“Il tempo delle attese” di Corrada Spataro
“IL TEMPO DELLE ATTESE” di Corrada Spataro
Riceviamo il volumetto della nostra Amica prof. Corrada Spataro e ben volentieri ne pubblichiamo Prefazione e Introduzione:
PREFAZIONE di Enza Corrente Sutera
La prima impressione che prende il lettore è la familiarità e la nostalgia nell’incontrare personaggi, sapori, colori, profumi, squarci di vita. Poi c’è come un inseguire le note dell’Autrice, prima vergate dai ricordi di bambina e poi sempre più coi commenti di donna. Col tempo che passa, punto attorno a cui s’intreccia una narrazione coinvolgente dallo stile sobrio, scorrevole, familiare, nel succedersi delle pagine, pensieri, note e commenti vanno delineandosi come scritti in una sorta di diario, che tale però non è, in cui traspare innanzitutto la nostalgica rievocazione di un fare e di un essere in un paese amatissimo. Racconti di vita che si costruiscono come se ogni vicenda o relazione piccola o grande, dalla curiosità di bimba sui segreti familiari alle confidenze giovanili, fossero importanti in sé, come se fossero gli unici a caratterizzare la vita. Ed è per questo che la narrazione si dipana lieve, quasi affettuosa, anche quando descrive pesanti ingiustizie o soprusi sociali. Più che racconti sono pagine che riportano momenti di vita vissuta: vita privata, vita familiare, vita sociale o forse, di piccoli angoli di una cittadina, mai nominata ma che dà della sua esclusiva unicità, una immagine particolarissima. Usi, tradizioni, profumi, sapori, colori, perfino parole e vocaboli si trasformano suggellando momenti semplici e quotidiani ma indimenticabili perché raccontati col tono dell’emozione e del ricordo nostalgico.
Si sviluppa così una trama umana e poi corale in cui traspare dalla prima all’ultima riga la memoria e insieme la nostalgia di essere, per destino nativo e storia personale protagonista di quelle narrazioni. L’Autrice sviluppa e dipana la sua storia di bambina-giovane-donna con una entrata in scena di personaggi che pennella a tratti e che intrecciano con lei un destino comune. E così accade che la storia della Spataro , narrata e costruita sulla propria esperienza, vissuta ma anche fantasticata nello sfumare della memoria, diventa anche la storia della comunità, e chi legge, se accomunato a lei da un intreccio di ricordi, vi può riconoscere il proprio passato-memoria. I personaggi, realissimi e ben individuati, stimolano ogni lettore e diventano spunto per narrare e rivivere, ciascuno a sua volta, la propria storia con le sue emozioni e il suo fascino anche quando è sfumato nell’oblio.
La storia (auto) biografica dell’Autrice diventa anche la storia di tutti e di ciascuno; perché non è solo il diario di chi sente l’urgenza di scrivere; non è solo racconto di un tempo più o meno passato : è molto di più. Perché affondando nelle pieghe più quotidiane degli episodi che racconta, l’A. ci dà un quadro del tempo che passa e che trasforma condizioni sociali, abitudini e consumi, persone e cose. La narrazione, intercalata da vocaboli ed espressioni dialettali, rende familiare la vita quotidiana,mentre si supera la descrizione degli episodi rendendo vivo ciò che la memoria potrebbe scordare. Il carretto che torna, il circo che affascina, ma anche la festa padronale, il ritorno dell’emigrante, le vecchie zie, il pane e i biscotti appena sfornati: “Non era semplicemente profumo di buon cibo, era un raggio di sole tra le ombre della vita, la presenza dei volti di chi non era più accanto a noi, il racconto di gesti e odori antichi che allora ci apparivano immortali”. E il lettore reso protagonista, può condividere con l’A. le stesse emozioni rievocative, oltrepassando le singole storie e i singoli episodi con descrizioni in punta di penna, mai pesanti o superficiali.
Nel succedersi delle pagine, mentre si coglie la crescita biografica dell’autrice che muta il suo occhio e la sua voce narrante da bambina in donna e che le fa dire “in quel tempo sospeso tra ieri e oggi. Si viveva così, come un’attesa nell’attesa” e poi: “Mancavano ancora le ali in questa parte di Sud, anche alla fantasia. Essa si aggirava tra i vicoli e le vesti vaporose da poco accorciate sotto il ginocchio, come uno spiritello allegro” emerge una visione della vita che supera la ristrettezza del diario e non perde mai la sua caratteristica di narrazione scorrevole, dunque leggibile e coinvolgente, spingendo il lettore che si vede dipanarsi una vicenda umana che si intreccia con quella della comunità tutta. E l’A. ci indica come tra tradizione e cambiamento, magico incanto tra passato e futuro, c’è un nostro tempo presente da vivere e di cui riappropriarci: “ Con gli anni ho compreso che le nostalgie nascono attraverso il tempo, anzi non esistono senza di esso. Senza tempo, annegati nelle acque di un eterno presente, diventano dolori, rancori”, perché dentro la storia, di tutti e di ciascuno, si scrive la vicenda della vita di ognuno che comprende la fatica silenziosa e nascosta e insieme la scommessa nel testimoniarla e renderla pubblica, cioè prezioso dono per tutti. A parte la nostalgica affettuosa descrizione del nonno, sono soprattutto personaggi femminili quelli tratteggiati dalla penna della Spataro, forse perché a loro è dato il pregio di sapersi di più raccontare o esprimersi , e personaggi come za’ Malia, za’ Bella, a furnara, ronna Tuzza, a marchisa, Concettina e Rosetta permettono di leggersi dentro la propria storia per rileggere in modo più completo il proprio tempo e costruire il futuro. Senza sbavature vetero-femministe, traspare da ogni riga non solo quanto sia cresciuta l’A. da quando ascoltava la lettura delle missive che arrivavano dallo zio dalla Merica, ma con lei tutte le donne, oltre ogni limite di autocommiserazione.
