ferla. (CSM 8ª 7° doc. 33: 1972 10 27.) (CSM 8ª 7° doc. 40: 1973 09 21.) e (CSM 8ª 7° doc. 45: 1976 10 25.)
Dalla Breve Relazione del Vicariato di Palazzolo Acreide, presentata il 16 Febbraio 1990 all’Arcivescovo di Siracusa, si deduce che tutta questa Zona Pastorale Montana fa parte del Vicariato di Palazzolo Acreide. (CSM 8ª 7° doc. 58: 1990 02 16). Dopo questa data, da circa un decennio, il Vicariato di Palazzolo è unito al Vicariato di Floridia; oggi (2015), infatti, il Vicario regge il Vicariato di Palazzolo – Floridia, che comprende i Comuni della Zona Montana, e cioé Palazzolo Acreide, Buccheri, Buscemi, Cassaro e Ferla, nonché i Comuni di Canicattini Bagni, Floridia e Solarino.
I Componenti della Corte Vicariale
La Corte Vicariale è composta dal Vicario Foraneo, dal Maestro Notaro, dal Giudice o Assessore o Consultore, dal Procuratore Fiscale o Avvocato Fiscale o Fiscale o Fiscale Foraneo, dall’Algozirio, dall’Erario o Serviente. In esecuzione delle Lettere Diocesane del 1° Febbraio 1733, registrate agli atti della Corte Vicariale di Palazzolo il 10 dello stesso mese, nelle Corti Vicariali operano i Delegati in causa, tanto nelle cause civili quanto in quelle criminali. Terminate le loro commissioni, subito dopo, i Delegati, i Maestri Notari e gli altri Ufficiali devono consegnare gli atti alla Corte Vicariale con la fede negativa di non aver trattenuto alcun atto. La figura del Delegato in causa è già notata nei Registri sin dal 1606, presenza che è successivamente e costantemente documentata.
Il Vicario Foraneo – Rappresenta il Vescovo e ne fa le veci nel proprio territorio. Di regola è un Sacerdote, non sempre Dottore. Presiede la Corte Vicariale e ne è la figura più prestigiosa. È il custode dell’Archivio Vicariale. Dà mandato al Maestro Notaro di trascrivere nei Registri gli atti che sono presentati alla Corte Vicariale e ne autorizza l’esecuzione. A Lui spetta motuproprio o su mandato del Vescovo e della sua Gran Corte Vescovile intimare, citare ed emettere sentenze di scomunica, di carcerazione, di sequestro. Ratifica l’elezione dei Rettori e dei Procuratori delle varie Chiese e Confraternite eletti dai devoti confratelli, presiede l’elezione dell’Abbadessa del Monastero coadiuvato dal Maestro Notaro, talvolta nomina il Vicario del Monastero, che può essere lo stesso Vicario Foraneo, il Procuratore Economo del Monastero, il Tesoriere del Monastero, i Procuratori Economi delle Chiese minori, tra le quali troviamo la Chiesa dello Spirito Santo, la Chiesa di S. Biagio, la Chiesa di S. Blandano, la Chiesa della Madre SS.ma di Dio sotto titolo del Soccorso, la Chiesa del Monte Calvario, la Chiesa di S. Corrado, la Chiesa della SS.ma Trinità e la Chiesa del SS.mo Crocifisso, e questo avviene quando non sono presenti i devoti elettori. Nel corso del 1800 il Vescovo nomina, spesso su suggerimento del Vicario, i Procuratori Amministratori delle Chiese e del Monastero.
Il primo Vicario, che trovo segnato nel più antico registro della Corte Vicariale datato 10ª Indizione 1596/1597, è D. Giuseppe Cutellis, che compare prima come Pro Vicario e poi come Vicario. Nel secondo registro, datato 13ª Indizione 1599/1600, e anche nel terzo registro, datato 15ª Indizione 1601/1602, è segnato come Vicario il Dr D. Giovanni Catalano. Nel quarto, nel quinto, nel sesto, nel settimo e nell’ottavo registro, datati rispettivamente 5ª Indizione 1606/1607, 6ª Indizione 1607/1608, 7ª Indizione 1608/1609, 8ª Indizione 1609/1610 e 9ª Indizione 1610/1611 è segnato come Vicario D. Geronimo de Bonomia (Bologna). Con un’ingiunzione del 18 Ottobre 1610 viene intimato a D. Mariano Cavaleri, a D. Francesco Claramontis e al Dr D. Giovanni Catalano, in qualità di ex Vicari, di consegnare entro otto giorni al Maestro Notaro della Corte Vicariale tutti i documenti, atti, scritture e incartamenti in genere che si trovano in loro potere; di questi tre Vicari solo il Dr D. Giovanni Catalano è segnato nei registri come Vicario nel periodo compreso tra il 1599 e il 1602. Il primo Dicembre 1611 trovo registrato il primo Privilegio di un Vicario e precisamente quello del Rev. Don Pietro Callari; in questo privilegio sono indicati i doveri e i diritti che competono al Vicario della Corte Vicariale; ma, se leggiamo gli altri privilegi di nomina degli altri componenti della Corte Vicariale, tutti sembrano fotocopie di questo privilegio con qualche lieve modifica.
Il nominato deve godere in pieno delle seguenti qualità: la sufficienza, l’integrità, e la virtù; in altri privilegi si legge anche: l’idoneità, la bontà e la legalità. Il nominato dura in carica sempre a beneplacito del Vescovo, ma anche “usque ad nram visitationem” o “usque ad aliam visitationem”. All’atto della nomina riceve tutte le preminenze, le prerogative, gli emolumenti, i giusti guadagni, gli onori e anche gli oneri, le immunità, le esenzioni, le franchigie, cioè tutto quello che spetta ed è pertinente all’Ufficio designato; gli Ufficiali, i Presbiteri, i Chierici, le persone suddite del Vescovo, e anche le persone non suddite, tutti sono obbligati a trattare, reputare e onorare il nominato secondo il suo Ufficio designato; e quelli a cui compete questo ruolo devono anche farlo trattare, reputare e onorare; e non deve essere molestato per nessuna causa civile o criminale, né per aver portato armi lecite, sotto la pena di pagare onze cinquanta da applicare ad arbitrio del Vescovo in usi pii e la scomunica latæ sententiæ ipso facto. In questo primo privilegio si legge semplicemente Vicario senza l’attributo Foraneo; in un documento del 21 Febbraio 1615 viene indicato il Rev. Don Giovanni Catalano Vicario Foraneo, e nel 1634 compare in un successivo privilegio del Rev. Don Pietro Callari espressamente il titolo di Vicario Foraneo, attributo Foraneo che non sempre sarà presente nei privilegi di nomina del Vicario.
Il privilegio del Vicario Foraneo D. Francesco Caliciore, registrato nella Corte Vicariale il 3 Maggio 1649 ma emanato il 30 Marzo 1649, indica quali sono i compiti affidatigli dal Vescovo: Correggere i costumi depravati nelle persone a lui suddite; correggere ed emanare informazioni ad istanza delle parti o del Fisco, formare i processi nei crimini del concubinato, della blasfemia, o altri delitti spirituali o di misto foro anche contro i Laici e fino alla sentenza definitiva, nelle cause di sua pertinenza; mentre deve trasmettere gli atti degli altri processi al Vescovo e alla sua Corte. Il privilegio del Vicario Foraneo D. Mauro Lisei, datato Siracusa 8 Giugno 1754 e registrato nella Corte Vicariale il 12 Giugno 1754, chiarisce che il Vicario può emettere sentenze nelle cause civili fino alla somma di onze dieci, mentre per le cause criminali deve iniziare il processo ricercando e raccogliendo le prove e gli elementi necessari e quindi inviare tutti gli atti alla Gran Corte Vescovile Siracusana (G. C. V. S.).
La patente di Vicario Foraneo del Dr D. Faustino Infantino, datata Siracusa 9 Febbraio 1808 e registrata nella Corte Vicariale il 4 Marzo 1808, mette in evidenza che nell’istruire il processo nelle cause criminali il Vicario deve essere coadiuvato dall’Assessore. Il Vicario Foraneo spesso viene nominato dal Vescovo anche Vicario del Monastero. Trovo registrati atti che mettono in evidenza la conflittualità tra l’Ufficio di Vicario e l’Ufficio di Beneficiato Curato (Parroco), due cariche distinte e separate, anche se talvolta il Beneficiato Curato riceve la nomina di Vicario, e quindi accresce il suo potere aggiungendo alle prerogative connesse al suo Ufficio di Beneficiato Curato quelle connesse all’Ufficio di Vicario. Già nel 1597 il Vescovo di Siracusa deve intervenire per distinguere i ruoli dei due Uffici a petizione e istanza di Don Giuseppe de Cassone, Beneficiato Curato della Chiesa Madre della Terra di Palazzolo, ordinando che il Vicario non può intromettersi nelle cose spettanti al servizio delle Chiese Parrocchiali e nello stesso tempo assegna al Beneficiato Curato di carcerare nella Sagrestia della Chiesa Madre a suo arbitrio il Sacerdote o il Chierico che li facesse resistentia; questa prerogativa però è di pertinenza del Vicario, e il Maestro Notaro deve aggiungere a lato delle Lettere del Vescovo una nota, data dallo stesso Vescovo oretenus al Vicario Don Giuseppe Cutellis, in cui si chiarisce che la giurisdizione di carcerare sit et esse debet d. Ven. Vicarij in casu resistentie pcte e quindi corregge le Lettere che in nessun modo il Beneficiato Curato possa e debba osare carcerare Sacerdoti o Chierici, ma semplicemente deve fare istanza di queste resistenze al Vicario. Nel 1660 il Beneficiato Curato Dr Don Francesco Nigido ricorre al Vescovo di Siracusa contro il Vicario per quanto riguarda la precedenza nelle processioni pubbliche o private, ordinarie o straordinarie, nel Coro e in ogni altra funzione sacerdotale, pubblica o privata. La risposta è chiara: il Vicario non può pretendere alcuna funzione, né precederla nonostante qualsiasi consuetudine che fosse stata o fosse contraria. Il 24 Agosto 1660 viene registrato agli atti della Corte Vicariale il privilegio di Vicario dato in Siracusa il 21 Agosto dello stesso anno dal Vescovo proprio al Beneficiato Curato Dr Don Francesco Nigido. Già il 17 Giugno 1632 è registrato agli atti della Corte Vicariale il privilegio di Vicario del Rev. U. J. D. Don Giovanni Pietro de Cataldo, Beneficiato Curato, dato in Siracusa il 16 Giugno 1632; nel 1635 riceve anche il privilegio di Giudice della Corte Vicariale; nel 1636 rinuncia a essere Vicario; ma lo ritroviamo tale nel 1643/1644, 1647/1648, 1649/1650, 1650/1651, 1651/1652 e 1652/1653.
I Registri datati 1693/1694 fino al 1697/1698 e dal 1700/1701 al 1702/1703 riportano gli atti presentati, eseguiti e registrati su mandato del Vicario U. J. D. D. Placido de Leo, che è anche Beneficiato Curato, però manca il privilegio di nomina. È il Vescovo che periodicamente emana Lettere Diocesane per indicare e puntualizzare quello che deve eseguire il Vicario. Alla fine del secolo XVII e precisamente nel 1698 il Vescovo di Siracusa emana le Lettere Diocesane, registrate in Palazzolo il 20 Marzo 1698, per ricevere notizie su tutto ciò che avviene nella Diocesi e ordina ai Vicari Foranei di informarlo periodicamente sui costumi degli Ecclesiastici, sul decoro estrinseco degli Ecclesiastici, sulla devozione degli Ecclesiastici e sui loro obblighi, sui Parroci e sui Cappellani, sui Confessori e sui Maestri di Scuola, sulle Chiese e sulle Sagrestie, sui Secolari, sull’Osservanza delle Feste, sulle Monache di Casa e sui Monasteri.
Queste notizie richieste ci danno indirettamente informazioni preziose sulla vita dei Sacerdoti, delle Suore di Clausura dei Monasteri, di tutte quelle persone che hanno un particolare rapporto con la Chiesa. Ecco le informazioni che il Vicario Foraneo deve periodicamente inviare al Vescovo: – Se vi sono Ecclesiastici negozianti (anche a nome dei parenti), usurai, bestemmiatori, mormuratori, liberi nel parlare in modo indecente, ridicoli, e buffoni, giocatori di carte e dadi (giochi ritenuti indecenti), se praticano giochi simili in pubblico o in privato, o frequentano i luoghi del gioco per veder giocare. Se vi sono Ecclesiastici che procurano scandalo tenendo in casa create che non sono d’età provetta o donne sospette sotto nome di parenti, o che vanno girando di notte e molto più se cantando o sonando. Se vi sono Ecclesiastici che entrano nelle taverne per mangiare o bere, insegnano medicamenti superstiziosi, esorcizzano senza le dovute licenze, portano armi di giorno e di notte, vanno con osso e bugiacca, e mantengono odi radicati e inimicizie pubbliche. Se gli Ecclesiastici portano capelli lunghi, parrucche, rubbone (zimarra) di velluto, di raso, e simili, cappello vanamente adornato, vesti e calzette di sotto di colore poco onesto e decente, rubbone corto per la Città, specialmente dai Sacerdoti e Cappellani nel celebrare la Santa Messa e amministrare i Santi Sacramenti. Se portano l’abito clericale senza licenza, escono dalla loro casa senza rubbone e senza mantello e cappello, specialmente i Sacerdoti e gli ordinati in Sacris. Se vanno in campagna senza il rubbone almeno corto, assistono in Chiesa con scarpe bianche, particolarmente i Sacerdoti e i Cappellani nel celebrare e amministrare i Santi Sacramenti; se portano anello e con l’anello dicono Messa i Sacerdoti e vestono vilmente e sordidamente con mantarro, palandrano, montara e simili, particolarmente dovendo entrare in Chiesa; se hanno tutti la propria cotta in Chiesa o nelle Processioni, senza andar con essa in modo indecente per le strade, e se nel Coro o in Chiesa tengono sopra la cotta il mantello. Se vi sono Sacerdoti che passano la settimana senza celebrare la S. Messa o la dicono con poca devozione e troppo breve, meno d’un quarto e mezzo, o si vestono delle vesti sacerdotali molto prima d’uscire a celebrare, dimorando vestiti nella Sagrestia parlando e passeggiando e se con le medesime vesti sacerdotali si confessano. Se prima di celebrare fanno la dovuta preparazione e, dopo, fanno il rendimento delle grazie per lo spazio d’un quarto.
Se i Chierici vanno a scuola di canto fermo e tutti gli Ecclesiastici alla lezione dei casi di coscienza, e chi è mancato. Se dal Parroco, quando non è infermo e impedito in cosa di maggior servizio di Dio, si amministrano i Sacramenti secondo il Concilio di Trento e da lui, o alla sua presenza, s’insegna in ogni domenica dopo pranzo la dottrina cristiana almeno per lo spazio di un’ora, mandando prima i Chierici con lo stendardo o la Croce a raccogliere i figlioli per tutto il distretto della Parrocchia. Se si esige rigorosamente dai novelli sposi, prima di congiungerli, il saper perfettamente i Misteri della Santa Fede e si dichiarano i loro obblighi e le disposizioni richieste per ricevere il Sacramento del Matrimonio. Se i Confessori confessano con cotta e stola fuori della gradetta del confessionale le donne o prima del sorgere o dopo il tramonto del sole, se parlano con donne avanti la porta del medesimo confessionale, o confessano fuori della Chiesa in casa propria o d’altri senza giusta causa d’infermità, come si prescrive nei decreti della Sacra Visita. Se i Maestri di Scuola hanno la dovuta licenza, sono di buoni ed esemplari costumi e di sufficiente sapere. Se il Sabato fanno dire dopo la scuola le litanie della beata Vergine, ogni terza domenica portano in processione i figlioli a comunicarsi e ogni domenica e feste di precetto a udir la S. Messa, facendo prima la Congregazione con recitare l’ufficio della beata Vergine o il S. Rosario, e la mezz’ora di ragionamento di cose spirituali, particolarmente dei Misteri della S. Fede, e del modo di ben confessarsi e comunicarsi intendendosi ciò ove non vi è il Collegio della Compagnia di Gesù, perché ove vi è detto Collegio devono portarli per ogni festa alla Congregazione del Collegio. Di più se questi Maestri o altri Ecclesiastici insegnano a scrivere e a leggere alle donne senza la licenza del Vescovo.
Se nelle Chiese, dove sta esposto il SS.mo Sacramento, si tengono banchi e sedie, e le porte di tutte le Chiese si chiudono all’Ave Maria, non aprendosi prima del sorgere del sole; se nelle Sagrestie vi si fanno veglie, vi si dorme o si mangia, vi s’osserva il dovuto silenzio, decoro e modestia, vi girano poveri con disturbo, vi si fanno conciliaboli e vi si trattano negozi così dentro come avanti le porte, particolarmente parlando gli uomini con le donne. Se le Chiese, che non sono Sacramentali, si tengono sempre chiuse dopo le Messe; se i calici e le vesti sacerdotali si conservano in potere di secolari, e molto più di donne contro l’ordine dato nella Sacra Visita; se gli altari sono mantenuti col dovuto decoro con candele di cera bianca, e con esser provveduto ciascun altare, dove si celebra, delle sue ampolline e campanella per non trasferirsi d’altare in altare in tempo di più Messe con molto disordine. Se le Sante Messe si servono dai Sagrestani con la cotta e pure da persone ben vestite e di cappa nera, e se dal medesimo Sagrestano si servono più Messe insieme contro ogni decoro.
Se vi sono persone secolari di mala fama e di scandalo, usurai, concubinari; se, fatto il contratto matrimoniale, l’uomo coabita con la donna e se i Notai, chiamati a fare questi contratti, avvisano subito il Vicario e il Parroco per vigilarsi. Se vi sono pubblici bestemmiatori, se alla porta della casa del Vicario si tiene per castigo di questi il collare di ferro, se dall’Ave in su vanno girando per la Città femminelle o per domandare l’elemosina o in servizio dei loro padroni e dei parenti. Se vi sono donne che vanno dicendo orazioni agli infermi, fattucchiere e ruffiane così nella casa dei defunti come nell’accompagnare il cadavere nella Chiesa, se nei fondachi e nelle osterie pubbliche vi dimorano donne sospette e di mala fama. Se i medici praticano, dopo i tre giorni dell’infermità, far confessare gli infermi. Se dai padri e dalle madri si tarda molto a portare a battezzare nella Chiesa i bambini. Se le Mammane (le levatrici) hanno la licenza del Vescovo per esercitare l’ufficio e sono state esaminate nella materia, forma e intenzione, e in tutte le altre cose che si ricercano per l’amministrazione del Battesimo, secondo quanto si prescrive dal Sinodo, sapendo e pronunciando bene in lingua siciliana la formula del Battesimo; di più se hanno prestato il giuramento di aiutare per carità senza paga nel parto tutte le povere e lo mettono in pratica. Se gli Ospedali sono bene amministrati e se gli uomini stanno in stanze o luoghi diversi separatamente dalle donne. Se le Monache di Casa portano l’abito con la licenza del Superiore del loro Ordine, sono di buona vita e fama non dando scandalo abitando o andando spesso in casa di uomini non stretti parenti o facendoli entrare nelle loro case.
