Noto – 50 anni di criticità ambientale… di Nuzzo Monello.
L’Infiorata di Via Nicolaci
Sfogliando il nuovo volume di Nuzzo Monello:
NOTO – 50 anni di criticità ambientale…
SECONDA PUNTATA
Noto,20 Giugno 2021 – La prima puntata del presente servizio è pubblicata su questo giornale il 12 c.m.; pertanto ci inoltriamo direttamente nelle numerose mie PAGINE SCELTE dal volume di Nuzzo Monello sull’Infiorata. B. Iacono
Da circa 50 anni si prospettava la bonifica
dei pantani di Vendicari e Roveto
di Nuzzo Monello
– Ho rispettato da sempre quei luoghi, mi hanno formato perché vi ho visto e interpretato la fatica, il sudore, la sofferenza dei campagnoli piegati o allungati al lavoro. Dissetarsi nto bummulu o fumare una sigaretta lentamente, non soltanto per gustarsela piuttosto per scansare la stanchezza e godersi una pausa di riposo. Condividere tra loro pane e olive conservate in zucche secche di varia forma e il vino nta minzalora passata di bocca in bocca senza neppure sfiorarle. Sono queste immagini, parte della mia infanzia e gioventù e ora ricordi che mi fanno compagnia. Mi illudono di vivere sempre in virtù, vigore e ricerca.
Le contrade, i Ruttazzi e la vigna, i Marianeddi, Vinnichiri, u Ruvettu sutta e supra e i mandorleti, i Vaddeddi e l’uliveti, gli ortaggi, a muttidda, i nzalori e i cutugna ri Funni i muschi. Ciò che il consorzio di bonifica non era riuscito a realizzare, sembrava realizzarsi alla fine degli anni ’60 nelle menti dei politici notinesi e siracusani. Erano interessate entrambe le contrapposte coalizioni per “sedicenti motivi occupazionali e di sviluppo” all’insediamento di un’area industriale a Vendicari per i netini o a Priolo per i siracusani. Si ebbe un gran da fare a Noto intorno alla fine di dicembre del 1970 per contrastare tale prevedibile disastro ecologico rispetto alla pressante e ritenuta impellente domanda occupazionale se non altro perché potesse avvicinare a casa gli operai della zona sud che già lavoravano alla Sincat.
Dobbiamo al caro amico Bruno Ragonese fondatore nel 1973 dell’Ente Zoo della Fauna Siciliana la maggiore e incessante opposizione, nonostante le accuse personali di “nemico di Noto”, di ostacolo allo sviluppo e progresso di cui erano intrise le polemiche verso gli ambientalisti, tali da dissuadere i malsani propositi dei sostenitori di trasformare – a Ciana co’ saiuni e che’ scuzzari, re fràuli di cori profumati e Vinnichiri pantanusu, ro mari, lu fari ventu pì l’arrifriscu, ro pisci, e ‘dde pàpiri – in deserto velenoso.
Per questi fatti e per tutti quelli che in seguito narreremo, non vi è stato maggiore auspico di quello che la Primavera riservava a Noto, il ritorno al mito e alla vocazione di vita naturalistica. Il soffio invitante che ci pervase e rasserenò tutti fu “Il Saluto alla Primavera“. (pag.6)
– Rimane da avviare l’istituzione del parco archeologico naturale del Monte Alveria. Sicché ogni percorso del comprensorio potrà illuminarsi ed irradiare i canoni estetici della bellezza. Rispetto della natura perché rispettando i suoi rigori vitali l’uomo superi l’egoismo dell’interesse materiale e viva del contro valore della bellezza. … Chi vi parla non è soltanto l’amico di Bruno Ragonese, è chi ne ha compreso il carattere della sua ricerca; i fini più intimi, più disinteressati e nello stesso tempo diamantini nel senso della durezza, della lucentezza, della trasparenza e delle sfaccettature. La bellezza di una generosità rigorosa.
