Noto: Presentato “Storia di una vita”.
A proposito di “Lungo le strade del Novecento. Storia di una vita” di Pietro Paolo Celeste
Testo rivisto a cura di Angelo Fortuna (Ed. Armando Siciliano, 2015)
di Paola Maria Liotta
In tema di rievocazioni storiche e di anniversari, il 2015 non è solo il 750° della nascita del Sommo Poeta (così come il 10° della scomparsa di Mario Luzi ) ma, purtroppo, da quel ‘’15’’ promanano sinistre ombre di guerra. Infatti, il 24 maggio, ricorrerà il centesimo anniversario della dichiarazione di guerra all’Austria con cui l’Italia sarebbe entrata nell’inferno – per adottare una terminologia attinente al Poema sacro dantesco – della I Guerra Mondiale, con tutto il suo carico di dolore, di violenza, di mostruosità. Furono adottate nuove tecniche di combattimento, si sarebbe arrivati alla guerra sottomarina e sarebbero state anche usate armi chimiche. Tra le tante giovani vite scagliate in quell’inferno, quella di un netino, Pietro Paolo Celeste, di cui, mercoledì 29 aprile sono state presentate al numerosissimo pubblico le memorie, nella preziosa cornice della sala Gagliardi, alla presenza del Sindaco di Noto, dottor Corrado Bonfanti, e della dott.ssa Cettina Raudino, Ass. alla cultura. Il titolo, suggestivo, dell’opera, “Storia di una vita”, sostenuto, a mo’ di premessa – più che di sottotitolo – da una sorta di epigrafe. Quest’ultima chiarisce gli orizzonti cronologici del testo: “Lungo le strade del Novecento”, l’ampiezza dello sguardo dell’autore. Curatore e revisore del testo, nonché brillante relatore della serata del 29 aprile, il preside prof. Angelo Fortuna, per i tipi dell’Editore Armando Siciliano. Tra le pagine più toccanti interpretate dai dicitori V. Lombardo ed E. Lucchesi, quelle riguardanti la disfatta di Caporetto, vissuta dal Celeste in prima linea, intitolate “Protagonista, ignaro, della rotta di Caporetto”.
In quelle pagine, vibra il medesimo, profondo turbamento che, della guerra, grandi poeti e grandi scrittori – come non ricordare, tra le tante opere sul Primo conflitto mondiale, “Il mio Carso” , l’ “Allegria di naufragi”, “Addio alle armi”, solo per citare alcuni titoli significativi – ci hanno lasciato. Il disastro circostante, l’incredulità nel cogliere la portata della guerra nella sua evidenza più cruda, non fanno però dimenticare il senso del dovere, il gesto solidale, l’anelito alla vita, sia nel Nostro sia nei suoi compagni di sventura.
Ma Pietro Paolo Celeste, che ha lasciato due grossi quaderni con copertina nera, vergati minutamente, inizia a scrivere il diario della sua vita dopo il collocamento a riposo per fine carriera il 1° marzo del 1962. Sono dunque passati oltre quarant’anni dagli eventi tragici di Caporetto. L’autore ha vissuto una vita piena e ricca di eventi, e, pur non essendo uno Slataper o un Ungaretti, in quelle sue pagine manoscritte vuol consegnare “un resoconto” della sua vita, “considerato quanto essa sia stata movimentata e, sotto molti aspetti, avventurosa”. E, nel dettaglio, la sua storia personale, dall’infanzia alla maturità, si snoda con cura secondo un disegno organico, da lui pianificato per sezioni, dall’infanzia all’avvenuto congedo dal servizio. Vibra una folla di personaggi simpatici, curiosi, divertenti, di personalità influenti del tempo, si rievocano episodi familiari ed eventi locali di una certa solennità e di un certo risalto, come ad esempio il movimentato funerale del vescovo Mons. Giovanni Blandini sotto una pioggia incessante; la figura della madre è ritratta con amorevolezza nel rapporto con i figli così come nella devozione con cui ella si impegnava nel partecipare ai riti liturgici. La famiglia, non agiata ma laboriosa, vive momenti difficili con la scomparsa del capofamiglia, per cui Pietro Paolo è costretto ad abbandonare la scuola e a dare il suo contributo economico alla famiglia, andando a bottega come apprendista calzolaio. Cattivante la narrazione delle prime esperienze amorose, delle operazioni di guerra, del rocambolesco ritorno dalle prime linee a Padova, dopo la disfatta.
Dal suo passaggio da Udine a Trieste e, nel dicembre 1922, al “faticoso” passaggio dalla Guardia Regia ai Carabinieri e poi alla P.S., tutta la vita di Pietro Paolo pare snodarsi in un crescendo di fatti, “passaggi”, appunto, che lo porteranno ad essere presente negli eventi più importanti dell’Italia del Novecento. Addirittura, dopo il bombardamento di San Lorenzo da parte degli alleati, essendo divenuto comandante della Stazione Flaminio, figurerà nel drappello incaricato di scortare il pontefice Pio XII, intervenuto nelle zone del bombardamento per confortare i superstiti e i feriti. Dell’episodio, resta il celebre scatto del Papa che, a braccia aperte, si rivolge ai presenti. Ma quanta freschezza, quanta vivezza nel rievocare momenti gioiosi o tragici, personali o epocali, nella scrittura del Celeste, rivisitata dal punto di vista linguistico da Angelo Fortuna! Quella freschezza, quella ricchezza umana che coinvolgono il lettore, che hanno coinvolto il curatore del testo medesimo da quando, in maniera casuale (ma, si sa, il caso e il caos son fratelli e sostanziano i gesti di sensi reconditi, proprio perché spontanei) ne è venuto in possesso. Due quaderni riposti alla rinfusa, accanto ad altri libri, che chiedevano, per Pietro Paolo, ascolto e voce. Generosa e competente la risposta che Angelo Fortuna ha saputo dare all’appello dell’estensore delle memorie, sempre rimanendo fedele alla genuinità della narrazione originale, che grazie alla sua rivisitazione ha acquisito dignità letteraria. Un atto d’amore e un’operazione culturale di ampio respiro. Paola Maria Liotta