Se si osservano le feste secondo gli ordini tante volte replicati e nella forma prescritta dal Sinodo così nelle campagne come nelle Città e nelle Terre. Se stanno serrate le botteghe con il solo portellino o mezza porta aperta, non esponendosi fuori delle porte le cose vendibili e non uscendosi fuori dai Macellatori la Chianca (carne macellata), come anche non esercitandosi dagli Artigiani il loro ufficio, neppure con la bottega serrata, o per le case d’altri. Se i Festuari amministrano il loro ufficio con diligenza e rettitudine, non pigliando altro se non la pena dei trasgressori. Se gli Eremiti, ove vi sono, conducono una vita esemplare e sono di buoni costumi. Se vi sono Regolari di qualche scandalo o che stanno fuori del Convento o che frequentano case di donne non strette parenti. Se il Vicario e la Superiora del Monastero eseguono gli ordini dati nella Sacra Visita intorno alla Chiesa, al parlatorio, alla clausura e ad ogni altro luogo. Se si osservano i decreti pontifici di non entrare persona di qualunque sesso, grado, stato e condizione nella clausura e se chi ha licenza in scriptis d’entrarvi, come il Medico Chirurgico, il fabbro o altro, va vagando per il Monastero o parla con qualche Religiosa o Novizia, Educanda, Conversa o altra, ovvero entra nel Monastero prima del sorgere del sole o vi si muove dopo l’Ave Maria. Se vi entrano fanciulli o fanciulle di qualunque minima età e se vicino al Monastero abitano donne di malaffare. Se le chiavi della clausura e della Chiesa vanno in potere del Vicario la sera o d’altra persona a lui benvista, e se le porte della Chiesa e del Monastero si aprono prima del sorgere del sole e la sera si chiudono all’Ave Maria, e se dal primo di Giugno sino al primo d’Ottobre si serrano la mattina finita la Messa e non si aprono se non sono suonate le ore venti. Se sta sempre chiusa la porta della clausura, non facendosi entrare e uscire cosa che possa entrare o uscire dalla ruota, e se dovendosi aprire la porta si fa di modo che nessuna delle persone di dentro possa vedersi di fuori.
Se vanno a parlare con qualche persona del Monastero uomini di qualunque grado, stato e condizione, così Ecclesiastici come Secolari, eccetto i parenti in primo grado. Se vanno Sacerdoti Regolari o Secolari a Messa nel Monastero senza la licenza, anche nei giorni di solennità e se nelle Sagrestie sta affissa questa proibizione. Di più se i suddetti Regolari vanno a parlare nel Monastero senza la dovuta licenza. Se vanno nel Monastero Maestri o altri a insegnare a leggere, a scrivere o a cantare e a suonare. Se gli uomini che hanno la dovuta licenza vi parlano nei giorni assegnati per le donne. Se si parla in tempo degli Uffici divini, di comunione o di Mensa, o in tempo di Quaresima, Avvento e Venerdì, alle case, alle grate della Chiesa, alle ruote, al Confessionario, al comunicatorio, alla porta o alla finestra del Monastero. Se attorno al Monastero o sotto le finestre vi vanno persone a cantare o a suonare. Se il Vicario concede subito la licenza in iscritto che dà il permesso di parlare e di entrare nel Monastero agli operai o altri in caso di urgentissima necessità, quando non si può ricorrere al Vescovo; queste licenze in iscritto si portano alla Superiora e da Lei si conservano per mandarle al Vescovo, quando le richiederà.
Se le persone del Monastero preparano il mangiare per mandarlo fuori, lavano roba di tela a persone di fuori, anche se parenti di primo grado, o anotano lenza, o altro senza licenza, se si dà per qualche occasione a mangiare a persone di fuori nel parlatorio, Chiesa, Sagrestia, o altro luogo del Monastero, se si tiene visita nella morte dei parenti, lasciando dopo il primo giorno d’intervenire agli esercizi del Coro e della Comunità. Se tutte quelle che si trovano nel Monastero si sono diaconate e le Diacone che hanno fatto l’anno del noviziato si sono professate; se quelle che, passato il tempo, vogliono star per Educande, hanno dato la plegeria di far venire il Breve da Roma in tempo di tre mesi. Se nel tempo stabilito vi sono andati i Confessori straordinari, e se in questo tempo i Confessori ordinari hanno smesso d’andare a confessare nel Monastero, secondo l’ordine. Se le scritture, i rolli e i libri del Monastero si conservano nell’Archivio e la sua chiave è in potere del Vicario e Deputato. Se le provvisioni, le vettovaglie e il denaro vanno sotto chiavi diverse, secondo quanto si è ordinato nella Sacra Visita. Avrà cura in modo speciale la Superiora d’avvisare se si osserva la Comunità secondo i decreti e se tutte le persone che vivono nel Monastero mangiano nel refettorio comune con la lezione di libri spirituali in tavola. Se le Religiose nelle malattie sono ben servite e provvedute di quanto loro bisogna. Se le Novizie e le Educande si deportano bene, se vestono con pompa e lusso e portano vani ornamenti; se le Educande dormono in luogo separato dalle Monache e dalle Diacone e molto più le Religiose mantengono capelli e portano vesti secolaresche o altri ornamenti che disdicono alla religiosa povertà; se si osserva l’ordine di non dormire alcuna persona che vive nel Monastero, accompagnata con parente in primo grado, e se tutte dormono nel dormitorio comune.
Se si mantengono o entrano nel Monastero cani di qualunque sorta, scale di legno portatili, libri profani di commedie, sonetti o altro così stampati come scritti. Se le persone del Monastero scrivono o ricevono lettere, biglietti o altro senza portarli prima alla Superiora. Se nel dormitorio del Monastero si tiene sempre acceso il lume. Se tutte assistono al Coro. Se qualcuna lascia passare i quindici giorni senza confessarsi e comunicarsi. Se mantengono peculio e denaro in loro potere, o ricevono denaro, regali o altro senza la dovuta licenza. Se accomodano o negoziano denaro o altro, o danno in elemosina senza licenza quelle cose che loro sono date per proprio uso, così in materia commestibile come di ogni altro. Se vanno tutte decentemente vestite per il Monastero e le professe con il velo. Se si tengono dall’Ave Maria sino al sorgere del sole serrate le finestre che danno nelle pubbliche strade come anche la porta della solana, del belvedere, del campanile, o altre porte ove non si potrà andare senza espressa licenza della Superiora, in tempi benvisti alla medesima Superiora. Se le Rotare e le Portare prima di chiamare alle grate le persone che sono volute ne informano la Superiora.
Se le donne in Chiesa, durante la predica, stanno separate dagli uomini e se vi sta frapposta fra gli uomini e le donne la tela in modo che non possano neppure vedersi. Se nella dottrina cristiana si istruiscono i figlioli d’età competente per la prima confessione e comunione, cooperandosi per ciò per gloria del Signore il medesimo Predicatore della Quaresima. Se nei parlatori del Monastero vi si tengono banchi e si parla senza la dovuta licenza nel tempo dell’Avvento. Se si è data esecuzione all’editto inviato nell’anno 1697 per la Settimana Santa intorno all’ora di tenersi aperta la Chiesa il Giovedì Santo la sera per i Santi Sepolcri, come anche dell’editto nel medesimo anno circa il precetto pasquale avvisando il Vescovo dopo un mese il Paroco chi non l’avrà fatto. Di più se i Confessori in tempo di precetto sono stati almeno due ore al giorno a udire le confessioni secondo l’editto. Se si è fatta fare la prima comunione ai figlioli e alle figliole d’età competente, e di che numero siano stati. Se i carcerati abbiano fatto il precetto, come anche gli infermi che per la lunga infermità non possono farlo nella Chiesa.
Se al venire di saltimbanchi e zanni si proibisce loro totalmente il salire sul palco con donne o con uomini vestiti da donne, non permettendosi in nessun conto collocare il palco anche senza donne in un luogo ove possono vedersi o udirsi dalle Religiose del Monastero. In tempo di Carnevale o altre occasioni: dia avviso se qualche Ecclesiastico, anche prima tonsura, si maschera o recita in commedie o tragedie. Il Vicario deve infine dare notizie dell’osservanza e della trasgressione di tutti gli ordini che il Vescovo in altri tempi ha inviati o invierà per l’avvenire. Il 10 Ottobre 1776, nella Sacra Visita in Palazzolo, il Vescovo di Siracusa Mons. Giovanni Battista Alagona emana i Decreti per il Vicario Foraneo che esplicitano in modo puntuale quali sono le sue funzioni e le sue competenze. Innanzi tutto il Vicario Foraneo rappresenta l’autorità del Vescovo e nel suo territorio ne fa le veci, quindi deve essere di probità incorrotta, di zelo non equivoco, di saviezza, prudenza e gravità tale che non possa esser ripreso. Deve vigilare se c’è il culto nelle Chiese; se il SS.mo Viatico è accompagnato con pietà e decenza nelle case degli Infermi; se il Parroco per sé e non per altri faccia il Catechismo e la spiegazione del Vangelo nelle feste; se i moribondi sono assistiti; se i Seminaristi ed Episcopisti quando ritornano temporaneamente a casa eseguono quanto è prescritto dal Vescovo; se vi sono scandali nel popolo, specialmente nel Clero. Deve assistere indefesso alle Conferenze morali e liturgiche e deve fare eseguire le disposizioni del Vescovo. Non deve permettere alcuna trasgressione delle leggi Sinodali e la minima inosservanza delle Feste di Precetto con opere servili e giochi. Deve controllare continuamente che le Messe vengono puntualmente celebrate secondo la volontà dei fondatori, espressa nei Legati pii. Deve osservare la condotta dei Puntatori di Messe e se i loro libri vanno a dovere.
Deve cercare di mantenere il buon ordine e la religione nelle funzioni sacre e nelle processioni in maniera che non si facciano mai di notte, né tumultuariamente; di contenere in buona armonia e pace le Confraternite; né deve permettere ai Fratelli di servirsi del Sacco e del Cingolo dei Sacerdoti. Deve avvisare i Procuratori delle Chiese che, qualunque sarà la spesa che faranno, non si passerà ai conti nella successiva Sacra Visita, se non sarà fatta col mandato e col benestat del Vicario Foraneo. Deve amministrare la giustizia senza passione e deve essere facile all’udienza; deve spedire i ricorsi nelle cause che gli spettano sia civili che criminali senza gravare nessuna delle parti, né deve passare i limiti della sua giurisdizione. Non deve essere indolente o trascurato ad informare il Vescovo dei disordini, che accadono; deve essere fedele nelle sue esposizioni; non deve comprendere o riunire in una lettera più negozi disparati; non deve essere soverchiamente verboso, né usare vane parole di cerimonia.
In caso di morte del Parroco, nel darne notizia al Vescovo, deve fare l’inventario dei mobili, degli arredi e dei beni della Chiesa, e deve metterli al sicuro per consegnarli al Vicerettore coi libri e le scritture parrocchiali. Non deve permettere di alienare o vendere beni e arredi sacri anche vecchi senza la licenza del Vescovo, né deve permettere che i futuri sposi coabitino o si trattino domesticamente. Intorno alla libertà e alla immunità della Chiesa, si deve regolare secondo le leggi sinodali e reali. Non deve permettere a nessuno di questuare senza la licenza del Vescovo, sia al Clero Regolare, sia agli Eremiti, di passaggio o di stato, per un qualsivoglia Ospizio o un qualunque Ordine, né di fare esorcismi fuorché al Parroco o altri assegnati dal Vescovo; né deve permettere di celebrare Messa ai Sacerdoti forestieri o a Frati sfratati senza il permesso del Vescovo.
Deve controllare che il Maestro Notaro e gli altri Ufficiali subalterni svolgano il loro dovere senza mancare alla fedeltà dell’Ufficio, e non deve esigere i dritti più della tassa sinodale. Deve custodire l’Archivio della Corte Vicariale con tutti gli atti, le scritture, gli ordini, i decreti del Vescovo con il loro indice e ridotti in volume. Quando si compilano i proclami dei Patrimoni Ecclesiastici deve controllare se sono fittizi o reali. Se il Vicario è anche Delegato della Mensa Vescovale, deve usare tutta la vigilanza possibile affinché non siano defraudati i diritti temporanei della quarta canonica e deve custodire il denaro con esserne responsabile di fronte a Dio e al Vescovo. Deve essere molto attento, se egli non è il Vicario del Monastero, se questi custodisce la Clausura e si osservano i decreti del Vescovo sulla frequenza ai parlatori; e, dove egli ha tale Ufficio, deve usare tutta la cautela dovuta a Sacri Chiostri. Deve curare che siano rispettati e accolti i Missionari del Vescovo con carità cristiana e deve controllare se questi nelle Missioni predicano coll’esempio, colla voce, con gravità e dignità la parola di Dio; deve proibire loro gli strepiti, le catene, le discipline e tutto ciò che sente di farisaico, e non soffra che si discostino dalla maniera apostolica e dalla dottrina evangelica. Si deve opporre alle superstizioni, ai sortilegi, alla promulgazione delle Indulgenze senza l’approvazione del Vescovo, ai miracoli non autentici, alle opere pastorali, alle rappresentazioni drammatiche e ascetiche in Chiesa, Mortorii di Cristo, e simili.Deve osservare se le suppellettili sacre nelle Chiese sono decenti e pulite, se le Chiese minacciano rovina o servono ad uso profano e se le loro rendite sono fedelmente amministrate. Deve avvisare subito il Vescovo se vi siano Foristi che non abbiano la patente matricolata e abusano del Foro con vivere vita dissoluta e dare cattivo esempio. Non deve permettere di predicare a nessun Sacerdote Secolare o Regolare senza l’approvazione e la licenza del Vescovo. Non deve lasciare portare agli Ecclesiastici anello senza titolo, calzette paonazze, fiocchi, o altre divise, rocchetti, mantellette, mozzette d’Abate, di Canonici supernumerari, di Protonotari Apostolici senza la licenza e l’approvazione del Vescovo. Deve vigilare che nessuno degli Ecclesiastici benedica suppellettili sacre senza una nuova licenza del Vescovo, dal momento in cui si rendono nulle tutte le altre licenze, anche se ottenute da Vescovi Antecessori.
Particolare è la lettera, datata Noto 13 Ottobre 1846, che il primo Vescovo di Noto Mons. Giuseppe Menditto invia al Rev. Sac. D. Filippo Piccione, futuro primo Parroco della Chiesa di S. Sebastiano Martire, per la sua nomina a Vicario della Corte Vicariale di Palazzolo: “Ill.mo Rev. Sig. D. Filippo. Avendo licenziata la carica di mio Vicario in cotesta il molto degno Sac. D. Rosario Messina, vengo con questa mia conferendola a lei per la non poca fiducia, che ho nella sua prudenza. Con questa carica vengo a darle in deposito tutti i casi riservati a me senza censure, e con quelle, così, che quando occorre a qualche confessore la facoltà di assolvere da qualche caso può concederla a quello notandosi la Confessione accordata per darne a me rapporto quando lo chiederò. Non occorre, che io le rammenti, che qualsisia Superiore debba essere imparziale, che debba dare ascolto benignamente a tutti, accomodare colla dolcezza mista al severo tutti i disordini, che può da se accomodare, e far rapporto colla giustizia innanzi agli occhi, per ciò che chiede superiori provvedimenti. Faccia dunque conoscere a tutto il Clero, e Moniali con questo foglio l’elezione che ho fatta nella di lei persona, e nella ferma persuasione, ch’Ella sarà per ben adempiere con tutto zelo i gravi suoi doveri preindicati la ossequio, e benedico.”
Questa nomina si inserisce in un particolare momento che sta travagliando il Clero palazzolese, diviso per l’imminente dismembrazione (Marzo 1847) dell’unica Parrocchia della Chiesa Madre: da una parte tra i sostenitori del mantenimento dell’unicità della Parrocchia della Chiesa Madre e dall’altra tra i sostenitori dell’erezione della nuova Parrocchia di S. Sebastiano, il cui principale animatore è il Sac. D. Filippo Piccione; divisione che dà vita a un vero e proprio scontro ideologico, che spesso si manifesta in una partecipazione fortemente emotiva.
Il 28 Maggio 1671 vengono registrate le Lettere ottenute ad istanza dei Procuratori della Chiesa della SS.ma Annunciata contro i Procuratori della Chiesa di S. Paolo per i Cappuzzi. … il tutto risulta di grande pregiudizio dei Confrati della SS.ma Annunciata, e, perché è vicina la festa del SS.mo Sacramento e questi Confrati dubitano essere angariati ingiustamente ed essere impediti di uscire con i propri Cappotti, umilmente hanno supplicato l’Ill.mo e Rev.mo Mons. Vescovo di ordinare e comandare con sue Lettere dirette, e penali al Sac. D. Francesco Infantino affinché in nessun modo dovesse far molestare i Confrati della SS.ma Annunciata, uscendo nella vicina festa del SS.mo Sacramento con i Cappotti di varia qualità ma del medesimo colore, e, quante volte si pretendesse cosa in contrario dal Vicario D. Francesco Pipi, dovesse dar ordine di non intricarsi p. essere suspetto, amico, e Confrate della Chiesa e delli Rettori di S. Paulo, come ancora che dovesse ingiungere ai Confrati della Chiesa di S. Paolo che, allorquando volessero uscire nella processione del SS.mo Sacramento, dovessero uscire con i loro Cappotti di Rasetto, o d’altra qualità di colore mescolato Torchino e Negro, e con la d.a Insigne, che sempre sono stati soliti portare anticamente cioè un scorsone nella parte destra.