… A me basta godere del bello in tutte le sue forme, non di meno della bellezza del sentimento. L’amicizia non è forse sinonimo di bellezza? E se dunque condividete con me questa astrazione mi sarà più facile narrarvi del tempo in cui una parte di me, delle mie idee, erano dirette e vivevano alla ricerca di valori ai quali attribuire significati al trascorrere del tempo. (pag.7)
– Muta è rimasta la nostra amicizia nel fragore del turismo e dei visitatori che quei luoghi oggi frequentano, godendo della bellezza riconosciuta, mantenuta ed apprezzata. Non discutemmo mai sugli uni o sugli altri, non ci interessammo dei pettegolezzi, respirammo profondamente e intraprendemmo la via. (pag.10) … Due pere perfette, uniche in un albero al limite del percorso, attraversate dai raggi del sole apparivano in tutta la loro bellezza e succulenza, un miraggio. (pag.13)
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– “Arrivodditi Nuzziddu, accussì comu s’accumincia, si finisci”, mi ammonì mia madre il giorno del mio matrimonio. Parole, pensiero e senso che non hanno più lasciato la mia mente da quel giorno.
Si può volere il bene di una città? Si, se questa è il luogo ove tutto sembra appartenerti nel cuore, nell’anima, nei sentimenti e tutto come le trame di un tessuto t’imbriglia tra merletti, vuoti e pieni, e nell’insieme diviene tra i profumi espressione delle tue insolite visioni, di manifestazioni di vita, di amicizie, di affetti. Allora, sì! Hai la certezza che si può. Lascia che sedimentino le ragioni del perché ti trovi in quei posti e vivi nel cuore il riguardo per essi. Sembrerà di vedere austere, rialzate, ciascuna al proprio posto ogni pietra che, ore innanzi hai visto qua e là sparse tra i ruderi. I passi incerti sui basolati scuotono i sensi, conducono dal vuoto delle memorie pregresse, a quel presente pieno e concreto.
Nell’opera, ogni passo come la vista sale e scende, spazia senza inciampi, si posa e d’ogni cosa si ritrova. Noto e il suo territorio, sono tutto questo, e credo anche un pochino di più di come poeti, scrittori, artisti l’hanno raccontata per essersi emozionati nel vederla. Viverci però ti recinta, ti isola nell’aura mitica dell’ingegno e la difesa giunge dai vissuti del passato e del presente e ti lascia immaginare il suo eterno futuro. La vedi distesa, raccolta nel suo più intimo e etico valore. In sé, riconoscibili campanili, palatini, palazzotti e stemmi araldici, torri e infiniti tegolati, agglomerati reali e immaginari, viari urbani combinati a profumi effusi da cortili e giardini, ritmati ai parlottii e al rimbalzo delle parole sui selciati.
La suggestione che pervade fa sembrare madre e sorella ogni donna, amante ogni giovinezza, padre e fratello ogni uomo, amico ogni conoscente o passante sorridente al tuo andare. Io l’ho vissuta sin dal 1963 e ancora oggi mi nutro d’ogni bene a Noto, da artista, da studente, da sportivo, da docente, da preside, da amante della vita e della mia unica compagna Corrada, sostegno e conforto, da padre di Venerando e Paolo, e oggi, dopo tante vicissitudini da nonno, pur dagli affetti lontani, di Ewa e Mia, senza alcuna pretesa di carezza che m’accompagni nei giorni della vecchiezza. Vedo finalmente imbiancare lentamente i miei capelli, senza rimpianti, felice, sento lieve e illimitato il percorso e ancor più viva la voglia di completamento.
Da più parti sono esortato a scrivere la storia dell’Infiorata di via Nicolaci, per narrare ciò che avvenne nei primi anni ’80. Quegli anni che mi accomunarono a Noto ad artisti, poeti, pittori, scrittori, giornalisti, artigiani, cultori e che mi videro impegnato professionalmente, socialmente e politicamente in tutte le problematiche aperte in città. Mi è d’obbligo ricordare uno ad uno, quelli che con me costituirono la Coop. Il Carretto il 12 luglio del 1983, e quanti più o meno assiduamente collaborarono e resero possibile l’implementazione del successo dell’Infiorata di via Nicolaci. Ad essi devo una crescita artistica e umana ambiziosa. Più d’ogni altro, la Città di Noto come nei nostri desideri affettuosi e legati ai luoghi, ne ha potuto trarre i benefici, nel giusto e equilibrato rapporto tra arte e amministrazione, tale da favorire il dissiparsi di tutti gli attacchi anacronistici, di invidie e tentativi di sopraffazione culturale, immancabili ostacoli in ogni comunità.
