Ricordando il genocidio del Popolo Armeno
Ricordando il genocidio del Popolo Armeno
di Luigi Rigazzi
ASTI, 30 Marzo 2020 – In questi giorni di pandemia per Coronavirus, sto chiedendo ai tanti Amici e Collaboratori di questo giornale di scrivere sull’attualità socio-politica, filosofico-artistica e scientifico-letteraria, aprendo anche i loro cassetti a quegli articoli o brevi saggi che, da tempo, erano stati ns. oggetto di pubblicazione o di recensione: per questo propongo il contributo di cui sopra, ringraziando l’amico scrittore Luigi Rigazzi per la collaborazione. (B.I.).
Occuparsi del genocidio del popolo armeno – a un secolo dalla tragedia immane che si è perpetrata ai confini della nostra realtà europea – è una necessità, un modo di allargare l’orizzonte della sua ricerca e soprattutto di sensibilizzare l’opinione pubblica sia italiana che internazionale sull’argomento, ancora poco conosciuto e studiato. Si tratta del secondo evento che ha avuto questa denominazione, dopo il genocidio degli Herero per mano dell’esercito tedesco al comando del Generale Lothar von Trotha tra il 1904 e il 1907 in Namibia.
Ma il termine genocidio[1] è stato coniato per la prima volta da un giurista ebreo polacco, Raphael Lemkin nel 1944 (che nella Sho’à aveva perso 49 familiari), per designare il massacro del Popolo Armeno.[2]
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