Il Vescovo, il 26 Maggio 1671, emana le Lettere dirette al Delegato in causa D. Felice Vitale e ordina expresse che in quanto all’apportatione delle Mozzette della Confraternità sudetta della SS.ma Ann.ta nelle Processioni vogliate, e debbiate fare osservare conf.e s’have osservato p. lo passato senza innovare cosa alcuna e pretendendosi cosa in q.rio compariscano innanti noi che li sarà fatto ogni complim.to di Giustitia, e le pnti si commettono a voi stante il Vic.o retrovarsi frallo di d.a Confraternità di S. Paulo. Nel 1714 i Padri Minori Osservanti si oppongono al trasferimento della festa di Maria Odigitria dalla Domenica in Albis al 10 Agosto perché in quel tempo si svolge la loro fiera e il loro timore è che in futuro i Procuratori di S. Sebastiano, che organizzano la festa di Maria Odigitria, possano introdurre una fiera che pregiudicherebbe la loro: pertanto, pretendono una rassicurazione che giammai potrà essere pregiudicato il loro diritto di svolgere la fiera in quel periodo. Il 24 Agosto 1758 Mons. Giuseppe Antonio Requisens, Vescovo di Siracusa, emana in corso di Sacra Visita in Palazzolo l’Editto per le Processioni del Corpus Cristi attinenti alle due fratellanze di S. Paolo e S. Sebastiano e la proibizione della processione dell’anteottava delli stennardi e tamburi, editto registrato agli atti il 27 dello stesso mese. Per togliere gli inconvenienti che spesso accadono nelle processioni in cui intervengono le Confraternite di S. Paolo e di S. Sebastiano e per evitare gli scandali e le discordie suprattutto durante la processione del Corpus Cristi, il Vescovo decreta che a iniziare dall’anno 1759 nel giorno della sollennità del Corpus intervenga nella processione la Confraternita di S. Paolo con le altre Confraternite della SS.ma Nunziata, di S. Michele Arcangelo e di S. Antonio Abate escludendo quella di S. Sebastiano Martire, e nella Domenica infraottava e giorno dell’ottava intervenga la Confraternita di S. Sebastiano con le altre tre Confraternite restando esclusa la Confraternita di S. Paolo. Nell’anno poi seguente 1760 nel giorno del Corpo del Signore intervenga la sola Confraternita di S. Sebastiano colle tre enunciate escludendo quella di S. Paolo, nella Domenica infraottava e giorno dell’ottava quella di S. Paolo colle altre tre escludendo quella di S. Sebastiano, e successivamente d’anno in anno le processioni del Corpus Cristi si dovranno regolare con questa alternativa.
E poiché i Procuratori delle Chiese di S. Paolo e di S. Sebastiano in occasione della celebrazione delle rispettive feste (quella di S. Paolo il 25 Gennaio e il 29 Giugno, quella di S. Sebastiano il 20 Gennaio e quella di S. Maria d’Itria il 10 Agosto) permettono che si fanno processioni con stendardi portati dai fanciulli nell’anteottava d’ogni festa andando in giro con tamburi per le strade di Palazzolo, e siccome queste processioni con gli stendardi son solite portare discordie e maggiori emolazioni, il Vescovo proibisce che si svolgano queste processioni, o per dir meglio aggreto di fanciuli tumultuanti baccanatando più tosto.
Sulle Vendite e le Subastazioni
Le subastazioni, che sono trascritte nei Registri, avvengono su mandato del Vicario Foraneo e riguardano beni mobili ed immobili di proprietà delle Chiese o beni di cui i Procuratori e i Rettori delle Chiese sono terzi possessori. Spesso, se il ricavato della vendita non viene utilizzato per la Chiesa, viene convertito nella compra di beni tuti e sicuri, che danno una rendita annuale altrettanto sicura. Possono essere subastati anche oggetti sequestrati in conseguenza di un mancato pagamento. La subastazione viene bandizzata da un publico preco per i luoghi soliti e consueti, in modo tale che, chi vuole comprare, può comparire nella Corte Vicariale per fare la sua offerta. Se non compare nessuno, la subastazione viene ulteriormente bandizzata fin quando si presenta qualcuno. Se l’offerta non è adeguata, il Vicario fa preziare gli oggetti o i beni immobili da pubblici esperti che valutano gli oggetti o i beni immobili; questo può avvenire anche prima della subastazione. Il debitore in caso di vendita del bene sequestrato o pignorato ha a sua disposizione la possibilità di riscattare quel bene sequestrato o pignorato se entro un dato termine salda il debito. Il 23 Settembre 1614, a petizione e istanza dei Procuratori del Monastero, si ha la subastazione di un paviglione, di una tilella, di due portali di lana, di un tornialetto di lana, di una tovaglia di tavola di lana, di un calderone, di una pentola di metallo e di un fiasco di stagno; oggetti di uso quotidiano che costituiscono talvolta la sola ricchezza mobile, e quindi pignorabili in quell’istante, di una persona chiamata a saldare un debito. Nel mese di Agosto del 1618 abbiamo l’esempio di una subastazione, tramite un pubblico bando di vendita nei luoghi soliti e consueti, di una casa della Chiesa di S. Antonio che alla fine viene comprata da Filippo Malignaggi, che si presenta nella Corte Vicariale e offre sei onze.
La subastazione, iniziata nel mese di Febbraio e continuata nel Marzo 1636, riguardante il pignoramento di un paviglione di tela di cardo e di una tilella intagliata, pignoramento fatto a danno di Joseph Messina, debitore del siracusano Giacomo Fabeni, alias Granatello, ci permette di notare che i beni pignorati vengono venduti a Geronimo Bono per onze 3.18 (onze 3 e tari 18) giusta la stima fatta da due donne estimatrici ed esperte come Geronima, moglie di Andrea de Prestitto, e Anna, moglie di Diego de Buxema; ma anche ci permette di constatare che viene assegnato un termine di quindici giorni a Joseph Messina per poter riscattare i suoi beni pignorati e venduti a Geronimo Bono. Non ci sono oggetti specifici che vengono sequestrati o pignorati: viene pignorato o sequestrato tutto quello che si trova in casa o nel luogo dove si notifica l’atto di sequestro o di pignoramento: un suffiuni (o scopetta) co la toppa franzisa, una canna di scopetta, dui pindenti di oro lavorati di petri d’anelli, et perni, una spinetta musicali etc.
Sulle Botteghe e i Mestieri
Il tema dell’apertura delle botteghe e lo svolgimento di determinate attività lavorative nei giorni festivi sono stati oggetto di controversie tra alcuni Ufficiali Ecclesiastici (l’Arcidiacono e i Sostituti dell’Arcidiacono) e i piccoli commercianti e i piccoli imprenditori.
Nel 1611 Sebastiano Romano gestisce una bottega di merceria ed essendo molestato dall’Arcidiacono perché tiene aperta la sua bottega nei giorni festivi, anche perché alcuni prodotti in vendita sono indispensabili per gli ammalati e per i poveri, chiede licenza al Vescovo e alla sua Gran Corte Vescovile di poter tenere aperta la sua bottega nelle Domeniche e nei giorni di festa. Il Vicario Generale gli concede questa licenza e gli permette di tenere la bottega con un’anta della porta aperta e l’altra advoltata nella Domenica e nei giorni di festa. Nel 1614 i massari e i forestieri, che sono occupati tutta la settimana a lavorare in campagna o fuori ed essendo poveri, non possono lasciare la loro attività nei giorni feriali e, dal momento in cui è proibito ai barbieri lavorare nei giorni di festa, non possono farsi radere la barba e tagliare i capelli, pertanto chiedono al Vescovo e alla sua G. C. V. di concedere la licenza ai barbieri di poter radere la barba e tagliare i capelli nei giorni di festa. Il Vicario Generale concede questa licenza solo per le persone foritane, quelle persone cioè che non possono venire durante la settimana a Palazzolo, purché ciò avvenga dopo la Messa Grande e con la porta mezza aperta. Sono le Lettere Diocesane del 15 Novembre 1647 registrate agli atti della Corte Vicariale di Palazzolo il 23 Novembre 1647 che stabiliscono in modo puntuale la santificazione delle feste e, quindi, anche il modo come alcuni mestieri possono essere svolti durante i giorni festivi.
I Bottegai possono vendere le cose commestibili e potabili in ogni ora del giorno festivo con la dovuta decenza e senza esporli fuori della bottega, ma dalla parte di dentro e tenendo solo mezza porta aperta; questa categoria di venditori comprende anche i caffettieri, gli aromatari, gli speziali, i tavernari e i macellai: con la clausola che possono vendere solo prodotti già preparati nei giorni precedenti e non devono preparare niente nel giorno di festa, tranne nei casi eccezionali e a certe condizioni; per esempio, gli speziali possono preparare medicine solo in caso di necessità e i macellai possono macellare in estate la mattina del giorno di festa prima del sorgere del sole.
I Giardinari e gli Ortolani possono irrigare gli orti e i giardini, raccogliere i frutti e le verdure e venderli negli orti e possono anche portarli nelle Città e nelle Terre. I Pescatori possono vendere i pesci, ma non pescare nei giorni di festa. I Cacciatori, tanto d’uccelli quanto di lepri e conigli, possono vendere la cacciagione presa. È lecito ai Molinari di molini d’acqua e di vento macinare nei giorni di festa e portare ancora le loro bestie cariche di sacchi di frumento da macinare o di sacchi di farina. I Bordonari non possono entrare con le loro bestie cariche nelle Città e nelle Terre, ma possono partire il giorno precedente alla festa e continuare il loro viaggio. Ai Mastri Ferrai è permesso ferrare le bestie dei forastieri; si permette a tutti il potere entrare nelle Città e nelle Terre, verso il tardo con le bestie di mezzo carico di legna o paglia, solo per uso proprio. Nel tempo che si dà l’erba alle bestie, possono entrare con bestie cariche d’erba anche per venderla nelle pubbliche piazze. Nel tempo del raccolto e della vendemmia possano entrare con le bestie cariche di sacchi di frumento, orzo, altre vettovaglie e mosto. I Barbieri possano sagnare e fare altre cose, tranne radere la barba o tagliare i capelli; ciò è permesso solo con gli operai che vivono tutta la settimana in campagna, ma i barbieri devono tenere la porta della bottega serrata.
Gli Scarpari, nei giorni di festa e con la dovuta decenza, possono vendere nelle loro botteghe le scarpe già fatte et rotugnate; similmente i Cordari, i Collectori, i Ggiponari, i Falegnami e altri artigiani nei giorni di festa possono vendere le loro cose già fatte tenendo però mezza porta aperta. I Notai nei giorni di festa non possono senza dispensa fare pubbliche scritture, eccetto testamenti anche di persone sane, atti matrimoniali, donazioni e instrumenti di pace. Durante le fiere, per antica consuetudine, è permesso che nei giorni di festa tutte le botteghe possano stare aperte e vendere liberamente. Con le Lettere Diocesane, datate 18 Agosto 1710 e registrate il 26 dello stesso mese agli atti della Corte Vicariale, il Vescovo di Siracusa, Mons. Asdrubale Termini, nomina Arcidiacono della Chiesa Cattedrale di Siracusa Mons. D. Ignazio Riggio e gli affida il compito di far rispettare l’osservanza delle S.te Feste, compito che viene svolto in tutti i luoghi della Diocesi tramite i suoi Sostituti. Questo compito di far rispettare l’osservanza delle S.te Feste affidato all’Arcidiacono è già in uso nella Diocesi di Siracusa sin dagli inizi del 1600.
Sui Matrimoni e sui Bandi matrimoniali
I Notai sono obbligati a segnalare al Vicario Foraneo, che li comunicherà al Vescovo, tutti i contratti matrimoniali che compila periodicamente. Quando un uomo e una donna decidono di sposarsi, devono comunicare questa decisione al Vicario Foraneo, che subito intima loro, tramite un Erario, che da quell’istante non devono più praticarsi e nemmeno conversare, né di giorno, né di notte, fin quando non si sposeranno e avranno avuta la Benedizione Nuziale. In caso di infrazione a questa ingiunzione devono pagare una pena pecuniaria di circa dieci onze al Procuratore Fiscale della G. C. V. S. e sono anche condannati ad essere carcerati nelle Carceri del Castro o agli arresti domiciliari. In tal caso i due sono considerati a tutti gli effetti concubini, non per nulla le pene sono quelle stesse che sono date ai concubini.
Il 27 Luglio 1654 viene registrata una scomunica contro alcune persone che vivono separate dalle moglie o dai mariti. Vengono prima ammoniti di scomunica Vincenzo Milluzzo alias Porfirio, Francesco Zuppello e Lucia sua moglie, Antonio de Legisto alias Scimenti e Vincenza sua moglie, e Michele Rizza, che vivono in case distinte separati dal proprio coniuge, e successivamente vengono pubblicamente scomunicati. La Diocesana, datata 20 Settembre 1771 e registrata il 28 Novembre 1771, rende pubblica la reale disposizione che proibisce ai Parroci di ricevere promesse di matrimonio senza il consenso dei genitori. Nel 1798 D. Gaetano Vallone e D. Concetta Giannini, marito e moglie, si oppongono, perché non danno il loro consenso, agli sponsali contratti per verba de futuro della figlia D.na Gerasina Vallone con D. Gaetano Leone di Scicli, matrimonio che i futuri sposi vogliono contrarre per verba de presenti. La G. C. V. S., tenuto conto delle relazioni dei Vicari di Palazzolo e di Scicli, toglierà tale impedimento e i due potranno celebrare regolarmente il loro matrimonio.
Se uno dei due contraenti non è originario del luogo dove abita, la questione passa alla Gran Corte Vescovile, che apre un fascicolo a nome di questo contraente e chiede informazioni, anche con testimoni degni di fede, ai Vicari Foranei dei luoghi dove ha vissuto. Questo ci permette di avere notizie di persone interessanti che non sono palazzolesi o non si sposano a Palazzolo, sui quali il Vicario deve dare informazioni per motivi matrimoniali. È il caso di un pittore, Michele Cirani di Noto, che sappiamo che nel 1633 sta dipingendo un quadro con l’immagine di S. Gregorio, stante in ginocchio, e con l’immagine della Madre SS.ma per la Cappella della famiglia Catalano sotto titolo di S. Gregorio nella Chiesa Madre, quadro andato perduto. Il primo Marzo del 1633 abbiamo registrata una fideiussione a suo favore in cui si legge che vuole contrarre matrimonio con Elena Lombardo, palazzolese. Agli atti criminali del registro della prima indizione 1632/1633 sono registrate altre due fideiussioni a suo favore la prima del 26 Novembre 1632 in cui lo troviamo carcerato nelle Carceri del Castro di Palazzolo, e su mandato del Vicario Foraneo di Palazzolo in virtù di Lettere della G. C. V. S. esce da queste carceri per presentarsi entro un mese carcerato nelle Carceri della G. C. V. S.; la seconda fideiussione proroga e riforma la prima per un altro mese: queste due fideiussioni probabilmente sono connesse con quella del matrimonio con Elena Lombardo.
È il caso del pittore Marcello Vieri di Catania, del quale veniamo a sapere che nel 1784 si chiede di fondarsi il suo stato libero da parte della G. C. V. di Siracusa, su richiesta della G. C. V. di Catania, ai Vicari di Palazzolo e di Scordia, perché abitò in questi comuni: apprendiamo che è vedovo della fu Maddalena Fabrini e che intende contrarre matrimonio con la vedova Santa Panebianco, pure di Catania. Dal documento del nostro Archivio datato 14 Giugno 1813 apprendiamo che il fu D. Marcello Vieri ebbe tre figli, nati a Palazzolo e battezzati nella Chiesa Madre: il primo nel 1780, la seconda nel 1784 e la terza nel 1789. In realtà dai Registri dei Battesimi della Parrocchia della Chiesa Madre si apprende che 1°. L’11 Agosto 1784 fu battezzata nella Chiesa Madre Anna Maria Paola Maddalena Vieri, figlia del fiorentino D. Marcello Vieri e della catanese Santa Crupi, nata il 10 Agosto 1784. 2°. Il 16 Settembre 1786 fu battezzato nella Chiesa Madre Leopoldo Aloisio Gaetano Vieri, figlio del fiorentino D. Marcello Vieri e della catanese Santa Crupi, nato il 15 Settembre 1786. 3°. Il 26 Luglio 1789 fu battezzata nella Chiesa Madre Vincenza Rosa Maddalena Vieri, figlia di D. Marcello Vieri e della catanese D.a Santa Crupi, nata il 25 Luglio 1789.
O è il caso del pittore palazzolese Giuseppe Tanasi, figlio del defunto pittore Paolo Tanasi, che nel 1847 intende contrarre matrimonio con Maria Ganci di Canicattini; veniamo a sapere che aveva 34 anni, era vedovo e abitava con la madre Paola Alessi, di professione cucitrice, in Via Corso. Traendo spunto da queste notizie, ricerche nell’Archivio Parrocchiale della Chiesa Madre mi hanno permesso di individuare che dal matrimonio di Paolo Tanasi con Paola Alessi, nacquero i seguenti figli, tutti battezzati nella Chiesa di S. Sebastiano, tranne il terzo battezzato in casa ob articulum mortis: 1°. Giuseppe Antonino Giovanni, nato il 22 Giugno 1803 e battezzato il 24 Giugno 1803. 2°. Lucia Giuseppa Gaetana, nata e battezzata il 2 Gennaio 1805. 3°. Giuseppe Antonino Croce, nato l’8 Luglio 1806 e battezzato il 9 Luglio 1806. 4°. Francesco Antonino Giuseppe, nato e battezzato il 9 Marzo 1808. 5°. Paola Itria Antonina, nata il 28 Aprile 1810 e battezzata il 29 Aprile 1810. 6°. Giuseppe Salvatore Antonino, nato il 22 Dicembre 1811 e battezzato il 23 Dicembre 1811. 7°. Antonina Raffaela Gaetana, nata il 24 Ottobre 1814 e battezzata il 25 Ottobre 1814. 8°. Salvatore Nunzio Antonino, nato e battezzato il 28 Marzo 1816. 9°. Mariano Sebastiano Paolo, nato il 2 Febbraio 1818 e battezzato il 3 Febbraio 1818; morto il 19 Febbraio 1820 e sepolto nella Chiesa di S. Sebastiano Martire. 10°. Gaetana Marianna Santa, nata il 5 Novembre 1819 e battezzata il 6 Novembre 1819. 11°. Francesco de Paula, nato e battezzato il 5 Aprile 1823. 12°. Concetta, nata e battezzata il 18 Febbraio 1826. 13°. Sebastiana, nata e battezzata il 27 Gennaio 1830; morta il 12 Dicembre 1830 e sepolta nella Chiesa di S. Sebastiano Martire.
