“L’Archivio di Giuseppe Leone: che fine farà?” di Enzo Papa
L’Archivio di Giuseppe Leone: che fine farà?
di Enzo Papa
Anni fa, qualcuno ebbe a scrivere che “La Sicilia non esiste”, nel senso che esiste solo nella testa, come dire nell’idea che ciascuno si fa della Sicilia. Prendendo in prestito quel concetto, condividendolo e facendolo suo, Bufalino scrisse dei mille volti della Sicilia, della Sicilia plurale, delle cento e più Sicilie che “non finiremmo mai di contarle”.
E’ proprio così. Ogni descrizione, ogni opera letteraria, ogni poesia, ogni dramma o commedia, ogni pittura, ci danno sempre un’immagine parziale e personale della nostra terra, ci offrono, insomma, l’idea che l’autore se n’è fatta dal suo angolo visuale. E’ così anche per la fotografia.
E c’è un fotografo a cui ben s’attagliano le bufaliniane cento Sicilie, un fotografo che da più di settant’anni si arrovella a sciogliere gli enigmi siciliani, a girovagare in lungo e in largo, per trazzere, viottoli di campagne abbandonate, strade maestre, vicoli paesani e strade di città, piazze, spiagge, montagne, boschi, città vive e città morte, palazzi aristocratici, ovili e baracche, mercati, conventi e monasteri, templi greci e chiese barocche, interni sontuosi di antiche dimore, giardini arabi e statue classiche, albe e tramonti. E ancora feste religiose, volti di fanciulli e di fanciulle, sagre paesane e giochi di ragazzi, personaggi curiosi, gallerie di ritratti di donne e uomini illustri, solitudini e assembramenti.
Insomma, i mille volti e più della Sicilia sono racchiusi nelle oltre cinquecentomila lastre fotografiche (o scatti che dir si voglia) di Giuseppe Leone, nel suo immenso archivio: un inestimabile tesoro di memoria collettiva che documenta cambiamenti, metamorfosi, trasformazioni della condizione sociale isolana, dei luoghi, delle abitudini, delle tradizioni, ma anche di personaggi, scrittori, poeti, pittori, artisti che hanno svolto ruoli di primo piano nella storia siciliana a cavallo dei due secoli. Non solo. Sembra a volte che l’inno che egli ha innalzato ai vari aspetti della Sicilia, ora, col senno del poi, sembra venato del sangue invisibile dell’accusa, della denuncia; sì, una querela sembrano tanti scatti che testimoniano e documentano irrevocabilmente un mondo perduto, a volte oltraggiato e dimenticato, sopraffatto dall’inquietante forza di una presunta modernità che non sa riconoscersi nel suo più recente passato, immemore di se stessa.
Da settant’anni Leone racconta la sua Sicilia. E’ un racconto, egli dice, circolare, che non ha un traguardo, un limite, ma torna irrevocabilmente su se stesso. “ Non mi stanco mai di scoprire la Sicilia, questa nostra terra di tragedia, di commedia e di bellezza, di sciogliere i suoi enigmi e di conoscere i suoi sortilegi, La Sicilia è in me come una linfa vitale”. “Sembra scivolato da una pagina di Brancati”, ebbe a scrivere di lui Leonardo Sciascia.
Ebbene, ha un cruccio Giuseppe Leone, questo maestro riconosciuto a livello internazionale insieme ad altri gloriosi nomi della fotografia siciliana, da Enzo Sellerio a Ferdinando Scianna, da Melo Minnella a Letizia Battaglia, un cruccio prepotente e amaro, un’afflizione non rassegnata, ma viva e pungente. Si chiede, il maestro ultraottantenne, che fine farà il suo archivio, amorosamente custodito, ordinato e catalogato nel suo studio-galleria in via Vittorio Veneto a Ragusa, gelosamente custodito dai suoi due angeli assistenti, Federica e Manuela.
Pochi giorni fa, alla presentazione ragusana dell’ultimo dei suoi sessanta libri di immagini, “Pausa pranzo”, curato amorevolmente da Concetto Prestifilippo e da Federica Siciliano, edito da Plumelia edizioni, qualcuno mi chiese se Leone fosse un poeta o un narratore. “Leone ha dell’uno e dell’altro – risposi – perché la sua narrazione per immagini si sostanzia di poesia. Per questo i suoi scatti ci commuovono”.
E dunque? Chi penserà a salvare quel leonino prezioso archivio fotografico? Non dovrebbe diventare patrimonio comune ed essere acquisito dalla Regione Siciliana e messo a disposizione degli studiosi? Che ne direbbe l’Assessore Regionale ai Beni Culturali, quantunque già sulla soglia? E il Sindaco di Ragusa? O anche questa è solo una favola?
Enzo Papa
NOTA BENE: Questo articolo di Domenica 25 Settembre 2022
è tratto dal quotidiano LA SICILIA di Catania,
che ringraziamo per la gentile collaborazione.