Noto, è stata in quei giorni, in quegli anni, un fermento autentico di sentimenti, un laboratorio d’idee, una fucina di forme espressive delle quali è necessario ricordare ogni disseminazione delle arti e mestieri, dal più umile al più elevato. Questo impegno, sempre più sollecitato, oggi mi appare come un obbligo morale verso i concittadini di Noto, le amministrazioni che mi sostennero, gli artisti che mi collaborarono e tutti i sostenitori che in quegli anni mi furono vicini. Oggi propongo queste mie note quale anticipazione del dono di tutti i materiali in mio possesso inerenti all’Infiorata di via Nicolaci e di ogni altra pubblicazione pertinente e contemporanea al periodo della mia direzione artistica, alla città di Noto in omaggio a questi due giovani Dott.ssa Cettina Lauretta archivista e Lucio Pintaldi M° d’Arte, in uno a tutti gli appassionati infioratori, che sebbene suddivisi in gruppi, li percepisco con molta considerazione come soggetti attivi a cui poter consegnare il testimone di esperienze esaltanti e di buoni propositi.
Di certo queste memorie, non potranno rappresentare tutte le sensibilità, del come e del perché furono vissute nella storia recente di Noto. Né tantomeno hanno la presunzione di essere la storia, piuttosto posso dire che le successive note sono il senso e i sentimenti di chi come me volle contribuire al miglioramento, interpretando la rimozione degli ostacoli preconcetti e socio-politici che annebbiavano la vita e non immaginavano l’oltre, fatto di sole e luminosità. Grazie. (pagg.24-25)
– I desideri dell’Anima
– Al di là del faro di Capo Peloro che la leggenda vuole sia ancora sorretta dal mitico Colapesce, la Sicilia e il Val di Noto costituiscono una roccaforte! Allora come ora, sia nel pensiero mitico sia nella realtà. Quelle porte della memoria celano ricordi ben fissati nella storia della propria vita, fattori di eleganze, padroneggiate espressioni d’arte dalla sorprendente rigogliosa e macchiettata natura iridata, dal periplo delle sue ospitali coste, dai cieli e orizzonti azzurri stringenti i mari dagli intensi blu, incomprese àncore per una Città, per un luogo che il tempo ha reso immortale per la sua storia e giovanile intraprendenza, coraggiosa e orgogliosa del proprio status, sebbene logora di antiche e sempre attuali criticità. Come le nuvole percorrono i cieli così Noto percorre ogni vicissitudine delle proprie terre e delle persone nel rincorrersi delle stagioni. Ma è nell’animo che ancor oggi riesce a scolpire ogni raffinato sentimento di folgore esistenziale. Immutevole all’apparenza, allo sguardo di un distratto visitatore, d’un tratto splende, e come nelle visioni per il profeta, detta rigori valoriali indispensabili e indissolubili quali la meraviglia e la condivisione. Ogni parola, vocabolo, detto che vi si aggiunge, sembra esaltarne impropriamente il suo impianto urbanistico.
Al contempo fioriscono spontaneamente monumentalità insolite e risplendenti del sole che da Est a Ovest accecano il percorso per far scoprire uno ad uno ogni suo gioiello che dal pensiero dei magnati, degli architetti, all’opera dei maestri, si trasmutavano in pietre, in merletti intrecciati a suddividere percorsi di ricerca tra luci e ombre di volumi ora non più eccessivamente pomposi e ridondanti, marcati dall’eccesiva ombra per rendere il volume più intenso e spesso. Piuttosto leggeri e preludio di un bello, non fine a sé stesso, ma radiante di estetica luminosità del momento, per l’ora solare e per l’avvenire.