Queste ricerche mi hanno permesso anche di datare la nascita di Paolo Tanasi, figlio di Giuseppe e di Lucia Bonfiglio, avvenuta il 3 Maggio 1772, giorno in cui viene anche battezzato: “Die tertia Maij Mill.mo Septing.mo Septuag.mo S.do. 1772. Ego infractus Cap. Cur. in hac Ecca S.ti Pauli Apl. loco Matricis baptizavi infantem filium legmum et nalem Josephi Tanasi et Luciæ Bonfiglio natum Hodie hora decimaquinta cui impositum est nomen Crux, Paulus et Dominicus. Patrinus fuit Mag.r Michael Greco. Ego Sac. S. T. Dr D. Benedictus Tinè ut s.a.” (A. P. C. M. Liber Baptizatorum 1770-1787 f. 62. Tanasi n° 69.); e di datare anche la sua morte, che viene registrata il 17 Dicembre 1845: “Die decima septima eiusdem [Decembris 1845]. Tanasi. D. Paulus Tanasi an. 76 vir viventis Paulæ Alessi et filius defunctorum Josephi et Luciæ Bonfiglio olim jugum Palatioli Sactis roboratus decessit et jacet in loco sancto.” (A. P. C. M. Libro dei Defunti maggiori e Parvuli principiando dal primo Giugno 1839, f. 271.) Il 26 Novembre 1774 nella Chiesa Madre sotto titolo di S. Nicola Vescovo, viene battezzato Rosario Francesco Gaetano, altro figlio di Giuseppe Tanasi e di Lucia Bonfiglio: “Die vig.mo sexto 9bris Mill.mo Septing.mo Septuag.mo Quarto. 1774. Ego infractus Cap. Cur. in hac Eccla sub tit.o S. Nicolai Epi baptizavi infantem filium legmum et nalem Josephi Tanasi et Luciæ Bonfiglio jugum natum hora 12 cui impositum est nomen Rosarius, Franciscus, Cajetanus. Patrinus fuit M.r Santus Borderi. Ego Sac. D. Franciscus Bologna ut s.a.” (A. P. C. M. Liber Baptizatorum 1770-1787 f. 125. Tanasi n° 137.).
O è il caso di persone appartenenti alle varie famiglie dei Ruiz de Castro, dei De Grandi, dei Cafici, degli Iudica, casi in cui uno o entrambi i contraenti matrimonio non sono palazzolesi. Il 6 Dicembre 1692 vengono registrate le Lettere per promulgarsi i bandi di matrimonio di D. Giovanni Ruiz de Castro, naturale della Città di Palermo, abitante un tempo della Città di Lentini e nel 1692 abitante in Palazzolo, con D.na Anna Bruno, naturale della Città di Palermo e abitante in Palazzolo. Il giorno 8 Settembre 1724 vengono registrate le Lettere per promulgarsi i bandi di matrimonio di D. Giuseppe di Grandi, originario di Siracusa, ma abitante in Palazzolo, figlio del fu D. Antonino di Grandi e di D.na Virginia Burlò, con D.na Anna Cannizzaro di Noto, figlia del fu D. Pietro Cannizzaro e di D.na Dorodea Landolina. Il 30 Settembre 1724 vengono registrate le Lettere per promulgarsi i bandi di matrimonio di D. Ferdinando Ruiz de Castro di Palazzolo, figlio di D. Giovanni Ruiz de Castro e di D.a Anna Bruno, con D.na Carmela Cafici di Licodia, figlia del fu D. Pietro Gaspare Cafici e di D.na Ninfa Failla.
Il 25 Febbraio 1745 vengono registrate le Lettere per promulgarsi i bandi di matrimonio di D. Gaspare Cafici, naturale di Licodia ma fin dall’infanzia abitante in Vizzini, figlio del Dr D. Mario Cafici e di D.na Maria Astuto, con D.na Margarita Lombardo di Palazzolo, figlia di Paolo Lombardo e di Santa Carpano, e i bandi di matrimonio di D. Enrico Cafici, naturale di Vizzini, figlio del Dr D. Mario Cafici e di D.na Maria Astuto, con D.na Crocia Leone di Palazzolo, figlia del fu D. Giuseppe Leone e di Girolama Lombardo; lo stesso giorno viene registrata la dispensa di un bando di matrimonio a favore di D. Gaspare Cafici e D.na Margarita Lombardo e altresì di D. Enrico Cafici e D.na Crocia Leone: invece delle solite e dovute tre denunce o bandi in tre giorni festivi ne vengono fatti promulgare solo due, stante la strettezza del tempo, che si frapone alla celebratione delle nozze.
Il 20 Luglio 1746 vengono registrate le Lettere per promulgarsi i bandi di matrimonio di D. Antonio Iudica di Grammichele, ma abitante in Palazzolo, figlio del fu Giovanni Iudica e di Filippa Catansarito, con Angela Gattinella di Palazzolo, figlia del fu Alessio Gattinella, e di Maria Fiducia. Il 19 Febbraio 1791 vengono registrate le Lettere di dispensa matrimoniale di Donna Dorodea Iudica di Palazzolo con D. Salvatore Grosso di Grammichele. I due contraenti chiedono la dispensa perché sono congiunti di terzo e quarto grado; per l’angustia in cui nacquero per non trasferirsi in alieno Paese, D. Salvatore Grosso intende sposare Donna Dorodea Iudica, che non ha trovato nel medesimo Paese uno sposo di ugual condizione, che non le sia consanguineo. Il 13 Giugno 1804 vengono registrate le Lettere per farsi la prova dello stato libero di Mro Salvatore Puglisi naturale di Noto, ma abitante in Palazzolo, e Marianna Vieri di Palazzolo. Tra i fascicoli conservati nell’Archivio Vicariale dell’anno 1804 ho trovato l’incartamento del matrimonio tra Marianna Vieri e Salvatore Puglisi, contenente cinque documenti.
1°. Il primo è la Declaratio Mariæ Annæ Vieri Palatiolensis, datata 15 Giugno 1804, in cui Marianna Vieri dichiara di voler contrarre matrimonio con Mro Salvatore Puglisi di Noto, ma abitante in Palazzolo, di essere figlia del vivente D. Marcello Vieri e della defunta Santa Crupi, un tempo sposi, abitanti in Palazzolo, di essere vissuta sempre in Palazzolo, sua patria, “senz’essersi portata per abitare altrove”, e di “essere stata libera ed esente d’ogni vincolo di matrimonio, per non essersi maritata ne contratto sponsali, o promesso a persona alcuna”;
2°. Il secondo, datato anche 15 Giugno 1804, verbalizza la testimonianza giurata dei Testes pro libertate Mariannæ Vieri Palatiolensis. Due testi, Mro Salvatore Francardo e Mro Gaetano Teodoro, palazzolesi, depongono sotto giuramento che Marianna Vieri è figlia legittima e naturale del vivente D. Marcello Vieri e della fu Santa Crupi, un tempo sposi abitanti in Palazzolo, e che Marianna ha sempre dimorato in Palazzolo ed è libera ed esente da ogni vincolo di matrimonio. Giurano di dire la verità perché sono vicini di casa della riferita Marianna.
3°. Il terzo è la Declaratio Mri Salvatoris Puglisi nalis Civis Neti, incolæ autem Palatioli, datata 16 Giugno 1804, in cui Mro Salvatore Puglisi dichiara di essere nato in Noto dove abitò fino all’anno 1792, anno in cui si trasferì in Palazzolo, dichiara inoltre di essere libero ed esente da ogni vincolo di matrimonio e di voler contrarre matrimonio con Marianna Vieri figlia del vivente D. Marcello Vieri e della defunta Santa Crupi.
4°. Il quarto, datato 17 Giugno 1804. verbalizza la testimonianza giurata dei Testes de libertate Mri Salvatoris Puglisi nalis Civis Neti incolæ autem Palatioli. Altri due testi, Mro Damiano Lombardo e D. Giuseppe Rizza, palazzolesi, attestano sotto giuramento che conoscono personalmente Mro Salvatore Puglisi il quale, da quando si è trasferito da Noto a Palazzolo, sempre ha dimorato in Palazzolo ed è libero ed esente da ogni vincolo di matrimonio.
5°. Nel quinto documento, datato 1 Luglio 1804 e registrato nella Corte Vicariale il 2 Luglio 1804, si leggono le Lettere emanate dalla G. C. V. S. per congiungersi in Matrim.o M.o Sal.e Puglisi con Marianna Vieri. Il documento tuttavia non risulta registrato agli atti della Corte Vicariale.
Il 26 Giugno 1840 viene registrato il Certificato dello Stato Civile, nel quale si attesta che D. Giovanbattista Grassi, celibe d’anni 31, nato in Biscari, di professione Notaio, domiciliato in Palazzolo Via Corso, figlio di D. Vincenzo Grassi di professione Notaio, domiciliato in Biscari, e di D.a Agata Albani domiciliata in Biscari, e Donna Maria Lombardo, nubile d’anni 39 domiciliata in Palazzolo Via Lombardo figlia di D. Salvadore di professione Notaio, e della fu D.a Antonia Trigila, fanno la solenne promessa di celebrare canonicamente il loro matrimonio dinnanzi all’Ufficiale dello Stato Civile di Palazzolo.
È documentato l’uso di registrare le ingiunzioni per motivi matrimoniali dal 1596 e per quasi tutto il secolo XVIII fino al 1772/1773: ma già nell’ultimo periodo le registrazioni sono piuttosto scarse, fino a registrarsi a iniziare dal 1773/1774 solo gli atti che riguardano le prove di stato libero o le solenni promesse di celebrare il matrimonio quando uno dei contraenti non è palazzolese.
È possibile ricavare una mappa significativa dei possibili matrimoni di quegli anni in cui abbiamo i vari Registri della Corte Vicariale.
La Diocesana, registrata agli atti il giorno 1 Marzo 1830, affronta il problema del matrimonio contratto clandestinamente che non ha alcun effetto civile ed è necessario per ottenere la Real Sanatoria presentarsi all’Ufficiale dello Stato Civile, innanzi cui fare la solenne promessa, e quindi celebrare canonicamente il matrimonio.
La Diocesana, datata 6 Maggio 1851 e registrata il 9 Maggio 1851, trascrive ai Vicari la seguente disposizione ministeriale: “Signore. Si è dal Real Governo conosciuto, che da Vedove, e da Nubili Orfane godenti pensioni di Giustizia, o di Grazia sotto la condizione dello Stato Vedovile, o di Nubiltà, si sono in frode della legge contratti Matrimonii Ecclci senza lo adempimento degli atti dello Stato Civile, per continuare ad accepire le pensioni con pregiudizio della Reale Finanza; e mentre convivono costoro con i mariti, ed i figli non han ripugnanza presentare in ogni mese la fede dello Stato Vedovile, o di Nubiltà e ripetere dal Tesoriere la pensione. Non volendo il Real Governo ulteriormente un tale abuso tollerare prego Lei a disporre, che colla maggior sollecitudine formisi e per di lui mezzo si trasmetta dai Parrochi, e Curati della di Lei Diocesi un esatto notamento di tutti i Matrimonj contratti Ecclesiasticamente da un ventennio a questa parte, sforniti dagli atti dello Stato Civile. Commettendo loro di adoperare in ciò la dovuta diligenza e celerità. Pel Genle in Capo Luogo Tenente Genle Interino. Il Direttore S. La Lumia. Noi quindi pronti esecutori della s.a inserta ven.ta Ministeriale abbiamo spedito le pnti pelle quali vi diciamo, ed ordiniamo affinché al più presto possibile farete eseguire da cotesti Rev.di Parrochi, e Curati il rispettivo notamento a secondo le disposizioni date nel sopra lodato venerato Ministerial foglio, che vi ritirerete Voi, per così prontamente farceli tenere per Noi farne l’uso, che ci riguarda.”
Sui Poveri, sulle Orazioni per gli Infermi e sui Proietti
La Chiesa ha sempre cercato di aiutare i poveri tramite le varie Confraternite, le varie Congregazioni, i vari Monti di Pietà, ma anche direttamente: nel 1640 il Vicario Generale dà ordine al Vicario Foraneo di Palazzolo di ritornare a dare l’elemosina di grana dieci al giorno ad Ippolita Vitrano, povera paralitica, per il vitto e il sostentamento della sua persona, pigliando i denari anche da quelli spettanti alla Mensa Vescovile, e di andarla a trovare in alcuni giorni per consolarla. Come pure ha tutelato i proietti, cioè i bambini abbandonati.
Il 19 Febbraio 1751 vengono registrate le Lettere Diocesane emanate dal Vescovo di Siracusa, in conformità dell’alte providenze di Sua Eccellenza Sig. Viceré nel istituire la tanto plausibile Deputazione intorno alli projetti, e nell’occorrere al deplorabile disordine, che spesso accade a Bambini nati da illegitimi parenti. Si incaricano le Università affinché venga situata in luoghi comodi e non molto piccoli la Ruota, che esse dovranno erigere, in mancanza di Ospedali o altri Luoghi pii. Periodicamente, ogni sei mesi, il Parroco deve inviare una nota col numero dei bambini ritrovati nella Ruota, e quali provvidenze sono state prese per alimentarli. I Rettori e Procuratori degli Ospedali e Luoghi pii alla fine di ogni mese devono dare ai Giurati del luogo una nota di quei proietti che saranno ritrovati nella loro Ruota, senza che poi questi Giurati in nessun conto possano ingerirsi nella reggenza del governo di quegli Ospedali e Luoghi pii, che sono soggetti all’Autorità Ecclesiastica.
Il 26 Maggio 1756 il Vescovo di Siracusa emana le Lettere Diocesane, registrate agli atti della Corte Vicariale il 2 Giugno 1756, che recepisce un Biglietto del Viceré sui proietti, per comunicare alla Commissione dei Proietti se esiste la Ruota nell’Ospedale, o in un Luogo pio, o nella Casa assegnata dall’Università, quanti proietti vengono esposti nella Ruota, o vengono abbandonati fuori da essa, se sono vivi o morti, se sono stati battezzati o no, se vivi a chi sono affidati per il nutrimento: all’Ospedale, a un’Opera Pia o all’Università. Nelle Lettere sono citati anche i parti cesarei.
Nel 1653 e nel 1654 tre donne, Paola Liberto, Giovanna Giardino alias Cannizzara e Margherita la Carbuna, chiedono separatamente al Vescovo di concedere loro la licenza di poter pronunciare le orazioni sopra gli infermi contro le malattie: il Vicario Generale concede questa licenza e ordina al Vicario Foraneo che, prima, deve leggere e riconoscere queste orazioni ed essendo scritte con parole divine e non sospette permetterà che le supplicanti possano dire le orazioni per gli infermi ad alta voce e nella maniera che è disposto dai Capitoli Sinodali.
Sulle Sepolture
Il 19 Luglio 1597 Joseph de Martino compare nella Corte Vicariale ed espone al Vicario D. Joseph de Cutellis che pretende reportare il cadavere di Vincenzo de Incastillecta, della Città di Noto, nella Chiesa Madre di S. Nicola di Palazzolo, non appena avrà ottenuto la licenza dall’Ill.mo e Rev.mo Mons. Vescovo di Siracusa di estrarre il cadavere nella Città di Noto. Nel 1610 Don Ludovico de Modica e Giuseppa, moglie del fu Michele de Modica, intendono far seppellire il cadavere del fu Michele nella Chiesa Madre di Palazzolo, loco depositi, per trasferirlo successivamente nella Città di Noto. Nel 1635, essendo la statua di S. Paolo Apostolo nella Chiesa della SS.ma Trinità, i Confratelli della Confraternita di S. Paolo ottengono di costruirvi la fossa dei fratelli e dei devoti. Nel 1636 il Barone D. Desiderio Landolina fa seppellire nella Chiesa del Convento di S. Domenico dei Padri Predicatori di Palazzolo il cadavere della sorella Caterina, in attesa di trasferirlo nella Città di Noto, nella fossa della sua Cappella e nella Chiesa del Convento di S. Domenico sotto titolo del SS.mo Rosario.
Il 5 Settembre 1648 vengono registrate le Lettere ottenute da Paolo Corsino per essere autorizzato a comprare un luogo di sepoltura dentro la Chiesa Madre innanzi alla Cappella della Trinità e S. Elisabetta, vicino lo sgabello dell’Altare in detta Cappella, ove è sepolto il fratello Giuseppe Corsino; il supplicante intende ampliare, abbellire e cavare questa sepoltura con balate, e siccome si deve estrarre il tabbuto coi resti del fratello, deve essere autorizzato; una volta ampliata, abbellita e cavata, in questa sepoltura si potrà riporre il tabbuto con quei resti; questa sepoltura sarà di abbellimento per la Chiesa Madre. Nel 1661 il Sac. S. T. D. D. Francesco Caligiore fa seppellire il cadavere del padre D. Pietro nella Chiesa Madre perché la sua sepoltura, che si trova nella nuova Chiesa di S. Paolo, non è ancora agibile. Per costruire una Cappella con il suo Altare in una Chiesa è necessario chiedere la licenza al Vescovo, così pure si deve chiedere la licenza per costruire la sepoltura dinnanzi a questa Cappella; queste licenze devono essere registrate agli atti della Corte Vicariale. Nel 1626 Michele Callari chiede la licenza di costruire la sua sepoltura monumentale innanzi alla sua Cappella dentro la Chiesa di S. Michele Arcangelo; da altra fonte, che è l’Archivio Storico della Chiesa di S. Michele, sappiamo che questa Cappella e il suo Altare sono intitolati a S. Simone. Il 12 Febbraio 1840 vengono registrate agli atti della Corte Vicariale le Istruzioni per il Campo Santo nei Comuni; da cui si deduce che si devono chiudere le sepolture nelle Chiese dell’abitato e, in ogni Comune, si deve costruire il Campo Santo.
Tre sono le condizioni essenziali per la costruzione di un Campo Santo e se non hanno queste tre condizioni sarà proibito in essi seppellirvi: “1°. Cinta di Mura. 2°. Dev’essere una Cappella qualunque, anche meschina, anche a muro. 3°. Benedizione del Vescovo, o di chi vi destina il Vescovo.”
