Noto: Angelo Fortuna ricorda Mons. Salvatore Guastella a due anni dalla scomparsa.
ANGELO FORTUNA RICORDA MONS. SALVATORE GUASTELLA NEL SECONDO ANNIVERSARIO
DELLA SCOMPARSA RIPERCORRENDONE LA VITA E LE OPERE DAL LIBRO DI BIAGIO IACONO
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Il preside prof. Angelo Fortuna, il 5 Dicembre scorso, nel corso della presentazione del libro su Santa Chiara del ns. Direttore, ha ricordato le tappe più significative della vita e delle opere di Mons. Salvatore Guastella riproponendone la grande personalità sulla traccia della sua Relazione già pubblicata in queste colonne in data 22 Luglio 2017, qui facilmente riscontrabile e leggibile. Tuttavia riteniamo doveroso riportare le ulteriori riflessioni del ns. Amico sia per completezza d’informazione e sia per evidenziare l’importanza del nostro affetto alla Memoria di Mons. Salvatore Guastella nel secondo anniversario della sua scomparsa.(N.d.R.)
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Pubblicando il volume “Mons. Salvatore Guastella. Vita, opere e pagine sparse” (Sicula Editrice – Netum, 2017), Biagio Iacono ha inteso proporre il messaggio umano e cristiano di Mons. Salvatore Guastella, scrittore prolifico e uomo di fede e di profonda cultura, personaggio insigne del Novecento netino.
In questa benemerita avventura, al fine di meglio ricordare il “sacerdote autentico e lo scrittore-storico militante”, egli ha voluto coinvolgere non solo Mons. Malandrino, che ha scritto la presentazione, ma anche il prof. Costantino Guastella, fratello minore del protagonista del libro, il prof. Umberto Muscova, il sottoscritto che ha accettato con entusiasmo di collaborare, il prof. Orazio Di Rosa e don Ottavio Ruta. Non va dimenticato il fotografo Salvatore Cataneo che ha fornito assistenza tecnica e foto. Biagio Iacono si è affidato ad una serie di scritti, pubblicati sulla sua rivista Netum, su “La Vita Diocesana” e su altri organi di stampa dai sopracitati collaboratori e dallo stesso Mons. Guastella. Tali scritti ci danno la misura del personaggio omaggiato nel volume in esame: ricercatore, lettore, scrittore, storico e uomo di fede onnivoro, cui potrebbe perfettamente adattarsi la ben nota sentenza di Terenzio: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”.
Ho voluto fornire queste iniziali precisazioni anche per mettere a fuoco il ruolo di regista-curatore del testo di Biagio Iacono, il quale, ben sapendo che un volume di 150 pagine non poteva esaurire il discorso su Mons. Guastella, ha voluto presentare una notevole varietà di testi su di lui, allo scopo di fornire una visione complessiva del suo impegno ecclesiale, culturale e umano e di coinvolgere in ulteriori ricerche sulla sua opera altri studiosi. Le coordinate generali le ha brillantemente elencate nella presentazione dell’opera il nostro vescovo emerito, Mons. G. Malandrino, evidenziando di Mons. Guastella la “grande e convinta Fede, il mirabile spirito di servizio e la seria e vasta cultura”. Il che gli consentiva di suonare “armonicamente su varie tastiere e con opportuni registri”, scrutando “i segni dei tempi”.
Nella sua premessa, il regista-curatore chiarisce che l’opera è il risultato di un’intesa tra lui e il prof. Costantino Guastella, fratello del protagonista. Un fiore in omaggio alla venerata memoria dello scrittore-storico della Città e Diocesi di Noto, una miscellanea per soddisfare la curiosità di chi, attraverso questi “fiori di pagine”, vorrà approfondire lo studio e la conoscenza delle opere di Mons. Guastella, immergendosi in tal modo nelle temperie culturale e spirituale del Novecento netino. Quanto mai opportune risultano quindi le annotazioni personali del prof. Costantino Guastella. La sua descrizione della figura “esile, magra, delicata, timida e sorridente” del fratello maggiore Totò, già seminarista, aggiunge note emotive di particolare tenerezza, specialmente là dove dichiara che “durante il periodo degli studi mio fratello mi è sembrato sempre magrolino e bisognoso di integrazione alimentare”.