Percorrendo quelle vie, quegli angoli, quegli anfratti tra le fabbriche dei monumenti, quelle prospettive scenico-urbane non si riesce a mediare Noto nelle sue verità. Possono però nello stupore far cogliere l’opportunità dell’incontro, accogliendo e ponendo a proprio agio ogni visitatore, lasciandone nel ricordo il più prezioso dei sentimenti: il desiderio del ritorno. Il ritorno del desiderio di rivivere un’atmosfera ancora ansiosa, inebriante, nei giardini di Noto, tra i profumi effusi dalle minuscole labiate degli Iblei, trainati dalla scia delle dolci, tiepide e lievi brezze primaverili di zefiro, di zagare, gelsomini, basilici, mente, nepitelle, timi, rosmarini, maggiorane, salvie, lavande e della verdeggiante macchia mediterranea, dell’Asinaro gli oleandri, sebbene gli anni trascorsi evocano e rendono vive le eterne accensioni erotiche, ben lontane dalle volgarità materiali, piuttosto soffuse e cullate dal cuore incantato sulle emozioni raffinate delle diffuse fragranze, a rinfrescare la tiepida sera in prossimità del sipario notturno per l’appuntamento con le sognanti stelle. (pag-27)
– Le stesse faville celesti sotto le quali fu ispirato il poeta netino esule a Maiorca, di origini arabe Abd al-Jabbār ibn Muhammad ibn Hamdīs (Noto, 1056 – Maiorca 1133, tra il desiderio dell’amata Sicilia e l’oramai lontana bellezza delle adorate donne:
Orto un tempo nido dell’incontro
(ibn Hamdīs)
Orto un tempo nido dell’incontro orto chiuso dal fuoco dell’assenza chi mi renderà il tuo odor di basilico immortale dono del paradiso? / Quanta saliva dal sapor di miele stillava dalla fresca grandine! / Servo d’amore che tanta piaga affligge / e sempre in piedi mi costringe a voi chiedo pietà, sì lontana pur se amor lancia il dardo / è la mira dal tiro… / Chi verso il disco del sole mi aiuterà a volare?
Ricordo la Sicilia (ibn Hamdīs)
Ricordo la Sicilia, e il dolore ne suscita nell’anima il ricordo. / Un luogo di giovanili follie ora deserto, animato un dì dal fiore di nobili ingegni. / Sono stato cacciato da un paradiso, come posso io darne notizia? / Se non fosse l’amarezza delle lacrime, le crederei i fiumi di quel paradiso. / Oh custodisca Iddio una casa in Noto, e fluiscano su di lei / le rigonfie nuvole! / Ogni ora io me le raffiguro nel pensiero, e verso per lei gocce di scorrenti lacrime. / Con nostalgia filiale anelo alla patria, verso cui mi attirano / le dimore delle belle sue donne. / E chi ha lasciato il cuore a vestigio di una dimora, a quella brama col cuore fare ritorno. / La terra ove germoglia la pianta dell’onore, ove dei cavalieri / caricano guerra contro la morte. / Viva quella terra popolata e colta, vivano su di lei le tracce e le rovine! / Viva il profumo che ne spira, e che i mattini e le sere / fan giungere sino a noi! / Vivano fra essi i viventi, e vivano anche le membra loro composte nel sepolcro! / Io anelo alla mia terra, nella cui polvere si sono consumate / Le membra e le ossa dei miei, / come anela fra le tenebre al suo paese, / smarrito nel deserto, un vecchio cammello sfinito. / Vuote mi sono rimaste le mani del primo fiore di giovinezza, / ma piena ho la bocca del ricordo di lei. (pag.28)
– Il ritorno nelle giovani menti, di quel tempo evocato che ebbe la fortuna di rimuovere ogni negativa prospettiva di sviluppo, trae oggi la Bellezza d’ogni cieca considerazione, d’ogni sorda aspettativa, d’ogni supina rassegnazione. Ora quei giovani reclamano tramandare con la parola scritta nella storia, le metamorfosi dell’immateriale consapevolezza della “bellezza” che nell’anima si è fatta episodio e si è trasformata in estetica delle primavere.