Sul Monastero
La presenza di un cospicuo numero di atti trascritti, riguardanti il Monastero di Palazzolo, permette di avere sommarie informazioni anche sulla sua Chiesa. Nel 1609 la Chiesa e il nuovo Monastero di Palazzolo, comunemente noto della Badia, ma denominato sotto titolo di S. Maria della Concezione, già esistono, o almeno sono in avanzato stato di costruzione, se il 9 Marzo 1609 compare nella Corte Vicariale di Palazzolo Francesco Deferula e deposita presso il Notaio Vincenzo de Legisto, Maestro Notaro della Corte Vicariale, onze trentuno e tarì diciotto a nome dei Procuratori della fabbrica del nuovo Monastero di Palazzolo sotto titolo di Santa Maria della Concezione; se il 13 di Marzo del 1609 durante la Sacra Visita vengono fatti gli Officiali della Terra di Palazzolo e tra questi troviamo i Procuratori del Nuovo Monastero: il Chierico Alessandro Nigro Procuratore, D. Sebastiano Catalano Procuratore, Francesco Milluso Procuratore, Legisto de Legisto Procuratore e D. Geronimo Bulognia Tesoriere; e se il 25 Marzo dello stesso anno 1609 la ministra e le suore terziarie dell’ordine di S. Francesco supplicano il Vescovo di Siracusa che desiderano poter costruire una loro sepoltura nella Chiesa di S. Maria della Concezione del nuovo Monastero. Il 25 Ottobre 1620, su mandato del Vescovo di Siracusa, Monsig. Paolo Faraone, alla presenza del Rev.do D. Paolo Ferranti Cappellano del Monastero, di D. Sebastiano Catalano Procuratore del Monastero e del Not. Antonino Pisano Maestro Notaro della Corte Vicariale, il Vicario Foraneo D. Giovanni Catalano elegge Provicaria del Monastero di Palazzolo Suor Costanza Danieli della Città di Siracusa, settantenne, e da 50 anni professa delle regola e della religione di S. Benedetto e S. Bernardo, perché si deve eleggere la nuova Vicaria o Abbadessa del Monastero, in quanto Suor Geronima Bonaiuto della Città di Siracusa ha terminato il biennio del suo badessato e non può essere rieletta.
La Sacra Congregazione dei SS.ri Cardinali dà ordini al Vescovo di Siracusa che se si accerta che nel Monastero di Palazzolo non c’è monaca che possa per l’età e per l’esperienza diventare Abbadessa, si rende necessario che si debba eleggere di nuovo Abbadessa Suor Geronima Bonaiuto per altri due anni: così il 4 Agosto del 1621 vengono registrate agli atti della Corte Vicariale le Lettere del Vescovo di Siracusa del 20 Luglio 1621 per le quali, viste le informazioni ricevute dal Vicario di Palazzolo e adempiute tutte le condizioni richieste nelle sue precedenti Lettere del 21 Marzo, si può procedere alla elezione della nuova Abbadessa: il Vicario assieme a D. Sebastiano Catalano, a un altro Sacerdote anziano e assieme al Maestro Notaro della Corte Vicariale si recherà nella Chiesa del Monastero e per la finestrella del comunicatorio prenderà i voti delle monache, singolarmente e segretamente, e, se almeno le due parti delle Monache del Monastero saranno contente di accettare Suor Geronima, il Vicario Foraneo la potrà nominare e confermare Abbadessa per altri due anni; se non avrà le due parti dei voti dovrà avvisare il Vescovo per dare gli ordini convenienti.
L’11 Agosto 1621 è Vicaria del Monastero Suor Costanza Danieli. L’elezione del 1625 permette di stabilire che la nuova Abbadessa Suor Diamanta Lombardo viene eletta per tre anni e, al solito, il Vicario prende attraverso la finestrella del comunicatorio le singole voci delle monache segretamente, raggiungendo il quorum delle due parti di queste voci, così Suor Diamanta Lombardo può essere eletta e quindi nominata Abbadessa; le votazioni sono state precedute dal Canto Veni Creator Spiritus e dalle solite orazioni, mentre sono chiuse col canto Te Deum Laudamus.
Il 4 Maggio 1625 vengono registrate le Lettere Diocesane emanate ad istanza di Francesca Terranova, figlia del fu Dottor Giovanni Leonardo Terranova, che intende entrare nel Monastero per diventare monaca, per servire il Signore Iddio e salvare la sua anima, ed è pronta ad assegnare la sua dote al Monastero; ma non può entrare senza la licenza de Vescovo, quindi lo supplica affinché le conceda questa licenza: Francesca Terranova dovrà prima stipulare un atto soggiocatorio dei beni della sua dote a ragione del cinque per cento da trasmettere alla G. C. V. S. assieme alla fede del Maestro Notaro e dei Giurati i quali dovranno attestare che i beni soggiogati non sono donati, né vincolati, né censiti e nel caso che fossero censiti dichiarare per quale somma, in più deve trasmettere la relazione degli esperti per stimare il valore dei beni soggiogati e quanto possono rendere ogni anno, affinché si possa provvedere conforme della professione e finché non si fa professa si intenda per conto dell’alimenti.
Nel 1631 la seconda Chiesa di S. Sebastiano sta edificando il campanile e ha posto provvisoriamente le campane in un luogo che ha la vista prospiciente una parte del Monastero. Questa Chiesa di S. Sebastiano è sita proprio di fronte al Monastero, ecco perché il Vicario Dottor Don Filippo Ferranti fa intimare ai Procuratori della Chiesa di S. Sebastiano: che entro un mese devono togliere le campane dal luogo dove sono poste e devono collocarle in un posto che non guardi il Monastero e soprattutto il dormitorio, che non si edifichi il campanile della Chiesa senza licenza della Corte Episcopale, e che in questo frattempo nessuno possa salire a suonare le campane, anzi devono rimanere legate e si devono togliere le scale che sono nel campanile, in virtù degli jussit e degli ordini dati in corso di Sacra Visita dall’Ill.mo e Rev.mo Monsignor Vescovo di Siracusa.
Sappiamo quindi che il dormitorio del Monastero ha la sua vista sul Corso, proprio di fronte alla seconda Chiesa di S. Sebastiano. Nel 1635 l’Abbadessa del Monastero chiede di poter celebrare le feste dei Santi Titolari, che sono Maria SS.ma della Concezione e S. Benedetto, “con cantarse messe, et vespre, con musica in portar organo, et messe baxie con aparare la Chiesa, et con predicarsi per predicatori aprobato, et farsi altri sollemnità conforme per lo passato”: la frase conforme per lo passato ci porta a pensare che queste feste siano antiche, ma questa è una frase generica che non definisce in modo chiaro da quando è in uso la loro celebrazione, può anche significare che si celebrarono l’anno precedente, ma il fatto significativo è che non trovo registrato nell’anno precedente alcun riferimento a queste feste.
Periodicamente vengono emanati dal Vescovo di Siracusa Lettere Diocesane o Decreti per il Monastero; il 16 Settembre 1639 viene registrato agli atti della Corte Vicariale un Editto per lo bono governo et observanza regolare delli Monasteri in cui si legge che il Vicario Foraneo su mandato del Vescovo di Siracusa proibisce espressamente che gli uomini di qualsiasi stato, grado e condizione possano parlare con le monache, eccetto il padre e i fratelli che assieme alla madre possono essere ammessi al colloquio con la congiunta due volte al mese con la licenza in scriptis riconosciuta dallo stesso Rev.do Vicario e dal Beneficiato Curato della Chiesa Madre; si proibisce anche che alle monache si possano dare presenti e cose commestibili, e che le monache possano fare cosi commestibili tranne in periodo di feste, quando l’Abbadessa può permettere di darle a persone che servono al Monastero, facendo chiudere all’Ave Maria tutte le grate e le porte della Chiesa del Monastero anche in occasione di feste. Ai Sacerdoti, che non hanno benefici in questa Chiesa, non si deve permettere di celebrare la S. Messa sotto qualsivoglia pretesto, eccetto in die obitus di una moniale defunta, nel trigesimo o anniversario.
La mancanza di punteggiatura in questo passo rende difficile la sua decodificazione; tuttavia è accettabile la mia lettura.
Il 30 Novembre 1661 vengono registrate le Lettere Diocesane per le quali si concede: che il Monastero possa celebrare le feste dell’Immacolata Concezione e di S. Bernardo con la Messa Cantata e le Messe Basse, con Musica, suoni e predica; che possa avere un piccolo piatto d’argento da servire per il sacrificio della Santa Messa; che i Sacerdoti possano dire una Messa Cantata e Messe Basse di Requie per le monache defunte; che le Sacrestane possano portare il Calice e toccare alcuni parati sacri per il servizio della Santa Messa come il Corporale e la Palla. Il 21 Gennaio 1664 vengono registrate le Lettere di manutenzione di possessione emanate dal Tribunale della Regia Monarchia a favore di Suor Anna Maria Marino, Diacona nel Monastero della SS.ma Concezione di Palazzolo, come erede universale del fratello Chierico D. Silverio Maurizio Marino, per essere tutelata nel legittimo possesso di un tenimento di case in più corpi con porticato, cisterna e orticello nel quartiere della SS.ma Trinità e contrada detta lo Calancone, e due chiuse di terre una nel Fego di S. Lucia del Territorio di Noto e l’altra nella contrada della Chiesa di S. Ippolito nel Territorio di Palazzolo, sita nelle adiacenze del Pantano, e di tutti gli altri beni descritti e annotati nell’inventario, stilato da Filippo Leone per gli atti del Notaio Francesco Milluzzo il 9 Agosto 1663.
Il 20 Maggio 1664 viene registrata la Licenza di poter essere ammessa nel Monastero a favore di Franzina de Grandi e Maniscalco. Le condizioni necessarie, affinché una giovane onesta zitella possa essere ammessa all’interno della Clausura del Monastero per essere educata, sono: Primo che il Monastero possa e sia solito tenere zitelle per essere educate, né vi sia alcuna proibizione particolare, nel qual caso è necessario che si presenti la lettera della Sacra Congregazione che faccia espressa menzione e deroghi alla proibizione. Secondo che nel Monastero deve esserci un luogo particolare per le educande distinto e separato da quello dove son solite abitare e dormire le monache professe e anche le novizie, in modo che ciascuna educanda possa e debba dormire sola. Terzo che vi sia un numero prefisso di educande conforme alla capacità del luogo e che detto numero non possa superare la metà delle monache, non computandosi le novizie e le converse. Quarto che l’educanda abbia tutti i requisiti necessari e venga accettata dalle monache capitolarmente e per voti secreti. Quinto che l’educanda abbia più di sette anni e meno di venticinque e pervenendo ai venticinque debba uscir subito sotto pena di violata clausura, da attuarsi ipso facto con obbligare i parenti a riceverla, come anche a riceverla ogni qualvolta l’Ordinario e le monache giudicheranno di mandarla fuori dal Monastero. Sesto che non sia sopra il numero prefisso. Settimo che si deve avere la sicurezza di pagare all’Abbadessa pro tempore per ogni semestre in denari contanti gli alimenti anticipati e, mancando per un qualsiasi motivo, questa sicurezza si debba ritrovare nel termine di un mese, altrimenti l’educanda deve uscire subito dal Monastero. Ottavo che l’educanda entri sola, che vesta modestamente e osservi le leggi della clausura e del parlatorio come le monache stesse. Nono che l’educanda, uscendo una volta dal Monastero, non possa senza nuova licenza esservi riammessa, eccetto per farsi monaca. Decimo, infine, che la presente Licenza deve essere consegnata a quelli ai quali è indirizzata per l’esecuzione e si deve registrare agli atti della loro Cancelleria, che tutto si faccia gratis e la messa in esecuzione di questa Licenza deve avvenire entro il termine di sei mesi, altrimenti sarà di nessun valore.
Il 29 Maggio 1671 vengono registrate le Lettere per le quali si concede la licenza di poter solennizzare la festa della Madonna nella Chiesa del Monastero con Messa Cantata, Messe Basse, Musica, Vespro, Compieta, Prediche per l’Ottava; di poter solennizzare la Settimana Santa cantando il Passio; di poter solennizzare il Corpus Domini esponendo il SS.mo per tutta l’ottava; di potersi celebrare Sante Messe di devozione per le Moniali da Sacerdoti qualificati e benvisti al Vicario e di potersi celebrare la Santa Messa, qualche volta, dai Sacerdoti che hanno parenti nel Monastero, con la condizione che i Sacerdoti non si fermino a parlare con le Monache.
Le Lettere Diocesane registrate l’11 Dicembre 1685 concedono al Monastero di solennizzare la festa dell’Immacolata Concezione con farsi apparato, cantarsi il Vespro e la Messa con Musica, celebrarsi Messe Basse, esporsi il SS.mo Sacramento per l’orazione del quarantore con non meno di dodici lumi di cera. Il 26 Ottobre 1711 vengono registrate le Lettere Diocesane che concedono alla Chiesa del Monastero la licenza di recitarsi in ogni Venerdì la coronella della Cinque Piaghe del Signore con l’esposizione del SS.mo Sacramento, come pure di esporre il SS.mo Sacramento nel primo Sabato di ogni mese. Nella Lettera, indirizzata al Vicario Foraneo e registrata il 10 Ottobre 1718, si legge che il Vescovo, nel comunicargli che approva che la serva del Monastero, Rosaria Magro, deve essere consegnata ai parenti più stretti, cioè non può più dimorare nel Monastero, e che al suo posto possa introdursi Maria Zuppello, a patto che concorrano tutte le necessarie e ottime condizioni per servire alla comunità, lo ringrazia perché gli ha fatto avere i cauli e l’acci (che mi sono stati gratitissimi), oltre le candele di cera, il marzapano e la simola; tra le altre cose, apprendiamo anche che da Palazzolo arriva a Siracusa la neve. Il 5 Settembre del 1724 vengono registrate agli atti le Lettere Diocesane per le Educande dei Monasteri affinché indossino vestiti modesti, senza pompa o di lusso e non debbano portare pendagli, collane o altri ornamenti; facendo il contrario, dovranno essere costrette a uscire dal Monastero.
Il 13 Aprile 1726 vengono registrati agli atti due Decreti, il primo per l’osservanza della Povertà Religiosa nel Monastero di Palazzolo, il secondo di non poter donare le Moniali, e disponere a loro libertà. Nel primo Decreto il Vescovo di Siracusa, Mons. Fr. D. Tommaso Marini, ordina alla Rev.da Madre Abbadessa di non permettere che le Religiose possano lavorare per riportarne guadagno, ma debbano operare solo per quei servizi manuali, che saranno distribuiti dalla stessa Madre Abbadessa, e che un eventuale guadagno sia solo a vantaggio della Comunità. Nel secondo Decreto lo stesso Vescovo si lamenta degli eccessi che si introducono nel Monastero di Palazzolo contro il voto di Povertà professata dalle Religiose, perché è loro consuetudine fare donazione ai parenti in vita e poi in tempo di morte, e proibisce assolutamente che possano avvenire simili donazioni o anche donazioni o disposizioni pie da parte delle Religiose.
Il 18 Maggio 1726 vengono registrate agli atti due Lettere Diocesane. Le prime Lettere proibiscono a tutte le persone dell’uno e dell’altro sesso, di qualunque condizione o grado, di poter parlare dalla Porta e fuori delle Grate del Parlatorio, con qualunque Moniale, o Novizia, o Educanda, o Conversa. Le seconde Lettere modificano in parte le proibizioni espresse nel precedente Decreto per l’osservanza della Povertà Religiosa, registrato il 13 Aprile. In queste lettere si permette che, considerando che le Moniali non possano provvedere alle loro necessità, potranno servirsi del guadagno delle loro fatiche, alle seguenti condizione: che le Moniali debbano lavorare ogni giorno per un’ora e mezza tutte assieme al servizio del Monastero e il guadagno di questo lavoro deve depositarsi presso la Borzaria del Monastero, eletta a tal riguardo, per impiegarsi per ornare la Chiesa del Monastero e per comprare Sacre Suppellettili; e che questo lavoro di un’ora e mezza, da svolgere assieme in ogni giorno, debba essere programmato dalla Rev.da Abbadessa.
Le Lettere Diocesane per il Monastero, emanate dal Vescovo, Mons. Francesco M.a Testa, il 2 Settembre 1749 e registrate il 17 dello stesso mese, danno opportuni e puntuali ordini per il buon governo del Monastero di Palazzolo. In primo luogo il Vescovo nomina due Confessori Straordinari affinché ascoltino le confessioni delle Monache e delle persone che vivono nel Monastero. In secondo luogo proibisce che possano entrare nella Clausura figlioli e figliole di qualunque età, grado e condizione. In terzo luogo permette che solo i parenti di primo e secondo grado possano avere accesso al parlatorio e nelle ore opportune; mentre i Religiosi non saranno ammessi se non presenteranno al Vescovo le licenze dei loro Superiori e se non otterranno dal Vescovo la licenza di trattare con le loro congiunte in primo e secondo grado. Successivamente ordina: che una volta l’anno la Comunità Religiosa del Monastero debba fare i Santi Esercizi per dieci giorni con un Predicatore designato e approvato dallo stesso Vescovo; che durante le Prediche e l’Esposizione il Parlatorio deve rimanere chiuso; che dei due dormitori voti uno sia riservato al Noviziale e per abitazione delle Novizie con la loro Maestra; e che sul piano del campanile di S. Sebastiano, dove sono situate le campane, si deve costruire un muro in modo tale che non si deve vedere il prospetto del Monastero.
Il 21 Novembre 1765 vengono emanate le Lettere Diocesane per benedirsi la nuova Chiesa del Monastero, trasportarvi il Divinissimo Sacramento in processione dalla vecchia alla nuova Chiesa e seppellirvi i cadaveri delle Moniali defunte, riesumandoli e trasportandoli dalla vecchia nella nuova sepoltura. Il 22 Novembre 1810 vengono emanati i Decreti per il Monastero dal Vescovo, Mons. Filippo M.a Trigona e Bellotti, che non fanno altro che richiamare esplicitamente e confermare le disposizioni e gli ordini impartiti ed emanati dai suoi predecessori; anzi aggiungono all’inizio un ordine particolare dato alla Superiora del Monastero: quello di leggere di mese in mese alcuni paragrafi di quelle Costituzioni che riguardano propriamente le Moniali affinché ne venga rinnovata la memoria.