Il ricordo del signor Coletta, portiere del seminario, la descrizione dei seminaristi inquadrati in processione, l’accenno alla cerimonia di ordinazione presbiterale presieduta da Mons. Calabretta e poi ancora la rievocazione del nuovo presbitero come viceparroco della Cattedrale, come organizzatore della “Mostra Diocesana di Arte Sacra” nel 1962, come responsabile dell’Azione Cattolica Femminile e dell’Unitalsi, sono elementi efficaci per far rivivere l’atmosfera ambientale, culturale e cristiana del secondo Novecento.
Il prof. Costantino traccia quindi un rapido schizzo dell’impegno del fratello monsignore che, ad un certo punto, sceglie di partire per Roma, ove svolge le mansioni di viceparroco presso la parrocchia Stella Matutina a Monte Mario e può così meglio dare sfogo alla sua vocazione di studioso frequentando gli archivi vaticani e creando l’Associazione dei Netini a Roma insieme con il comm. Salvatore Bova. Descrivendo il suo ritorno a Noto dopo 38 anni di servizio a Roma, il prof. Costantino Guastella conclude la sua testimonianza con l’ultima parola rivoltagli dal fratello per telefono dall’ospedale di Avola, poco prima del suo transito. Un semplice e commovente “ciao” che sintetizza la promessa evangelica che la morte non interrompe il rapporto con questo mondo e che dall’al di là continua a seguire i nostri incerti passi terreni, in attesa dell’abbraccio nella gioia dell’infinito.
Meno emotivamente coinvolto, preservando il distacco dello studioso, il prof. Umberto Muscova traccia un profilo biografico di mons. Guastella, fornendo informazioni utili ai lettori per potere cronologicamente seguire l’iter e l’attività di una persona, di un sacerdote, di uno scrittore, che mai pensò di porre la parola fine al suo impegno nella sua lunga esistenza, quasi 94 anni, che però oggi appaiono per quello che realmente sono nello spasmodico imperversare del trionfo travolgente del tempo: un attimo fuggente.vBen appropriata appare la decisione di Biagio Iacono di presentare nelle pagine iniziali uno tra gli studi che Mons. Guastella dedicò all’eminente umanista e bibliofilo netino Giovanni Aurispa (1376 – 1459), per cui nutrì un’ammirazione illimitata, non tanto e non solo per essere stato maestro di greco di Lorenzo Valla, ma soprattutto perché dal suo secondo viaggio a Costantinopoli, nel 1423, portò in Italia ben 238 codici, oggi catalogati nella biblioteca apostolica vaticana e in altre prestigiose biblioteche europee e americane: “Quello che gli amanuensi benedettini fecero per l’Occidente latino – chiarisce Mons. Guastella – egli lo fece per l’Oriente greco”.
A futura memoria e, nell’obiettivo della realizzazione di una Mostra permanente d’arte sacra al Palazzo Sant’Alfano, Biagio Iacono trascrive, subito dopo, il testo integrale che il Nostro redasse in occasione della 1° Mostra Diocesana di Arte Sacra da lui curata nel suddetto palazzo dal 20 aprile al 14 maggio 1962. In un’epoca, la nostra, contrassegnata dall’indifferenza religiosa e da un’apostasia di massa, l’attenzione di Mons. Guastella verso l’arte sacra si muove sul solco della sua devozione per il vescovo Mons. Giuseppe Vizzini, che diede un forte impulso alla creazione di nuove parrocchie. Dunque, arte e rinnovamento pastorale: un binomio profetico. Sentimenti di venerazione testimoniò nei confronti di Mons. Angelo Calabretta che gli conferì l’ordine presbiterale il 29 giugno 1945 insieme a Mons. Vincenzo Caruso, assistente per molti decenni del Movimento Laureati Cattolici, sorto nel 1932 e poi, dal 1980, divenuto Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale.