La primavera è conforme alla rinascita, al tempo d’attesa d’ogni aspettativa, di raccolto fruttuoso dei piaceri, ro travagghiu, della festa mitigatrice delle sofferenze, protettrice delle offuscate peculiarità, dei conflitti oscuri e pettegolezzi infestanti e mortificanti. La Primavera, riluce del risveglio, di una immutata consapevolezza di valori che l’intelligenza e il genio del luogo ebbero a attuare per sé e per ogni generazione futura. Noto del 1977, ancora incredula s’appropria del valore estetico che la proclama Giardino di pietra, rifiuta ogni conflitto tra ambiente e territorio per ripristinare la dote pregnante della Natura affinché da Vendicari a Eloro, a Calabernardo, all’Alveria, a Cava Grande di Avola, a Castelluccio, a Finocchito, a Maccari, si liberi definitivamente dagli asfittici sistemi di vita paesana. Fiorisce il giardino di pietra.
Ciascuno sente il dovere di allargare le braccia per squarciare i coprenti veli e paurose ragnatele. Fa ciò tenendo in mano un fiore spontaneo appena sbocciato per dar corpo e anima alle cose, tenendo china la testa sulle basole su cui cammina e alzando gli occhi sulle erette fabbriche si riconosce in ciascuna di esse e su di esse ripone la propria identità. Celata alla vista panoramica di chi da Siracusa arriva alle sue porte dalla verdeggiante Flora, s’apre la Porta Reale. Il visitatore è attratto e rapito dall’elevata concentrazione dei volumi e proporzioni monumentali, dai dettagli decorativi, dalle apparenti simmetrie, dalle variazioni degli spazi scenografici, dalle luci e dalle ombre che per tutto il giorno ne creano e arricchiscono ogni visione. Le chiese, i palazzi, le fontane del Corso sono tutt’uno con le smeralde fronde ombrose che dalla Flora conducono a Piazza XVI Maggio, fino a Piazza Nino Bixio, in vigile discrezione, di voce in voce, dei palazzi di via Cavour, come se d’ogni passante o visitatore, tra gli indifferenti sussurri dei cittadini, ne dovessero cogliere, per ogni via di collegamento perpendicolare, il pieno compiacimento, i passi, il rinfresco e la gioia della visione per appagare la lunga attesa.
Su tutto, della silenziosa Noto, sembra dominare da Nord l’ampia facciata e scalinata della Chiesa Basilica Cattedrale, con sguardo corto sul popolo e lungo fino all’orizzonte dello Jonio e all’aperto cielo. Da Est il SS. Salvatore, da Ovest il perduto San Camillo e da Sud il San Carlo coadiuvano alla protezione dei fedeli diocesani. D’un tratto, come un dardo di brama, mirato dal pensiero, s’apre dal corso via Nicolaci fino a Montevergini, è la strada più bella d’Europa. Così rivelata da Cesare Brandi, che accoglie e trascina in un unico abbraccio affettuoso anche il meno voglioso o curioso turista, che forse un po’ stanco, non vorrebbe affrontare quella pur lieve salita. È talmente tenero però il coinvolgimento di quell’insieme armonioso che all’esitazione dubbiosa del visitatore, carpita dalla flemma stanziale, risponde il ruffiano consiglio del passante occasionale nuticiano: vada, ne vale la pena!
Così, davanti al libro aperto di Palazzo Nicolaci, con le rappresentazioni simboliche, con le letture interpretative, l’estraneo familiarizza con la nuticianità, con quei modi propri, cordiali e convincenti che dal messaggio di quei simboli induce alla compiacente amicizia e rafforzamento del sentimento di vicinanza e di identificazione. Forse, si è un po’ diventati parte di Noto, si assume la cittadinanza di gente per bene e dai solidi valori sentimentali d’umanità e fratellanza. (pag.29)
Nuzzo Monello
(a cura di Biagio Iacono)
NOTA BENE: – Le foto di questa puntata sono tutte di NuzzoMonello
– FINE DELLA SECONDA PUNTATA