Inoltre il Vescovo dà le seguenti disposizioni: – Entrando i Cappellani o altri Sacerdoti Confessori Straordinari nella Clausura per confessare, non devono andare in giro per il Monastero, ma devono uscire per la via più breve, adempiuto il loro ufficio, accompagnati dalle Religiose decane anziane. – Non si devono ammettere nei parlatori i Regolari di qualunque Ordine o Istituto senza la licenza scritta del Vescovo. – Le Religiose non devono tenere libri se non quelli Spirituali e Ascetici, approvati dal Vescovo, dal Vicario locale e dal Cappellano ordinario e non devono tenere nel Monastero animali domestici di nessun genere, tranne le gatte necessarie al Monastero. – Dentro la Clausura non possono ammettersi figliole di qualunque età, grado e condizione senza il consenso della Comunità, ma mai i figlioli. – In ogni anno e nei tempi opportuni, nel Monastero, si facciano gli Esercizi Spirituali e in ogni mese il ritiro della buona morte, con la facoltà di potersi confessare con un Confessore Straordinario approvato. – L’Abbadessa e il Vicario locale devono scegliere per inservienti del Monastero quelle zitelle che possiedono abilità e buona fama; le converse non devono portare disturbi alla Comunità e non devono servire. – Se qualche oblata o conversa parla di matrimonio o di cose temporali, o debba o possa contrarre matrimonio, deve subito essere licenziata dalla Clausura. – Alle porte non devono andare che i soli Portari di primo grado, o qualche figlio di fratello, o sorella delle Religiose o Educande. – Le Religiose debbano essere moderate nel far dolci per sola necessità coll’approvazione della Superiora, o quando viene permesso dalla religiosa povertà e dal legittimo Superiore, sempre colla riserba di non omettere mai gli obblighi religiosi, e nelle sole ore dell’ozio. – Le Religiose non devono fare ornamenti in filo o in oro per i secolari e solo dalla Superiora si permetta per qualche parente in primo grado per cose modeste e semplici, non convenendo alle Spose del Signore imbrattarsi le mani nella profanità del Secolo in opposizione alla modestia di Gesù Cristo. – Le Religiose devono osservare le Regole andando al coro, alle ore, a tavola, ed ogni altro prescritto nel loro istituto, come pure devono mantenere sempre la pace, l’unione, la carità, e la dovuta subordinazione. – Infine le porte della Chiesa, il parlatorio e la clausura devono chiudersi alle ore 24 come sempre è stato inculcato nei Decreti della Sacra Visita.
Dalla nota del 18 Maggio 1862 n. 27 apprendiamo che è in costruzione la Sacrestia dentro il recinto del Monastero; che il Monastero è in lite con il Dr D. Michelangelo Motta per la rendita annuale di una soggiogazione; che il Monastero non è riuscito ad esigere le onze cinquanta dovute dal Banco di Palermo; e che, quindi, per continuare i lavori intrapresi, il Monastero delibera di potersi uscire a cambi onze cinquanta. Il 27 Gennaio 1871 Suor Maria Aloisa Curcio, Abbadessa, scrive al Vicario Capitolare della Diocesi di Noto che Per più tempo si solennizzarono nella Chiesa di questo Monastero le sette Domeniche precedenti il dì festivo del Patriarca S. Giuseppe in onore di esso. Tal uso fu interrotto, ora intanto per corrispondere al fervore di tutti i Cattolici, che fanno a gara in dimostrare special culto all’inclito sposo della Vergine Immacolata; perché dichiarato protettore di tutta la Chiesa, è desiderio mio, e di tutta questa Comunità ripigliare l’annua divozione. Quindi mi rivolgo all’E. V. R.ma per implorare l’analoga licenza … Suor Maria Aloisa Curcio Abbadessa. Il primo Febbraio 1871, il Vicario Capitolare della Diocesi di Noto approva la proposta del Monastero di solennizzare nuovamente le sette Domeniche precedenti il giorno festivo di S. Giuseppe nella Chiesa del Monastero. La trascrizione dei documenti riguardanti il Monastero e soprattutto dei verbali registrati dell’elezione delle Abbadesse e delle Vicarie ci permette di elencare quelle che si sono succedute a iniziare dal 1618: Suor Geronima Bonaiuto di Siracusa 1618 Abbadessa – Suor Costanza Danieli di Siracusa 1620 Vicaria – Suor Geronima Bonaiuto 1621 Abbadessa – Suor Diamanta Lombardo 1625 Abbadessa – Suor Domitilla Pipi 1632 Abbadessa – Suor Aleonora Danieli 1634 Abbadessa – Suor Placida Danieli – 1637 Abbadessa – Suor Eufemia Danieli 1654 Abbadessa – Suor Aleonora Danieli 1663 Abbadessa – Suor Aleonora Danieli 1671 Abbadessa -Suor Dorotea Danieli 1674 Abbadessa – Suor Paula Maria Danieli 1678 – Abbadessa – Suor Dorotea Danieli 1679 Abbadessa – Suor Paula Maria Danieli 1682 Abbadessa – Suor Dorotea Danieli 1690-1691 Abbadessa e Vicaria – Suor Francesca Liberto 1691 Vicaria – Suor Maria La Ferla 1712 Vicaria – Suor Maria La Ferla 1714Vicaria – Suor Benedetta di Castro 1717 Vicaria e Abbadessa – Suor Maria La Ferla 1722 Abbadessa – Suor Maria Ignazia Romano 1725 Abbadessa – Suor Anna Maria Infantino 1728 Abbadessa – Suor Benedetta Castro 1731 Abbadessa – Suor Anna Danieli 1738 Abbadessa – Suor Anna Maria Infantino 1739 Abbadessa – Suor Francesca Liberto 1742 Abbadessa – Suor Anna Maria Infantino 1745 Abbadessa – Suor Francesca Liberto 1748 Abbadessa – Suor Anna Maria Infantino – 1751 Abbadessa – Suor Carmela Giliberto 1754 Abbadessa – Suor Francesca Liberto 1757 Abbadessa – Suor Anna Maria Infantino 1760 Abbadessa – Suor Francesca Liberto 1763 Vicaria e Abbadessa – Suor Nunzia d’Amico 1789 Vicaria – Suor Teresa Zocco 1792 Vicaria – Suor Nunzia d’Amico 1795 Abbadessa – Suor Giustina Messina 1798 Abbadessa – Suor Maria Francesca Calendoli 1801 Abbadessa – Suor Giustina Messina 1804 Abbadessa – Suor Teresa Zocco 1807 Abbadessa – Suor Giustina Messina 1812 Abbadessa – Suor Maria Teresa Zocco 1818 Abbadessa – Suor Concetta Maria Messina 1824 Abbadessa – Suor Nunzia Damico 1830 Abbadessa – Suor Teresa Zocco 1830 Abbadessa – Suor Maria Concetta Messina 1833 Abbadessa – Suor Vincenza Calendoli 1836 Abbadessa – Suor Maria Concetta Messina 1846 Abbadessa – Suor Maria Francesca Calendoli 1852 Abbadessa – Suor Maria Concetta Messina 1855 Abbadessa – Suor Maria Concetta Messina 1859 Abbadessa – Suor Maria Angela Messina 1860 Abbadessa – Suor Maria Luisa Curcio 1863 Abbadessa – Suor Maria Sebastiana Calendoli 1866 Abbadessa – Suor Maria Luisa Curcio 1869 Abbadessa – Suor Maria Luisa Curcio 1871 Abbadessa – Suor Maria Luisa Curcio 1875 Abbadessa.
Sulla 1ª Chiesa di S. Paolo e sul Convento del RR. Padri Domenicani
Il giorno 2 Settembre 1625 compaiono nella Corte Vicariale di Palazzolo Mastro Francesco e Diego de Mauro, padre e figlio, fabbricatori della Terra di Ferla, ed espongono che i Procuratori della Chiesa di S. Paolo hanno appaltato la costruzione di alcune Cappelle in questa Chiesa al Mastro Pietro di Maria per il prezzo a staglio di onze duecento sette; essi si contentano e offrono di voler fabbricare e terminare queste Cappelle, eseguendo i lavori secondo il disegno depositato presso il Notaio Paolo Vacanti, rilasciando per beneficio e per devozione che hanno verso la Chiesa onze quindici. Il giorno successivo, 3 Settembre, questa dichiarazione viene notificata ai Procuratori della Confraternita della Chiesa di S. Paolo.
L’Archivio Storico della Chiesa di S. Paolo conserva una copia manoscritta, molto rovinata, dell’atto notarile stipulato il 26 Giugno 1627 presso gli atti del Not. Paolo Buggiuffo dai Procuratori, Rettori, Economi e Confrati devoti della Chiesa e Confraternita di S. Paolo Apostolo per fondare, erigere e fare il Convento di S. Domenico dell’Ordine dei Predicatori, godere e usufruire delle indulgenze, delle grazie, dei privilegi, delle esenzioni e benefici della Religione e della Società del SS.mo Rosario della Gloriosissima Madre Maria, e della Società del SS.mo Nome di Gesù e usufruire dei meriti, delle preghiere, delle penitenze, dei sacrifici e delle opere della Santa Religione di S. Domenico al fine di accrescere la devozione verso la Chiesa e la Confraternita di S. Paolo; così i suddetti Procuratori, Rettori, Economi e Confrati devoti decidono, liberamente e spontaneamente, di concedere e donare alla Religione di S. Domenico la Chiesa e la Confraternita insieme con tutti i giogali, gli ornamenti, gli indumenti, i palii, le campane, i beni mobili e stabili, le rendite, i diritti censuali, diritti, azioni, interessi, comunque spettanti e pertinenti alla Chiesa e Confraternita di S. Paolo Apostolo.
In contraccambio i Frati Domenicani si impegnano e si obbligano a rispettare i seguenti patti:- celebrare o far celebrare tutte le S. Messe fondate nella Chiesa di S. Paolo; seppellire i cadaveri dei Confrati in questa Chiesa e suonare le campane senza elemosina, e una volta l’anno celebrare una messa cantata di requie eterna con responsorio Libera me Domine de morte eterna e con il Salmo de Profundis sopra la fossa della Confraternita per l’anima dei Confrati defunti; predicare in questa Chiesa in ogni Domenica dopo i Vespri e mantenere un Lettore; permettere ai Procuratori e Confrati di organizzare e solennizzare le Feste di S. Paolo Apostolo nei mesi di Gennaio e di Giugno cum sonis, et musicis, campanarum, tubicinarum, pifararum, et aliorum instrumentorum, [sperare] maschi, fare quanto ci parerà bene alli detti Procuratori, e Confrati di d.a Confratia p. la celebrazione di d.e feste pro celebratione, et aliis necessariis d. Confratres Confraternitatis colligere, et recolligere elemosinam tam in d.a Eccl.a, quam extra, et tam in [aeris] recolligere cuslt anni, p. qualibet ebdommoda in hac Terra colligere panem ut moris est; permettere ai Procuratori e Confrati di utilizzare una Sacrestia separata, dove possono riunirsi per svolgere le loro assemblee; permettere ai Procuratori e Confrati di poter fabbricare nella Chiesa una nuova fossa per seppellirvi i Confrati della Confraternita, fossa dove i Frati Domenicani non possono seppellirvi morti senza la licenza e la volontà dei Procuratori; tradere, et assignare congreg.ni, et congregatis erigendæ in d.o Conventu sub tit.o SS.mi Rosarii, et SS.mi Nominis Jesu unum Patrem pro faciendis sermonibus, et exorationibus in d. Congregat.bus; permettere ai Procuratori di tenere una chiave delle reliquie della Chiesa, una seconda chiave sarà tenuta dal Priore del Convento e una terza dai Giurati; i Procuratori, il Priore e un Giurato devono aprire con le loro chiavi dove saranno serrate le reliquie, e uscirle per metterle sopra la vara di S. Paolo; mantenere nel Convento la presenza di dodici Frati dell’ordine di S. Domenico.
Non sono passati nemmeno cinque anni che già l’8 Gennaio 1632 i Confrati di S. Paolo decidono di fabbricare una nuova Chiesa di S. Paolo Apostolo e chiedono ai Frati Domenicani la restituzione della figura del Santo e la Campana grande. Nell’ingiunzione del 14 Settembre 1633 la Chiesa di S. Paolo è ancora annessa al Convento di S. Domenico, il cui Vicario è il Padre Lettore Frate Vincenzo Scata, che si presenta come cessionario di Suor Maria Parisi, e sotto questo nome fa intimare al Sac. D. Giuseppe Caligiore a trattenere in suo potere le onze sette dovute a Donna Vincenza Alagona e Scata, come gabelloto della vigna posta in contrada Piano della Corte nel Territorio di Palazzolo, vigna ingabellata e affittata da Donna Vincenza Alagona al Sac. Caligiore, sotto la pena di pagarle di proprio nel pregiudizio generato al Padre Lettore Vicario Fra Vincenzo Scata nel nome di cessionario. Il documento è parzialmente illeggibile, tuttavia le incertezze dipendono anche dal contesto, che non specifica a che titolo si ha questa cessione, infatti vi è genericamente scritto per la causa in essa contenta, così non è evidente se la cessione è stata fatta nel nome di Vicario del Convento o a nome proprio: sembra più plausibile che sia avvenuta nel primo caso, cioè nel nome di Vicario del Convento di S. Domenico.
Con le Lettere Diocesane del 21 Novembre 1636 registrate agli atti della Corte Vicariale il 12 Dicembre 1636, a Fra Matteo Pisano monaco converso dell’Ordine dei Predicatori di S. Domenico viene concessa la licenza di poter fare, due mesi prima della sua professione, la libera rinuncia, conforme alle disposizioni del Sacro Concilio di Trento e dei Sacri Canoni. Nella Cedula Secundi Decreti del 25 Agosto 1644 sono presenti il Decano della Chiesa Cattedrale di Siracusa e Giudice Conservatore del Convento di S. Domenico della Terra di Palazzolo S. T. D. D. Nicola Corso, il Rev.do Padre Giacinto de Buxema Vicario Priore, e Fra Clemente de Cicardo Procuratore del Convento di S. Domenico, come terzi possessori di un viridario sito nel Territorio di Buscemi e in contrada S. Calogero. Nell’atto registrato il giorno 8 Ottobre 1647 è presente Geronimo Scarso curatore del Convento di S. Domenico. Il giorno 8 Luglio 1648 viene registrata agli atti della Corte Vicariale un’ingiunzione al Molto Rev.do Padre Fra Jacinto Buscemi a petizione ed istanza del Rev. Padre Fra Domenico Infantino, che chiede di far dichiarare nulla la sua professione fatta nella Religione Domenicana, di abbandonare l’abito di S. Domenico e di indossare l’abito sacerdotale di S. Pietro: il 30 Agosto viene registrata agli atti la sua licenza del 25 Agosto di celebrare la S. Messa come Sacerdote. Il 9 Settembre 1653 è Procuratore del Convento il Rev. Padre Domenico D’Oddo dell’Ordine di S. Domenico. Il 6 Marzo 1654 abbiamo un’istanza dei Procuratori della Chiesa della SS.ma Annunziata di poter celebrare la festa di S. Tommaso d’Aquino nel Convento di S. Domenico in quanto la loro Chiesa della SS.ma Annunziata è inagibile a causa dell’apertura di una parete per un nubifragio. Il 29 Aprile 1654 il Rev. Padre Fra Giacinto de Buxema è Vicario del Convento di S. Domenico, e il Rev. Padre Fra Domenico D’Oddo svolge la mansioni di Procuratore del Convento; ciò si nota nelle Lettere Diocesane per la causa vertente tra il Sac. D. Paolo Bonaiuto, attore da una parte, che chiede di essere ammesso al beneficio del Capitolo Odoardo contro i Padri Domenicani e altre persone, convenuti dall’altra parte. Il 4 Gennaio 1656 è Procuratore del Convento di S. Domenico il Rev. Padre Fra Tommaso Meli. Il giorno 8 aprile 1656 viene citata la Chiesa un tempo di S. Paolo come esistente nel Convento di S. Domenico, ma la Chiesa non è ancora intitolata a S. Domenico.
Il 17 Febbraio 1665 viene registrata agli atti la licenza concessa al Rev. Padre Lettore Daniele Constanzo di predicare nella Chiesa Madre la parola di Dio durante la Quaresima. Il 5 Maggio 1665 vengono registrate agli atti le Lettere Diocesana emanate il 24 Aprile per la Conferma della Cappellania nella Cappella ed Altare dei Tre Re, dentro la Chiesa Madre, al Chierico D. Rosario Mortillaro, dopo la rinuncia a questa Cappellania da parte del Diacono Don Giuseppe Maria Marino, ammesso alla Religione del Patriarca S. Domenico, e dopo la morte del fratello di questi, il Chierico D. Silverio Maurizio Marino. Il 16 Ottobre 1699 abbiamo registrata una fideiussione a favore del Convento di S. Domenico per una causa vertente contro gli eredi del fu Joseph Miano, in virtù delle Lettere del Rev.mo Sig. Dr D. Mario Bonifacio Giudice conservatore del Convento di S. Domenico per il sequestro del mosto delle vigne di contrada Poi ad istanza degli eredi Miano. Il 4 Marzo 1710 vengono registrate le Lettere Diocesane per la licenza concessa al Rev. Padre Fra Domenico Mariano Lentini domenicano, per predicare durante la Quaresima dal pulpito della Chiesa Madre.
Il giorno 8 Giugno 1714 vengono registrate le Lettere della Regia Monarchia di manutenzione di possessione ottenute ad istanza del Padre Priore del Convento di S. Domenico sulla quiete e pacifica possessione della Processione del Corpus Domini nella Domenica infra ottava del Corpus Cristi: si legge in queste Lettere che il Convento svolge questa Processione la Domenica mattina per lasciare libero il dopo pranzo al Rev.do Parroco di svolgere la sua processione. Alla processione della Domenica mattina partecipano le Compagnie, il Clero e altre persone con percorrere le strade ed entrare nelle Chiese solite, con far trovare queste Chiese con i soliti apparati e gli altari ornati di rame e cera, come si è osservato da un tempo immemorabile. Il 30 Luglio 1723 viene registrata una Fede degli Ecclesiastici per testimoniare quali funzioni si fanno dai Rev. Padri Domenicani di Palazzolo. Il Clero di Palazzolo, il Parroco e il Vicario Foraneo sottoscrivono questa Fede, dichiarando che giammai il Convento di S. Domenico ha svolto Processioni durante le feste solenni e altre funzioni fuori della loro Chiesa.
– Son soliti svolgere la Processione del SS.mo Nome di Gesù in ogni prima e seconda Domenica di mese, dopo pranzo, uscendo dalla loro Chiesa e facendo un breve giro nella piazza pubblica collaterale col muro della Chiesa. – Nelle esequie dei defunti, di regola, la processione esce d’una porta della Chiesa ed entra dall’altra senza allontanarsi dal muro della Chiesa, quasi toccando questo muro. – Come pure son soliti fare la processione del SS.mo Sacramento nella Domenica mattina infra l’ottava e della solennità del SS.mo Corpo di Cristo, per le solite strade assegnate. – Essendo la loro Chiesa posta poco distante della Chiesa Madre, i Rev.di Padri Domenicani corrispondono suonando la loro campana al suono della campana della Chiesa Madre, nel segno della Salutazione Angelica, nell’Aurora, nel Mezzogiorno e nella sera. – Infine i Rev.di Padri Domenicani sono soliti intervenire nelle solite solennità e nelle feste della Chiesa Madre, o per obbligo, o per invito. – In occasione dell’associo dei cadaveri, escono dal loro Convento con la Croce e il Vessillo involto e inalberano la loro Croce quando arrivano nel luogo da dove escono queste processioni e dalle case dei cadaveri; dopo, ritornati nelle Chiese da dove è uscita la Processione o dove si è sepolto il cadavere, di nuovo avvolgono la loro Croce, come si è osservato e si osserva dal Convento dei Padri Minori Osservanti, da un tempo immemorabile.