Mons. Guastella pose in rilievo in molti suoi scritti l’atteggiamento autorevole e amorevole di Mons. Calabretta che, l’11 luglio 1943, andò incontro ai militari anglo-americani, che il giorno prima, 10 luglio, erano sbarcati ad Avola e a Pachino. Il suo atteggiamento di dignitoso padre del popolo netino conquistò perfino il gen. inglese Lord Rennel Rood, il quale ebbe parole di venerazione anche verso S. Corrado, protettore di Noto. Sotto questo aspetto, felice appare la decisione di riportare integralmente il testo in cui Mons. Guastella riproduce il voto di Mons. Calabretta, fatto il 28 febbraio 1943, con cui richiese coram populo l’intercessione di S. Corrado per preservare Noto dalle incursioni aeree. Questo voto perpetuo è un atto storico fondamentale per la memoria storica della comunità netina.
Naturalmente, Mons. Guastella si interessò nell’arco della sua immensa produzione di S. Corrado, per cui professò la devozione dello storico e dell’uomo di fede che sa di trovarsi dinanzi a un vero alter Christus, che intraprese la vita eremitica “senz’altra previsione che una fiducia illimitata in Colui che veste i gigli del campo e nutre gli uccelli dell’aria” (Mt, VI, 28). A lui dobbiamo anche un libro su “S. Benedetto a Noto” che ebbi l’onore di presentare in un bel pomeriggio del mese di giugno 1999, proprio presso il Monastero benedettino di S. Giovanni Lardia, alla presenza del vescovo Mons. Malandrino. Della mia relazione, Biagio Iacono ha riprodotto l’essenziale, di cui mi permetto di sottolineare la seguente espressione: “Costruito con sapiente razionalità, San Benedetto a Noto di Mons. Guastella, si apre con una suggestiva riproduzione della tela collocata nella Chiesa di S. Chiara, rappresentante San Benedetto e Santa Scolastica, opera di Salvatore Lo Forte (1855) e con una veduta di Noto del 1950, allorché l’orrenda periferia urbana già celebrava i suoi misfatti, culminati con il grattacielo. Mons. Guastella denuncia il cattivo gusto post-bellico, frutto del disprezzo della bellezza e dei valori spirituali. Un gravissimo handicap che oggi si cerca con difficoltà di superare, testimoniando i valori indisponibili della persona. “San Benedetto a Noto” ha anche il merito di aver denunciato i misfatti della “legge eversiva del 7 luglio 1866”, sottolineando i danni materiali e spirituali della soppressione degli ordini religiosi. Questo Regio Decreto, per la sua potenza devastante, è da lui paragonato con ardita immagine al ghibli, al soffocante vento del deserto. Nel suo libro, egli coglie l’occasione per indicare in San Giovanni Lardia il luogo idoneo a rinnovare l’antica vocazione del “filone d’oro dell’ascetismo cattolico”, sbocciato in territorio di Noto nel IV secolo con Sant’Ilarione e rifiorito in continuazione con vari cenobi e romitori, primi fra tutti per importanza, la Grotta di San Corrado e il Santuario della Madonna della Scala: “Una mini-Tebaide”, la definirà nella sua “Storia Sacra Netina”. Il che testimonia come tutta l’opera di Mons. Guastella sia una benefica full immersion nella nostra storia sacra e profana.
Che dire poi del magnifico profilo che traccia del can. Corrado Sbano (1827 – 1905), suo alter ego, straordinario uomo di fede e di cultura, fecondo scrittore e poeta, che noi conosciamo soprattutto come maestro di vita della poetessa Mariannina Coffa, sulla quale Mons. Guastella si sofferma a lungo nelle pagine finali del libro? Tra i suoi amici più cari egli ebbe lo scultore e medaglista netino di adozione Giuseppe Pirrone (1898 – 1978), che noi conosciamo soprattutto per aver realizzato le formelle bronzee del portale della Cattedrale. Ebbene, nel volume “Passatempo”, Mons. Guastella mostra un aspetto inedito dello scultore netino: la sua passione per la poesia, il suo amore per Leopardi e le sue capacità di traduttore in lingua siciliana del grande poeta recanatese. Biagio Iacono ha riportato della mia relazione sull’opera di Mons. Guastella riguardante il suo grande amico alcuni tratti che testimoniano il grande amore per la poesia del Pirrone, ma anche la sua dichiarazione d’amore per Noto: “Amo Noto – ha scritto Pirrone – perché mi ha raccolto fanciullo, mi ha educato e formato artisticamente. Noto per me è la mia patria. Infatti, il trasporto che avevo per le Arti l’ambiente netino lo ha elevato in modo incredibile per le sue stupende architetture e le splendide sculture”. Mons. Guastella segnala un identico amore per Recanati, al punto che proprio nella terra del Leopardi volle essere seppellito.
