Per un dibattito culturale che coinvolga la nostra Società
Per un dibattito culturale che coinvolga la nostra Società
di Biagio Iacono
Ieri, 19 Marzo 2020, l’amico prof. Angelo Fortuna ha scritto sulla sua pagina Facebook una riflessione che abbiamo voluto far nostra al solo scopo di aprire un Dibattito squisitamente culturale sull’argomento fondamentale che regge la di lui concezione filosofico-cristiana-cattolica della vita, alla quale facciamo seguire una prima parziale Nota del ns. Direttore: i Lettori di questo giornale sono tutti invitati in merito.
Riconoscere i limiti dell’uomo
per recuperare la sua grandezza
di Angelo Fortuna
Delirium omnipotentiae: una malattia umana vecchia quanto il cucco, la quale risale ad Adamo ed Eva, quando scelsero di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza. La differenza sta nel fatto che oggi troppa gente ne è affetta. Il delirium omnipotentiae è all’origine dei mali che affliggono l’uomo tecnologico post-moderno.
Varie le manifestazioni: fiducia smodata nelle proprie possibilità, presunzione di disporre della terra e dei suoi beni secondo egoistici criteri, insensata boria di potersi tranquillamente sostituire a Dio, spocchiosa tracotanza e superbia che di Dio mirano a cancellare perfino l’idea. Il che genera la demoniaca convinzione di essere superiore a Lui, di farcela da soli anche senza e contro il prossimo, dominando il creato senza pensare di infrangere in tal modo i delicati equilibri che lo regolano e sentenziando su tutto e su tutti dall’alto di una sconfinata irrazionalità e perversa volontà di non prendere atto dei nostri miserabili limiti.
Basterebbe far ricorso alla ragione, che pur alberga impigrita nelle nostre menti, per capire i livelli di stoltezza in cui ci precipita il delirium omnipotentiae, che destina ad un abisso di colpevole vanità l’uomo post-moderno per quell’eccesso di considerazione di sé, che lo ha reso incapace di riconoscere la sua vera grandezza, che parte, paradossalmente, dal riconoscimento dei suoi inesorabili limiti. È proprio la consapevolezza della nostra precarietà che può rivelarci le contraddizioni che ci insidiano come persone umane, oscillanti tra il tutto, a cui tendiamo, e il nulla che ci assedia.
Siamo fatti a immagine di Dio, da un lato, in virtù della nostra inestinguibile ricerca del senso delle cose, e, dall’altro, siamo povere creature che un microscopico nemico potrebbe annientare. Sfuggire all’evidenza di questa contraddizione rivela le dimensioni del tradimento dell’umano da parte dell’uomo, che, nella sua volontà di potenza ed insana pretesa di stabilire il suo dominio sulla terra, ha finito per mettere a repentaglio la sua stessa esistenza. Proprio a proposito della presa di coscienza dei limiti, ma anche della nostra grandezza, nessuno ha saputo efficacemente sintetizzarli come Blaise Pascal.
“L’uomo – afferma l’autore dei “Pensées” – non è che una canna, la più fragile di tutta la natura, ma è una canna pensante. Non occorre che l’universo intero si armi per annientarlo: un’esalazione di gas, una goccia d’acqua (un virus invisibile, di dimensioni infinitesimali, aggiungeremmo noi oggi) è sufficiente per ucciderlo. Ma quand’anche l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe pur sempre più nobile di chi lo uccide, dal momento che egli sa di morire e del vantaggio che l’universo ha su di lui, l’universo non sa nulla. Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. E’ in virtù di esso che dobbiamo elevarci”.
L’uomo moderno ha dimenticato tale inesorabile evidenza, innescando processi infami che, oltre al disordine mondiale, alla crisi della democrazia, al borioso avanzare dei totalitarismi, all’inquinamento e alla catastrofe ecologica, hanno prodotto degrado e cambiamenti climatici che, considerata la trasformazione del mondo in una pattumiera, potrebbero determinare la sesta estinzione di massa dopo quella dei dinosauri avvenuta 6 milioni di anni fa.
“La verità è così oscura in questi tempi e la menzogna così consolidata che, a meno di amare la verità, non si sarebbe in grado di riconoscerla”. Così Pascal nel 1650. Profetico! Se usciremo dalla morsa del coronavirus che infuria, sarà urgente abbandonare la menzogna e riprendere di buona lena la ricerca della verità, che è l’attività umana per eccellenza che ci affratella e ci dà la misura della nostra grandezza, abbandonando senza indugio la delirante pretesa di onnipotenza e denunciandone il ridicolo e la perniciosità.