Il 6 Ottobre 1725 vengono registrate le Lettere Diocesane emanate il 15 Giugno 1725 ad istanza del Rev.do Padre Priore del Venerabile Convento di S. Domenico per concedere ai Rev. Padri Predicatori Domenicani di Palazzolo la licenza di fare la Processione dell’Immagine di Nostra Signora del Rosario per quelle strade più decenti e convenienti. Il 6 Ottobre 1725 viene registrata la Dichiarazione di D. Simone Ciranna, arbitro ed esperto, a favore del Convento di S. Domenico contro il Sac. D. Ignazio La Pira per la causa vertente tra loro per alcune pertinenze comuni a due luoghi di terre siti nel feudo di S. Lucia e in contrada Saraceni, uno appartenente al Convento e l’altro al Sac. La Pira: il Ciranna dichiara di essersi recato in quei luoghi e di averli ben visti e rivisti e afferma che la cripta e la posta delle api appartengono al Convento dei Padri Predicatori, mentre l’albero di quercia esistente nel muro della mandria è comune al luogo dei Padri Domenicani e al luogo del Sac. La Pira. Il 9 Marzo 1743 vengono registrate le Lettere Diocesane di risposta alla Nota di rinuncia del 3 Marzo dei Rev. Padri Domenicani della loro facoltà di confessare. Il 3 Marzo si erano presentati dinnanzi al Vicario Foraneo il Rev. Padre Fra Agostino Lali dell’Ordine dei Padri Predicatori della Famiglia del Convento di Palazzolo e Fra Vincenzo Vasques, Converso del Convento, riferendo che il Rev. Padre Priore Fra Francesco Maria Buscarelli in mattinata aveva dato precetto ai Padri Sacerdoti Confessori di questa Famiglia che non dovevano più confessare, perché, essendo ammorbati, avrebbero potuto ammorbare gli altri. Il Vicario osservava che non poteva ricevere questa rinunzia, che avrebbe dovuto essere presentata al Vescovo, pertanto lo stesso Vicario gliela inviava per gli opportuni provvedimenti, e aggiungeva che per gli ammorbati era necessario il fuoco per purificarsi. La risposta del Vescovo è altrettanto ironica perché egli, accettando tale rinunzia, precisa che non ricorda di aver mai concesso tale facoltà di confessare ai Padri Domenicani. Di ciò viene data notizia ai Rev.di Padri Fra Francesco Maria Buscarelli, Fra Sebastiano Lisei e Fra Agostino Lali della Famiglia del Convento di S. Domenico di Palazzolo.
Il 30 Agosto 1747 vengono registrate ad istanza del Rev. P. G. Fra Sebastiano Lisei le Lettere scritte dal Mag. Vicario Generale della Provincia Fra Joseph M.a Pizzuto e indirizzate allo stesso Rev. P. G. Priore Fra Sebastiano Lisei dell’Ordine dei Predicatori per farsi l’inventario dei beni del defunto Rev. Padre Predicatore Fra Francesco Buscarelli di Palazzolo, affinché non s’alieni nulla, ma tutto si rimetta in denaro da destinarsi alla fabrica della Chiesa e riparo del Convento di Palazzolo.
Sugli Osservanti e sulla Chiesa di S. Antonino
Il giorno 6 Giugno 1599 viene registrata agli atti della Corte Vicariale una parte del solenne testamento del defunto Don Matteo de Lucchese, Barone di Palazzolo, aperto e pubblicato il 28 Aprile 1572 e tra gli altri capitoli si legge che il testatore legò alla fabbrica del Convento di Santa Maria di Gesu onze 50 da pagare una sola volta per completare il dormitorio per il comodo dei Frati. Il giorno 4 Novembre 1614 viene registrata una fideiussione pro Angela Failla, moglie di Joseph Failla, che deve tenere la sua casa nel quartiere di S. Antonino per carcere; la Chiesa di S. Antonino, la cui esistenza è documentata da una seria di bandi del 1621, sarà successivamente utilizzata dai Frati Minori Osservanti; il 31 Gennaio 1621 viene registrato il primo di questa serie di bandi ad istanza dei Procuratori della Chiesa di S. Antonino per subastare un pezzo di terre posto in contrada di Cugno d’Inzermo o Cugnarelli e il giorno 8 Febbraio viene registrata la relazione del Vicario D. Pietro Callari ottenuta, sempre ad istanza dei Procuratori della Chiesa di S. Antonino, per valutarsi questo pezzo di terre, relazione che contiene anche quella degli esperti D. Pietro Burtuni e D. Jacobo Logallo che valutano il pezzo di terre onze 6.15 e stimano che si può dare ad enfiteusi per una rendita annuale di tt. 14.15.
Un’ingiunzione, registrata il 3 Settembre 1625, viene fatta a Salvatore La Ferra di Palazzolo per far passare l’acqua al suo solito luogo lungo il confine dell’orto che la Chiesa di S. Antonino possiede e che è stato concesso ad enfiteusi a Paolo Mita. Un’altra ingiunzione, registrata il 9 Febbraio 1626, viene fatta a Giuseppe Matarazo sulle istanze di Iac. di Buxema, procuratore del Convento di S.ta Maria di Giesu e legatario in onze ventidue del defunto Mario Laferra alias Marturino in virtù del suo testamento, per trattenere impedite e sequestrate queste onze ventidue dal prezzo del bestiame e massaria vendutigli da M.ro Vincenzo Laferra alias Marturino come erede universale del defunto Mario Laferra, onze ventidue che Mario Laferra lasciò al Convento e precisamente onze venti per celebrazione di S. Messe e onze due per mali oblati incerti.
Il 15 Dicembre 1631 viene consegnata al Chierico D. Matteo Catalano, come erede universale del defunto D. Geronimo Matteo Catalano, suo zio, in virtù del testamento e del codicillo fatti presso il Not. Santoro Egidio di Siracusa i giorni 26 e 27 Settembre 1627, un’ingiunzione di pagare entro il termine di quattro giorni al Rev. D. Pietro Callari delegato di Monsig. Vescovo il resto della ragione della quarta toccante alla Mensa Vescovile della somma di onze trecento quaranta e tari quindici dei legati pii lasciati dal defunto D. Geronimo; fanno parte di questi legati le onze trenta lasciate alla Cappella del Testatore nella Chiesa del Convento di S.ta Maria di Jesu, cioè onze quindici per conzi e ripari, e onze quindici per le spese occorrenti per ottenere dalla Sede Apostolica la proroga della concessione dell’altare privilegiato di questa Cappella; inoltre altre onze dodici del prezzo dell’orto lasciato all’Infermeria del Convento e altre onze tre lasciate al Convento.
Il 9 Giugno 1632 viene registrata agli atti la nomina del Rev. Padre Fra Felice da Sortino Minore Osservante dei Cappuccini di predicare nell’ottava del SS.mo Sacramento nella Chiesa Madre di Palazzolo. Il 16 Febbraio 1633, sulle istanze del Chierico D. Matteo Catalano, viene notificata un’ingiunzione al Padre Fra Antonino di Vizzini, Guardiano del Convento di S.ta Maria di Gesu, al Padre Fra Pietro di Palazzolo, Vicario del Convento, al Padre Fra Blasi della Ferla, al Padre Fra Augustino di Palazzolo, al Padre Fra Bartolomeo di Vizzini, al Padre Fra Giovanni Battista di Vizzini, al Padre Fra Giacomo di Palazzolo, e a tutti gli altri della Famiglia del Convento, affinché entro tre giorni debbano abbattere il muro da loro fatto costruire dinnanzi alla Cappella della Famiglia Catalano, esistente nella Chiesa del Convento e di rimetterci i quadri, ossia le icone, che c’erano prima.
Il 20 Giugno 1638 al suono della campana, more solito, la maggior parte dei fratelli e dei devoti della Chiesa di S. Antonino elegge i Procuratori D. Nicola de Buxema, D. Joseph Caligiore e Antonino Rossitto. Il 25 Maggio 1639, sulle istanze del Padre Fra Bartolomeo di Vizzini dell’Ordine dei Minori Osservanti sotto titolo di S.ta Maria di Gesu, viene notificata un’ingiunzione al Padre Guardiano del Convento dei Minori Osservanti di comparire personalmente, o tramite persona che lo rappresenti, innanzi alla Gran Corte Vescovile Siracusana Sede Vacante per la causa di nullità di professione di Fra Bartolomeo. Il 21 Luglio 1640 vengono registrate le Lettere Diocesane, emanate in Siracusa l’11 Giugno 1640 ad istanza del Padre Guardiano del Convento di S.ta Maria di Gesu di S. Francesco dei Minori Osservanti, Lettere che concedono la licenza di esporre in ogni prima Domenica del mese il SS.mo Sacramento con quella venerazione e decenza che si conviene e con almeno dodici lumi sopra l’altare, e di svolgere la processione all’interno della Chiesa.
Il 20 Ottobre 1640 viene registrata una fideiussione pro Didaca Riczarella, che le concede di essere carcerata nella casa della sua solita abitazione esistente nel quartiere di Sant’Antonino nelle vicinanze dell’Infermeria dei Frati di S.ta Maria de Jesu. Il giorno 8 Gennaio 1644 vengono eletti i procuratori della Chiesa di S. Antonino Sac. D. Placido Milluzzo, Sac. D. Antonio Pricone, Cl. D. Antonino Pandolfo e M.ro Francesco Tanasi. Il giorno 21 Febbraio 1649 vengono eletti i procuratori della Chiesa di S. Antonino Sac. D. Antonio Pricone, Cl. D. Antonino Pandolfo e M.ro Stefano Zuppello e Mario Blandi. Il giorno 2 Aprile 1651 viene registrato agli atti della Corte Vicariale il Privilegio a favore della Chiesa di Sant’Antonino, dato in Siracusa il primo Aprile 1651. I Rettori e i Procuratori della Chiesa di S. Antonio di Padova concedono la loro Chiesa ai Rev. Padri Minori Osservanti di S. Francesco nelle persone di Padre Fra Marcello da Palazzolo Guardiano del Convento e del Sac. D. Mariano Fiducia Sindaco Apostolico del Convento. Questa Chiesa è sita vicino all’Ospizio e Infermeria del Convento ed è affidata ai Rev.di Padri Minori Osservanti, affinché possano mantenerla, con devozione e venerazione, e possano aumentare il culto e l’utilità delle anime, affinché gli abitanti di questa Terra traggano vantaggi dalla celebrazione delle Sante Messe e degli Offici Divini, dalle altre opere pie e dagli esercizi e funzioni spirituali. Ai Frati della Religione dei Minori Osservanti è concessa la licenza di commorare nella Chiesa di S. Antonio di Padova.
Lo stesso giorno 2 Aprile 1651 vengono registrati:
l’atto di possessione della Chiesa di S. Antonio di Padova a favore del Padre Fra Marcello da Palazzolo, che fu indotto, posto e immesso nella vera, reale, attuale, libera ed espedita possessione della Chiesa di S. Antonio di Padova, tanto vecchia, quanto nuovamente edificata, esistente nel quartiere di S. Michele o di S. Antonino, confinante con le case di Battista de Martino alias Santo Jacobo, con la Gangia o Infermeria del Convento, con le strade pubbliche ed altri confini; e il memoriale per la Chiesa di Sant’Antonino, presentato al Vescovo di Siracusa dal Rev.do Padre Fra Marcello di Palazzolo Guardiano del Convento dei Minori Osservanti di S. Francesco e dal Rev.do Sac. Don Mariano Fiducia Commissario del Santo Officio e Sindaco Apostolico del Convento; in questo memoriale è scritto che, essendo stata concessa e data la Chiesa di Sant’Antonino agli esponenti con tutti i giogali, gli ornamenti, vestimenti, campane e tutti i beni mobili e stabili, introiti, proventi, rendite, ragioni censuali, e altri diritti spettanti e pertinenti alla Chiesa, tanto passati, presenti e futuri, quanto in virtù di contratti pubblici o privati, per celebrarvi le Sante Messe e reggerla e mantenerla per servizio del Signore e di Sant’Antonino, e poiché non possono riceverla senza la licenza e la benedizione del Vescovo, supplicano il Vescovo affinché voglia concedere la sua benedizione e la sua licenza. Il primo Aprile 1651 viene concessa questa licenza con la clausola, salvi sempre i diritti di visita e della soluzione di due libbre di cera bianca in ogni anno per la festa di S. Antonio di Padova in riconoscimento della Mensa Episcopale.
Il 5 Giugno 1651 viene registrato l’Atto della licenza a favore della Chiesa di Sant’Antonino, secondo il quale, in virtù del mandato e della licenza ottenuti da Monsignor Vescovo, ad istanza del Rev. Padre Fra Marcello da Palazzolo Guardiano del Convento di S.ta Maria di Gesù, e dati oretenus al Vicario Foraneo, il Molto Reverendo U. J. D. Don Giovanni Pietro Cataldo Beneficiato e Vicario della Terra di Palazzolo ordina e permette che Domenica 11 Giugno 1651 si possa fare la processione con l’intervento del Clero, dei Padri dei Conventi, delle Confraternite, e di altre persone, con tutte le solennità necessarie per trasferirsi l’immagine del Glorioso S. Antonio di Padova, che si conserva nella Chiesa del Convento, nella nuova Chiesa di S. Antonio di Padova, concessa da Monsignor Vescovo con privilegio del primo Aprile 1651.
Il 20 Dicembre 1651 viene registrata agli atti la Proroga di poter confessare, concessa per un altro anno ai Padri Confessori dell’Ordine dei Minori Osservanti, nel Convento del loro Ordine, Confessori approvati con la Nota dei Confessori Regolari da Monsignor Vescovo di Siracusa in corso di Sacra Visita nella Terra di Palazzolo il giorno 24 Marzo 1651: Pr. fr. Marcello da Palazzolo dell’Ordine dei Minori Osservanti Guardiano; Pr. fr. Ludovico da Palazzolo dell’Ordine dei Minori Osservanti, Pr. fr. Jo. Maria da Palazzolo dell’Ordine dei Minori Osservanti e Pr. fr. Joseph da Ferla dell’Ordine dei Minori Osservanti.
Il 25 Giugno 1653 su mandato del Rev. Vicario U. J. D. D. Filippo Ferranti viene intimato al Sac. D. Sebastiano di Liberto a depositare presso il Tesoriere del Santissimo Sacramento onze 40 per il Convento dei Padri di Santa Maria di Gesu. Il 12 Dicembre 1689 viene registrata agli atti un’esecuzione contro il Sac. D. Mario Corritore di pagare entro quindici giorni onze 5 e tari 15 dovute a favore del Convento di Santa Maria di Gesu. Il giorno 8 Marzo 1707 viene registrata la licenza concessa al R.do Padre Fra Silvestro di Siracusa dell’Ordine dei Minori Osservanti Riformati di predicare durante la Quaresima nella Chiesa Madre di Palazzolo.
Il 9 Giugno 1740 vengono registrate le Lettere Diocesane per farsi la processione della Statua di S. Antonio di Padova, ottenute ad istanza del Rev. Padre Guardiano dei Minori Osservanti di S. Francesco della Terra di Palazzolo. Si apprende che questa processione si svolgeva già prima del Terremoto del 1693 con l’intervento del Clero Secolare e Regolare; processione che viene richiesta per l’aumentata devozione del Popolo Palazzolese verso Sant’Antonino. Viene concessa questa processione a patto che risulti vera che si svolgeva nel passato senza pregiudizio del Rev. Parroco o di altre Chiese, col consenso e l’intervento del Rev. Parroco e del Clero Secolare e Regolare, se sarà invitato, e delle Confraternite se pure saranno invitate; il Vicario deve designare le strade più decenti e deve fare osservare tutto ciò che prescrive il Sinodo.
Il 10 Giugno 1742 viene registrato un Memoriale dei Procuratori della Chiesa di S. Paolo Apostolo contro la Processione di S. Antonio di Padova dei Padri Minori Osservanti. Questo Memoriale è inviato al Vescovo di Siracusa perché i Padri Minori Osservanti vogliono introdurre una novità che è propria della processione di S. Paolo Apostolo: hanno preparato una sontuosa Vara di legno (Bara nel testo originale), sulla quale collocheranno la Statua del Glorioso Sant’Antonino, ma assieme alla statua saranno posti i figlioli crepati, li quali miracolosamente sono restati sani; una tale novità che pretendono introdurre i Padri Minori Osservanti è di pregiudizio al Glorioso S. Paolo Apostolo, Patrono Principale di Palazzolo, cui spetta esclusivamente la Processione con i figlioli sopra la Bara, tradizione praticata in tutto il Regno solo per i Santi Patroni Principali.
Il Memoriale ci dà notizie anche sullo svolgimento della processione della Statua di Sant’Antonino, infatti i Rettori e Procuratori della Chiesa di S. Paolo Apostolo ci fanno sapere che questa processione, che si svolge da due anni per tutta la città di Palazzolo, è una processione frivola per la partecipazione di una quantità di figliole e con il solo intervento del Clero Regolare.
Il 2 Dicembre 1745 viene registrato agli atti il permesso, datato 26 Novembre 1745, di poter solennizzare la festa dell’Immacolata Concezione ad istanza del Padre Guardiano dei Minori Osservanti di S. Francesco. I Padri Minori Osservanti ottengono di poter solennizzare nella Chiesa del loro Venerabile Convento in quell’anno la festa dell’Immacolata Concezione il giorno 8 Dicembre con la nuova Processione della sua Sagra Immagine seu Statua per le strade più decenti e solite col consenso del Parroco e senza intevento e suono di tamburri, conche prima dell’hore 24 sud.ta Process.ne sia affatto terminata; si concede anche che, in caso di qualche accidente, sud.ta Processione si possa trasferire in altro giorno infra l’ottava. Da una Nota registrata il 21 Aprile 1748 apprendiamo che si era rifugiato nel Convento dei Padri Minori Osservanti della Terra di Palazzolo Francesco Pantano e che in quel giorno 21 Aprile fu consegnato dal Rev. Padre Filippo da Palazzolo Guardiano del Convento allo Spett.le D. Giacinto Ruiz de Castro, Capitano di Giustizia della Terra di Palazzolo, in presenza del Vicario Sac. D. Pasquale Lombardo, in qualità di Delegato dell’Ill.mo e Rev.mo Giudice del Tribunale della Regia Monarchia e Apostolica Legazia, per essere carcerato nelle pubbliche carceri della Terra di Palazzolo.