Possiamo concludere affermando che per Pirrone Noto è la patria dell’anima per l’impulso che diede alla sua composita arte, mentre Recanati è la patria ambita della sua sensibilità umana malinconica, leopardiana. È d’obbligo, a questo punto, segnalare alcune esemplari schede-ricordo, sempre redatte da mons. Guastella, di vari importanti personaggi del clero netino, a partire da don Giuseppe Pisasale (1927 – 2007), parroco per oltre 50 anni della parrocchia del Carmine, definito “personalità di pastore solerte, di apostolo della Parola e di voce profetica dal timbro paolino, per guadagnare tutti a Cristo”. Segue il ricordo di Mons. Salvatore Tranchina, ben diversa personalità di pastore, economo della diocesi, il cui nome è soprattutto legato alla costruzione del nuovo seminario, di cui, ai nostri giorni, la comunità netina si attende un rilancio, che è iniziato in parte con la sistemazione nell’ala Nord della Biblioteca diocesana.
Puntuale e appassionato è il ricordo del vescovo Giovanni Blandini (Palagonia, 1832 – Noto, 1913), il “vescovo sociale”. Mons. Guastella lo definisce “perla dell’episcopato cattolico, antesignano di democrazia e di rinnovamento nel movimento cattolico italiano e intrepido campione della questione operaia”. Non va dimenticata una esaustiva scheda sul Ven. Girolamo Terzo (1683 – 1758), superiore dell’eremo di S. Maria della Scala, il quale nel 1716 riuscì a far trasferire l’immagine lapidea della Madonna Scala del Paradiso dal sottostante oratorio rupestre del Passo del Bove al sito dove poi sorse il Santuario, centro di spiritualità della nostra diocesi.
Poteva Biagio Iacono trascurare del tutto la produzione scritta che Mons. Guastella dedicò al nostro vescovo emerito Mons. Giuseppe Malandrino? Evidentemente no. Ecco perché l’Autore-regista ha inserito una significativa scheda che Mons. Guastella elaborò nel fausto XXX di Episcopato di Mons. Malandrino. Siamo dunque nel 2010, una lieta occasione per un rapido profilo biografico e soprattutto per rileggere il suo servizio episcopale nella nostra Diocesi dal 1998 al 2007, dopo ben 18 anni in quella di Acireale. Ricordiamo tutti con emozione la data del 29 agosto 1998, quando il nostro vescovo emerito fu accolto, allo stadio comunale presso i Giardini pubblici di Noto, da Mons. Nicolosi, “il padre che diveniva figlio per far spazio al figlio divenuto padre”, e da oltre 6000 persone convenute da tutta la diocesi. Rigorosa la citazione finale di Mons. Malandrino che chiude la scheda con la seguente puntualizzazione sui compiti del vescovo: “A partire dal Concilio Vaticano II il ministero episcopale ha assunto un ruolo sempre più significativo e fondante nell’ambito generale dell’ecclesiologia. La Chiesa universale diventa visibile e prende vita nella Chiesa particolare. E la Chiesa particolare prende quella forma che il Vescovo, come pastore proprio, ordinario e immediato, le imprime in virtù del suo munus pastorale. Si capisce da ciò che dalle scelte pastorali del Vescovo dipenderà non solo il cammino di fede, ma anche la stessa identità della Chiesa particolare che gli è stata affidata”.
