Asti: Il primo “ponte” di Paolo De Benedetti, col nostro tempo.
In ricordo di Paolo De Benedetti:
IL PRIMO ” PONTE” DI PAOLO, COL NOSTRO TEMPO.
di Carla Forno
Nel settembre del 2008 Paolo De Benedetti, su invito di Carla Forno, aveva accettato di partecipare alla Scuola di Alta Formazione, la “Cattedra Vittorio Alfieri”, all’interno di un corso dedicato alla lettura critica delle tragedie alfieriane. «Come Paolo iniziò a parlare – ricorda per noi la Direttrice del Centro di Studi Alfieriani -, tutti subito compresero che quella lezione avrebbe aperto prospettive diverse, che quel testo sulla solitudine esistenziale dell’uomo di fronte a Dio, avrebbe ricevuto nuova profondità». In questo suo breve saggio-ricordo, appunto, Carla Forno ci rende quindi l’interpretazione puntuale e originalissima che della tragedia biblica fece PdB, dimostrando già in quell’occasione la sua straordinaria capacità di lanciare un «primo ponte con il nostro tempo, nel riferimento al Cardinale Martini, fondatore a Milano di una “cattedra” per i non credenti, non per indurli a credere, ma per la convinzione che in ogni credente ci sia sempre un non credente e viceversa».
Fra i tanti incontri con Paolo, spesso in compagnia di Maria, vorrei ricordare in particolare una intensa mattinata di settembre, il 12 settembre 2008. Paolo aveva accettato di partecipare alla Scuola di Alta Formazione, la “Cattedra Vittorio Alfieri”, all’interno di un corso dedicato alla lettura critica delle tragedie alfieriane. Da poco tempo, la sede operativa della Fondazione “Centro di Studi Alfieriani” si era trasferita in via Testa, ospite del Consorzio Universitario, e ci trovavamo seduti al grande tavolo ovale, per ascoltarlo nel suo commento al Saul di Alfieri.
Il giorno precedente, la tragedia era stata presentata da Laura Nay, dell’Università di Torino, che aveva ripercorso i giudizi della critica sul testo, noto quindi ai corsisti. Alfieri l’aveva dedicato all’amico Tommaso Valperga di Caluso, letterato, orientalista, matematico e filosofo: forse anche nella suggestione di questi richiami fra l’intensità dei versi e l’intensità dei legami di amicizia coltivati dal poeta, come Paolo iniziò a parlare, tutti subito compresero che quella lezione avrebbe aperto prospettive diverse, che quel testo sulla solitudine esistenziale dell’uomo di fronte a Dio; sulla vecchiaia incarnata da Saul, in confronto e contrasto con la giovinezza di David; sulla morte come forma estrema di liberazione, avrebbe ricevuto nuova profondità, a partire dalla lettura della fonte biblica, il Libro primo dei Re, 12-31, corrispondente al primo Libro di Samuele. Paolo analizzò le fluttuazioni conflittuali di Saul; la presenza in lui di doppi pensieri, nell’alternanza di odio e pentimento nei confronti di David; nel suo sentirsi abbandonato da Dio, avendo bisogno di Dio: quel Dio del diluvio, creatore dell’uomo, ma pentito di averlo creato. Paolo lanciò, così, il primo ponte con il nostro tempo, nel riferimento al Cardinale Martini, fondatore a Milano di una “cattedra” per i non credenti, non per indurli a credere, ma per la convinzione che in ogni credente ci sia sempre un non credente e viceversa. Il discorso di Paolo scavava nel personaggio, avvicinando il Saul di Alfieri a quello biblico sul piano di questa bipolarità, e approdando a una diversa chiave di lettura; cogliendo riflesso nel Nuovo Testamento, nel racconto della passione di Gesù nell’orto degli ulivi, il senso di abbandono di Saul, disperato, pur non essendo ancora approdato all’estrema esperienza di Dio.
Con grande finezza, Paolo portava il discorso a cogliere dettagli poco noti, come la scelta di Saul di uccidersi con il ferro – materiale sconosciuto agli Ebrei e lavorato dai Filistei – ovvero la scelta di procurarsi la morte proprio tramite uno strumento dei Filistei, per spaziare poi sui grandi temi, nel rapporto fra Saul e Dio: la mancata ricerca dell’uomo da parte di Dio, benché Dio sia colui che cerca; l’incapacità di Dio di essere consolatorio, dal momento che, nella storia di Saul, David è consolatorio. E ancora: il problema della crudeltà di Dio, della sua onnipotenza. La tragedia, laica e religiosa a un tempo, veniva così ad assumere altri significati, nel suo intreccio di amore, dolore, terrore, anticipando uno dei grandi temi del Novecento, quello del terribile silenzio di Dio, dell’assenza di risposte di fronte agli orrori della storia, alla violenza delle guerre, ai campi di sterminio del Novecento. La studentessa giapponese e quella sarda, la giovane di Napoli e quella di Berlino, tutti tributarono a Paolo un lungo, affettuoso applauso, come un abbraccio, che lo trovò, al suo solito, schivo e quasi sorpreso, come imbarazzato.
Carla Forno
NOTA BENE: il testo è tratto dalla RIVISTA
n° 18/2018 diretta da Maurizio Scordino per l’Associazione CEPROS ONLUS di ASTI,
mentre le foto sono state generosamente fornite dall’Autrice
“Per gentile concessione della Fondazione Centro di Studi Alfieriani”.
L’Editore ringrazia CEPROS ed il C. S. Alfieriani.