Il 10 Giugno 1755 vengono registrate le Lettere Diocesane per la processione di S. Antonio di Padova. Il Guardiano dei Padri Minori Osservanti di S. Francesco espone al Vescovo di Siracusa che nel passato si soleva fare la processione di S. Antonio di Padova il 13 Giugno, ma nell’anno 1755 questo giorno è un giorno feriale di lavoro, pertanto i Rev. Padri Minori Osservanti desiderano fare la processione nella Domenica infra ottava della festa del Santo. Viene concessa la licenza di poter svolgere questa processione nella Domenica infra ottava, con le solite indicazioni: che il Parroco non esprima il suo parere contrario, che non sia di pregiudizio alle solennità delle altre Chiese, che la processione della Sagra Immagine si svolga per le strade solite e consuete, tutto si svolga senza apportarvi novità alcuna, con la partecipazione del Clero Secolare e Regolare, e che alle ore ventiquattro tutte le funzioni siano terminate.
Il 4 Dicembre 1755 vengono registrate le Lettere Diocesane per farsi la processione dell’Immacolata Concezione. Il Rev. Padre Guardiano dei Minori Osservanti di S. Francesco supplica il Vescovo di poter solennizzare nella sua Chiesa la festa dell’Immacolata Concezione, con la processione del suo Simulacro, facendosi il tutto come negli anni passati senza alcuna novità. Come ormai è consuetudine, tutte le funzioni devono terminare entro le ore ventiquattro. Il 28 Dicembre 1784 viene registrata la licenza di predicare in occasione del quarantore del Terremoto del 1693 nella Chiesa Madre al Padre Giovanni Antonio di Palazzolo Minore Osservante e al Padre Tommaso di Palazzolo Cappuccino. A questi due Regolari verrà ancora concessa la licenza di predicare in occasione del quarantore del Terremoto nell’anno successivo 1785. Mentre, in occasione del quarantore del Terremoto, nel 1786 sarà chiamato a predicare nella Chiesa Madre oltre al Padre Giovanni Antonio di Palazzolo Minore Osservante e al Padre Tommaso da Palazzolo Cappuccino, anche il Padre Lettore Vincenzo Pannuzzo Domenicano; nello stesso anno, nella Chiesa Madre, in occasione dell’esposizione del SS.mo Sacramento per il quarantore delle Settimana Santa e per il quarantore del Terremoto dell’anno successivo vengono chiamati a predicare sempre gli stessi Padre Vincenzo Pannuzzo Domenicano, Padre Giovanni Antonio di Palazzolo Osservante e Padre Tommaso di Palazzolo Cappuccino.
Il 5 Giugno 1834 vengono registrate le Lettere Diocesane per la erezione della Via Crucis nella Chiesa del Convento dei Padri Cappuccini di Palazzolo, sulle istanze del Rev. Padre Lettore Gerolamo da Palazzolo, Guardiano del Convento dei Cappuccini. Da queste Lettere apprendiamo che la Via Crucis viene eretta in conseguenza di un Rescritto Pontificio e col consenso e l’approvazione del Rev.mo Superiore Generale dell’Ordine Serafico dei Padri Osservanti: e, quindi, è il Guardiano del Convento dei Padri Minori Osservanti di Palazzolo il Rev. Padre Fra Domenico da Palazzolo con l’assistenza di Fra Carmelo da Palazzolo Deffinitore e di Fra Francesco da Mazzarino Minore Osservante a istituire il 20 Maggio 1834 e ad eseguire l’erezione della Via Crucis nella Chiesa di S. Francesco dei Padri Cappuccini, giusta il permesso del Rev.mo Padre Gaetano da Spaccaforno e il consenso del Vescovo di Siracusa Monsignor Joseph Maria Amorelli.
In realtà questa erezione è più complessa di quanto appare da queste Lettere Diocesane: il Rev. Padre Fra Giacinto Maria Farina nella sua Selva (1869) ci tramanda l’iter tormentato e anche contrastato di questa erezione; erezione che alla fine verrà attuata per un ordine tassativo imposto dal Provinciale agli Osservanti di Palazzolo di procedere all’erezione della Via Crucis. A pag. 125 di questa Selva è scritto: Trovandosi l’arcivescovo Amorelli in Palaz.o a causa della S. Visita ospite nel Convento degli Osservanti un giorno chiamossi il Pre Guardiano, e Rev. Carmelo, e li esortò a mettere finalmente le Stazioni della S. Via Crucis ne’ Capni. Risposero: neppure se le vengano tagliate le mani. Monsignore sdegnossi oltremodo a tal risposta, affrettò la pertura da Palaz.o e sospese tutti i padri di confessare, e di celebrare nelle chiese di sua pertinenza, e tosto partì per Buscemi. I monaci restarono trasecolati a quell’atto dell’Arcivescovo, e prestamente spedirono serio sul loro Prole, il quale inteso il tutto, comandò l’erezione delle Stazioni in discorso asseconda il privilegio, e volle che dessero soddisfazione a Monsignore. Nel 1834 a notte avanzata privatamente vennero i PP. Osservanti, ed eressero le Stazioni ritualmente: mentre se ne sparse la voce nelle case vicine, si aprirono le porte della Chiesa, ed essa tosto fu piena di gente, che servirono di testimonii per la veracità del fatto e per lo strumento che lasciossi.
Sull’Abate di S. Lucia di Mendola e sull’Abate di S. Maria dell’Arco
Anche se territorialmente la Chiesa di S. Lucia di Mendola appartiene a Noto, tuttavia sembra che, soprattutto per la distanza, su di essa intervengono spesso il Vicario e il Parroco di Palazzolo. Agli atti della Corte Vicariale di Palazzolo sono registrati documenti che riguardano l’Abazia di S. Lucia e Geminiano e l’Abazia di S. Maria dell’Arco.
Col primo documento, registrato il 26 Giugno 1633, apprendiamo che ignoti hanno occupato e occultato beni mobili e stabili, scritture pubbliche e private, denari d’oro, d’argento, oggetti di ferro, di legno, vino, olio, orzo, frumento, legumi, tessuti di lana, di lino, di seta, stoviglie; si tratta di un furto di enormi proporzioni di beni della Chiesa seu Cappella di S. Lucia. L’Abate di S. Lucia e Geminiano ha fatto istanza al Vescovo di Siracusa, che emana lettere monitorie contro i trasgressori, lanciando contro coloro che hanno occupato e occultato o sanno, la scomunica se entro dodici giorni, in un primo Monitorio, ed entro sei giorni successivamente non restituiranno o riveleranno quanto è di loro conoscenza. Dal secondo documento, registrato il 17 Luglio 1633, sappiamo che trascorsi i sei giorni nessuno si presenta alla Corte Vicariale di Palazzolo, così il Vicario U. J. D. D. Giovanni Pietro Cataldo può fulminare la scomunica contro gli ignoti trasgressori. Il terzo documento è un’ingiunzione contro il Sac. D. Francesco Caligiore, datata 30 Luglio 1648, ad istanza del Sac. D. Pietro Callari Maggiore, Vicario della Chiesa e Abazia di S. Lucia di Noto. Il Sac. Caligiore in qualità di ex Cappellano di questa Chiesa deve consegnare entro due giorni il Calice con la sua patena, gli altaretti, i candelieri, i lamperi, le campane, le tovaglie, i camici, cioè tutta la roba della Chiesa di S. Lucia che tiene in suo potere, e di consegnarla al Sac. Callari, affinché si possano continuare a celebrare le S. Messe in questa Chiesa. Nel quarto documento registrato il 2 Gennaio 1651 si legge che il Chierico D. Mario lo Pizzo ottiene dal Tribunale della Regia Monarchia e Apostolica Legazia le Lettere opportune per essere tutelato come Sacrestano della Chiesa di S. Lucia di Noto soggetta a questo Tribunale e quindi non essere soggetto a nessun Ordinario, né ad altri Ufficiali, se non solo al Giudice del Tribunale della Regia Monarchia ed Apostolica Legazia di Palermo. Il quinto documento, registrato il 18 Giugno 1653, ma datato 23 Ottobre 1649, risolve una questione con la Corte Episcopale Siracusana, in quanto nel 1649 il Dr Fimia è Abate di S. Lucia di Noto, Juris Regij Patronatus, e quindi esente della Giurisdizione ordinaria e immediato suddito del Tribunale della Regia Monarchia, come anche il Priore, i Cappellani, i Sacrestani, i Procuratori, tutti i Gabelloti, gli Inquilini e tutti gli altri di questa Abatia; pertanto, nessuno deve molestare, né permettere che siano molestati, tanto per il Civile quanto per il Criminale, e devono essere trattati e reputati con tutti quei privilegi, esenzioni, immunità, prerogative e dignità concessi loro, e se qualcuno pretendesse qualsivoglia cosa contro quelli, tanto in Civile quanto in Criminale, voglia e debba comparire innanzi al Giudice Regio e al Tribunale della Regia Monarchia come loro giudice competente, che gli sarà fatto ed amministrato ogni celere complimento di giustitia. Sono citati diversi documenti a iniziare dal 1421, quando era Giudice degli esenti il Vescovo di Catania. Nel 1592 il Papa dichiara l’Abate di S. Lucia essere un Prelato e gli concede l’uso del pontificale, della mitra, del baiulo e delle altre insegne di Prelatia e lo libera da ogni altra giurisdizione, tranne quella del Pontefice Romano e quella del Giudice della Regia Monarchia, che è legato nato e Giudice degli esenti. Queste Lettere di Monarchia sono presentate e registrate agli atti della Corte Vicariale di Palazzolo il 18 Giugno 1653, ad istanza del Sac. Don Pietro Callari Maggiore.
Il sesto documento registrato il 24 Aprile 1656 è il privilegio di nomina del Sac. D. Francesco lo Monaco come uno dei Cappellani della Chiesa ed Abazia di S. Lucia di Noto da parte dell’Abate U. J. e S. T. D. D. Simone Fimia. Nel settimo documento, presentato e registrato agli atti della Corte Vicariale di Palazzolo il 17 Febbraio 1667, il Serenissimo Sig. D. Giovanni d’Austria Abate e perpetuo Commendatore dell’Abazia della Maggione e di Santa Maria dell’Arco dell’ordine di S. Bernardo della Città di Noto ottiene un Breve Apostolico di scomunica papale contro quelle persone che hanno occultato e occupato alcuni beni, le scritture pubbliche e private, somme di denaro e oggetti d’oro, d’argento, di ferro, di rame, di stagno, vino, legname, olio, orzo, frumento, ma anche croci, calici, vasi d’oro e d’argento, ornamenti, paramenti, e tessuti vari di molta valuta, appartenenti al Monastero, Percettoria seu Commenda. Il 10 Gennaio 1667, queste Lettere Osservatoriali erano state già presentate e registrate nella Corte Vicariale di Noto, ad istanza dello stesso Ill.mo Signore D. Giovanni d’Austria. L’ottavo documento ci fa leggere che il 20 Giugno 1697 vengono emanate le Lettere Diocesane per le quali viene dato al Reverendo Vicario e Beneficiato Curato di Palazzolo Dr D. Placido De Leo l’incarico di benedire la Chiesa nuovamente edificata nel feudo seu Marcato di S. Lucia del territorio di Noto, ma più vicina alla Città di Palazzolo; ciò avverrà dopo che il Vicario si sarà conferito nella nuova Chiesa, fabricata dagli eremiti Sac. F. D. Corrado Sieri e F. Lorenzo di Bernardo, e dopo averla trovata completa nella fabbrica, nel pavimento e nel campanile, e provvista di tutti i giogali e vasi sacri necessari per il sacrificio della S. Messa. Benedirà anche il quadro, se di buonissima fattura, l’altare provvisto d’una santa Croce e di carta di gloria, e il lavabo; quindi permetterà di celebrare la S. Messa al Cappellano, Sac. F. D. Corrado Sieri, eletto dall’Abate di S. Lucia, con l’elemosina di onze 12 annuali con l’obbligo di celebrare la S. Messa tutte le Domeniche e le Feste di Precetto, e di provvederla di cera e di olio. Il nono documento datato Palermo 3 Febbraio 1768 e registrato il 18 Maggio 1768 è una Fede di D. Pietro Provinzano Promastro Notaro del Tribunale della Regia Monarchia che attesta che nel Libro delle Matricole delle Regie Abazie e Commende soggette all’Ill. e Rev. Giudice del Tribunale della Regia Monarchia come Giudice degli Esenti e nella Matricola della Regia Abazia di S.ta Lucia nuncupata della Bagnara seu Montagna del Territorio della Città di Noto è annotato il Rev. Sac. D. Nunzio Piazza in uno de Cantori di questa Regia Abbazia. Col decimo documento vengono registrate il 27 Settembre 1807 le Literæ institutionis Regiæ Abbatiæ S. Luciæ vulgo di Noto favore Rev.mi Canonici D. Benedicti Chiaramonte in vim Regii Diplomatis. Il Rev. D. Benedetto Chiaramonte, Canonico della Regia Cappella Palatina, viene nominato Abate di S. Lucia e messo in possesso della Regia Abazia di S. Lucia, tramite il suo Procuratore Rev. Sac. D. Paolo Messina Ruiz de Castro, dal Maestro Notaro della Corte Vicariale di Palazzolo Sac. D. Sebastiano Sardo.
Sulla Comarca
In un documento, datato 12 Settembre 1672 e registrato il 20 dello stesso mese, trovo la parola Comarca. Il Vescovo di Siracusa si rivolge al Vicario della Comarca (o Ristretto) affinché mandi copia delle Lettere Diocesane per la venuta di Sua Eccellenza in Siracusa a tutti gli altri Vicari della sua Comarca; la Comarca non è indicata, ma si presuppone che sia quella di Noto, che trasmette la copia al Vicario di Palazzolo. Dal contesto si deduce che la Comarca già esisteva precedentemente. La Diocesi di Siracusa, molto estesa, nel corso del secolo XVII, ma soprattutto nel corso del secolo XVIII, viene suddivisa in Comarche: nel documento datato 22 Luglio 1718, registrato agli atti della Corte Vicariale di Palazzolo il 5 Agosto 1718, vengono documentate cinque Comarche: la Comarca di Noto, la Comarca di Caltagirone, la Comarca di Lentini, la Comarca di Modica e la Comarca di Mineo; sembra che queste Comarche abbiano una funzione amministrativa e sono presiedute dai Vicari locali che si avvalgono degli Ufficiali della Corte Vicariale locale. Da un documento registrato l’8 Agosto 1727 si deduce che della Comarca di Noto fanno parte Palazzolo, Avola, Sortino, Cassaro, Ferla e Buscemi. In un documento del 6 Febbraio 1733 sono indicati: Avola, Buscemi, Bagni seu Canicattini, Cassaro, Ferla, Palazzolo, Rosolini, Sortino, Spaccaforno. La Diocesana del 28 Ottobre 1734 del Vescovo di Siracusa, registrata agli atti della Corte Vicariale il 7 Novembre 1734, è essenziale per la definizione delle Comarche e della loro funzione all’interno del Vescovado di Siracusa.
Nel 1734 il Vescovo di Siracusa, Mons. Matteo Trigona, gravemente ammalato, è costretto a lasciare la sua sede di Siracusa per recarsi a Piazza, colla speranza che l’aria nativa possa risollevare la sua salute e portarlo alla guarigione; prima di partire per Piazza emana da Vizzini la Diocesana del 28 Ottobre che di fatto attesta lo smembramento del vasto territorio della Diocesi di Siracusa in cinque Comarche: 1. la Comarca di Noto, 2. la Comarca di Caltagirone, 3. la Comarca di Lentini, 4. la Comarca di Modica, e 5. la Comarca di Mineo. Si costituiscono anche cinque Corti Superiori, una per ogni Comarca; ogni Corte Superiore è costituita da un Visitatore, da un Assessore e da un Maestro Notaro, cui si trasferiscono la giurisdizione, l’autorità e la potestà del Vescovo, tam in Spiritualibus quam in Temporalibus, non solo nelle cose spirituali, ma anche nelle cause criminali e civili, che prima erano di pertinenza della G. C. V. S.; nello stesso tempo vengono nominati questi Ufficiali Superiori che le compongono, affinché possano subito iniziare a operare, assieme a tutti gli altri componenti che già esistono nella Corte Vicariale locale, sede di Comarca.
Ogni Corte Vicariale locale, non sede di Comarca, deve avere rapporti diretti con la Corte Superiore della propria Comarca e non più con la Gran Corte Vescovile Siracusana. Questa Diocesana del 1734 tuttavia avrà esecuzione solo per un breve periodo, perché già nel 1747 la Diocesi Siracusana sarà di nuovo amministrata in modo unitario e la sua Gran Corte Vescovile, anche in assenza del Vescovo per la Sede Vacante, avrà pieni poteri; ma le Comarche continueranno a esistere. Il 27 Gennaio 1826 viene registrato agli atti della Corte Vicariale di Palazzolo un documento datato Siracusa 17 Gennaio 1826 in cui si attesta che della Comarca di Noto fanno parte i seguenti Comuni: Noto, Avola, Sortino, Pachino, Bagni, Ferla, Cassaro, Rosolini, Spaccaforno, Palazzolo, Buscemi, Buccheri. Il 31 Dicembre 1840, ancora, viene registrato agli atti della Corte Vicariale un documento datato Siracusa 23 Dicembre 1840 che riporta alla fine la solita frase: da inviare ai Rev.di Vicarij di vostra Comarca, riportandone in pie’ il solito ricevo dal rispettivo Maestro Notaro. Il 13 Dicembre 1840 muore il Vescovo di Siracusa, Mons. Giuseppe Amorelli, e, rimasta la Sede Vacante, Noto coglierà l’occasione per essere eretta in Diocesi; l’Arcidiocesi di Siracusa sarà ulteriormente smembrata; infatti, dopo Caltagirone eretta in Diocesi il 12 Settembre 1816, il 15 Maggio 1844 Noto verrà elevata a Diocesi: di fatto la Comarca di Noto non esisterà più.
Palazzolo sarà uno dei Comuni assegnati alla nuova Diocesi di Noto e sarà il primo Vescovo di Noto, Mons. Giuseppe Menditto, a smembrare nel 1847 l’unica Parrocchia della Chiesa Madre di Palazzolo con la erezione della nuova Parrocchia di S. Sebastiano Martire. Nel 1950, con l’erezione della nuova Diocesi di Ragusa (6 Maggio 1950), Palazzolo Acreide ritornerà all’Arcidiocesi di Siracusa. …OMISSIS…..
Corrado Allegra – corradoallegra@alice.it – tel. 0931.875642
NOTA BENE: TUTTE LE FOTO -TRANNE QUELLE DI NOTO E SR – SONO DELL’AUTORE.