Il linguaggio semplice, arricchito di coloriture dialettali e la consapevolezza della preziosità sociale della rievocazione e della memoria autobiografica rendono questa opera leggibile e che si raccomanda da sé: l’intreccio di vicende quotidiane e l’incontro con personaggi sullo sfondo di una cittadina famosa al mondo per i suoi tesori artistici impareggiabili ma qui descritta nella sua umanità che entra dirompente con incisive pennellate nel succedersi delle storie, è una emozione che arricchisce ogni pagina.
Enza Corrente Sutera
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INTRODUZIONE di Sebastiano Monieri:
Un tempo eravamo diversi.
Non migliori né peggiori; Diversi. “C’era una volta la Sicilia” potrebbe intitolarsi questo libro, e senza ammennicolosi rinpianti o dolorosi mea culpa ne chiarirebbe il senso. IL TEMPO DELLE ATTESE non è il consueto libro di ricordi o di descrizioni dei tempi che furono. Potremmo definirla una testimonianza su una fase di passaggio antropologicamente rilevante tra i segni ed i significati di una cultura millenaria solo apparentemente statica e quelli di un mondo che è quello che noi oggi viviamo. Gli appartenenti a quelle generazioni che sono nate e cresciute tra gli anni cinquanta e sessanta hanno trascorso la loro infanzia percependo “l’aroma” di quella cultura che studiosi come Pitrè hanno definito nei loro contenuti ed originalità affermandone il valore, ma che stava irrevocabilmente trasformandosi. Siamo stati comunque fortunati a viverla, sebbene declinante, per poterne dare testimonianza. Un rimpianto ci resta; mi resta, quale bambino degli anni sessanta; quello di non averla vissuta abbastanza da parlarne appieno; di non aver parlato abbastanza con i miei da saperne di più. Posso solo dire che c’era una CULTURA SICILIANA; c’era, ed ora non c’è più. Sono già più fortunato di molti ragazzi di oggi che debbono sperare nel loro patrimonio genetico per farvi riferimento; non ne hanno memoria e forse nemmeno interesse ad averla. Magari in tarda età inizieranno a leggere a libri come questo e potranno rendersi conto delle loro radici.
Lo scritto di Corrada Spataro, pur evidenziando un’attenta descrizione dei luoghi e delle atmosfere, non indulge per nulla nel rimpianto, tutt’altro. IL TEMPO DELLE ATTESE testimonia una svolta. Ci racconta con orgoglio della trasformazione di una generazione di donne che, rompendo uno schema atavico hanno rivendicato orgogliosamente il loro ruolo in un mondo in evoluzione non dimenticando da dove provengono. Le donne sono le protagoniste di questo libro. Viste attraverso gli occhi di una di loro, che ha visto il futuro ma che sa leggere il passato. Ho scritto all’inizio di questa introduzione: eravamo diversi. Il valore di quest’opera sta tutto in questo assunto. Chi non ha vissuto quegli anni, può rivederli in poche note, in tutti i suoi aspetti anche non poco negativi; nel balbettio di una civiltà che, fatta vergognare di se stessa tenta di evolversi in qualcosa d’altro scimmiottando usi e costumi altrui. Un punto appare fondamentale nella narrazione: il periodo degli anni settanta, in cui la cultura anche politica non più solo della Sicilia, ma di tutta la nostra Nazione traumaticamente si trasforma, “evolvendosi” in quella attuale. Cambiano usi e pettinature, abbigliamento e musiche, ma nel proprio intimo, nel profondo della coscienza, chi è appartenuto a quella cultura continua a sentire quell’Aroma; quella Sicilia, preservandola ed evolvendola. Preservare il ricordo è forse il tema di questo pregevole libro di Corrada Spataro. Un riconoscente ma disincantato ringraziamento a quel mondo che non c’è più ma cui sente in fondo ancora di appartenere; a cui tutti noi apparteniamo.
Sebastiano Monieri
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CORRADA SPATARO è nata a Noto il 2 gennaio 1950. Ultimati gli studi secondari prosegue nel percorso universitario presso la facoltà di Magistero. Risulta idonea a due concorsi magistrali ed inizia la carriera lavorativa presso la scuola dell’Infanzia presso l’Istituto V. Littara di Noto, ove vi i svolge peraltro l’attività di psico-pedagogista sostenuta dagli studi specialistici su Maria Montessori e Lev Semënovič Vygotskij. Successivamente a Rosolini assume la cattedra di lettere presso gli Istituti comprensivi Sacro Cuore e F. D’Amico. Nel 2005 si trasferisce a Noto presso l’Istituto V. Littara. Oltre le molteplici pubblicazioni, ha collaborato per il progetto nazionale “Classi 2.0” con il Miur, l’Università di Palermo e la Fondazione “Agnelli”.