Ri-umanizzare l’uomo: è questa la nuova frontiera al tempo del coronavirus.
Angelo Fortuna
NOTA A MARGINE: Caro Angelo, la tua riflessione sul ri-umanizzare l’Uomo in questi amari tempi è pienamente condivisibile se …non fosse tutta fondata sulla tua Fede Cristiana che da sempre ti ri-conosco rosminanamente, nel senso che non solo tu la predichi ma – specie nei miei riguardi – l’hai in pieno dimostrata praticandola con fraterna “com-passione” quando negli anni ti ho attaccato con veemenza per le nostre lunghe diatribe poetico-letterarie.
Urge ora un chiarimento essenzialmente filosofico: siamo sempre fermi all’AUT-AUT di Soren Kierkegaard, quando scrive che arriva la mezzanotte nell’eterno Carnevale della nostra vita, allorché bisogna gettare la maschera per mettere a nudo le proprie scelte, cioè siamo ancora al cosiddetto “passo della Fede” o salto nel vuoto buio della Ragione: il che ci renderebbe, come Abramo, “Pazzi agli occhi del mondo ma Santi agli occhi di Dio!” Tu m’insegni che Kant aveva già dimostrato come la Metafisica, intesa sino ad allora quale scienza di Dio, tale non fosse e non lo è, e come il problema di Dio bisogna affrontarlo abbracciandolo solo con gli occhi del “Cuore” ma non con quelli della pura “Ragione” che, per l’Uomo credente o meno, è ancora purtroppo l’unico strumento rispetto al quale bisogna decidersi: O …di privilegiarlo O di …ignorarlo!
Fatto questo “passo”, ri-conosciutosi ognuno di noi Cristiano Cattolico credente oppure Laico dalle tante aggettivazioni, bisogna oggi affrontare insieme la tragedia del Coronavirus senza ripetere le stesse litanie per le quali – nell’imperante o fievolo silenzio dei pochi Laici sull’argomento – i Cattolici possano rischiare una prevalenza socio-culturale che ci lascerebbe, non solo nella nostra Città ma tutti, privati anche delle altre voci come quelle dei cosiddetti Laici o Liberi Pensatori, se ce ne fossero, e che ancora condividano quella libertà di pensiero universalmente auspicata prima e dopo Giordano Bruno!
Ecco perché mi riesce inaccettabile – proprio oggi, dopo le strazianti grida d’invocazione a Dio da parte d’una Umanità che inutilmente gli rinnova ab origine preghiere per essere risparmiata da pestilenze, guerre od altro – accettare la tua fideistica riflessione-sentenza, con quel che ne consegue, sull’essere noi uomini – tu dici – ”…fatti a immagine di Dio, da un lato, in virtù della nostra inestinguibile ricerca del senso delle cose, e, dall’altro, siamo povere creature che un microscopico nemico potrebbe annientare.”!
Al di là della tardiva quotidiana richiesta di Perdono per i Tabù della sua storia da parte della Chiesa, è in pieno condivisibile il tuo richiamo a Pascal – che essa aveva però condannato negli Eretici seguaci di Giansenio, perché la Scommessa pascaliana sull’esistenza di Dio lascia un’autostrada di fiducia anche alla Ragione umana quando, in quella mancata supposta esistenza, ci consola concludendo che non avremmo perduto nulla qualora fossimo senza Dio vissuti solo umanamente secondo Ragione!
Concordo infine pienamente con te anche quando concludi che Ri-umanizzare l’uomo: è questa la nuova frontiera al tempo del coronavirus! Bisogna essere d’accordo sul fatto, aggiungo, che questo nuovo processo educativo e socio-culturale non resti in mano alla sola Chiesa Cattolica ma coinvolga tutte le varie Classi della nostra Società con un dibattito che, poi, dal piano logico-teoretico trovi pieno riscontro su quello ontologico-morale della prassi politica: verso la quale, temo, che gli Eterni Gattopardi di tutta Italia comincino a marciare frettolosamente affinché …tutto cambi perché tutto rimanga come prima!
Il Dibattito è aperto a tutti i nostri Lettori.
Asti, 20 Marzo 2020 – Biagio Iacono