Sempre a proposito di schede riservate a personaggi illustri di Noto, raccomando tre pagine, 106-107-108, dedicate ai Vescovi di Noto da Mons. Giuseppe Menditto a Mons. Antonio Staglianò: un rapido insieme per flash di tutti i nostri vescovi. Biagio Iacono non poteva ovviamente trascurare alcuni significativi studi di Mons. Guastella sui gioielli d’arte di Noto e principalmente della Cattedrale, “cuore e centro della vita spirituale” di Noto e di tutta la Diocesi; ecco perché riporta una sua analisi storica sulle vicende del gioiello barocco a partire dalla riedificazione a Noto antica della Chiesa Maggiore o Chiesa Madre, sua antenata, voluta, dopo la liberazione dai Musulmani (1091), da Ruggero il Normanno. Naturalmente egli si sofferma più specificamente sull’altra riedificazione, dopo il terremoto del 9-11 gennaio 1693, sul sito attuale, per concludere infine con l’infausto crollo della cupola e del tetto del 13 marzo 1996 e con la felice ricostruzione e riapertura al culto nel 2007.
L’attenzione all’Arte e alla bellezza, costante in tutta l’opera, testimonia la sua adesione a quel particolare tipo di pastorale della cultura che la Chiesa indica come via pulchritudinis, così cara a Sant’Agostino. La Via pulchritudinis è un itinerario privilegiato per raggiungere coloro che hanno difficoltà a seguire il magistero della Chiesa.Troppo spesso, in questi ultimi decenni, la verità (verum) è stata strumentalizzata dalle ideologie e la bontà (bonum) è stata ridotta a mero atto sociale, come se la carità verso il prossimo potesse fare a meno di attingere la propria forza all’amore di Dio. La vanificazione della verità, diluita in tante piccole opinioni personalistiche, ha generato il relativismo, che ha trovato nel pensiero debole e nel nichilismo i suoi nefasti alleati. La Via della bellezza (pulchrum) suscita stupore e può aprire – è questo il senso dell’insistenza di Mons. Guastella sul valore dell’Arte e della Bellezza – la strada della ricerca di Dio e disporre il cuore e la mente all’incontro con Cristo. Indirettamente, in molte pagine delle sue opere, ci invita pertanto a divenire cercatori di bellezza per elevarci dalla bellezza terrena alla Bellezza eterna del Creatore. Questa è la mia modesta ma convinta interpretazione del suo messaggio.
Biagio Iacono ha voluto riservare alcune pagine alla mia lettura critica dell’agile volumetto “Storia Sacra Netina”. Solo 93 pagine in cui Mons. Guastella ha abilmente sintetizzato aspetti essenziali della storia sacra di Noto per farne omaggio a chi ricerca risposte per approfondire l’itinerario di fede della nostra comunità. Credo che François Rabelais non esiterebbe a definire “substantifique moëlle”, cioè midollo sostanziale della sua opera, questo volumetto, in cui, tra l’altro, egli dedica un capitolo al Beato Antonio Etiope di Noto e Avola, le cui reliquie sono oggi custodite nella chiesa del SS. Crocifisso. È stato infatti Mons. Guastella a scoprire, parlandone in due volumi, “Fratello negro, Antonio di Noto detto l’Etiope” e “Lui e noi per loro”, questa figura di “santo moro, schiavo africano convertito al Cristianesimo”, che ha tanto da proporre nel nostro tempo, contrassegnato dal meticciamento delle culture, per usare una terminologia cara al card. Angelo Scola.
Quale ape industriosa, l’Autore-regista ha colto qua e là nella produzione di Mons. Guastella una serie di fiori odorosi, che sono, da un lato, un punto d’arrivo per la conoscenza di questa figura luminosa di sacerdote, scrittore e storico e, dall’altro, un punto di partenza per aprire il cammino agli studiosi che vorranno impegnarsi in ulteriori benemerite ricerche.
Angelo Fortuna
NOTA BENE: – Le foto di questo articolo sono del prof. Nuzzo Monello e del fotografo Salvo Cataneo, che ringraziamo per la preziosa collaborazione