“Lettera a Grazia Maria Schirinà” di Orazio Di Rosa
“Lettera a Grazia Maria Schirinà”
di Orazio Di Rosa
Gent.ma Grazia Maria Schirinà,
ho riletto, sì, ho riletto “Sul filo”, il tuo recente libro, e non una sola volta! Un testo che si connota con tale titolo non può essere “trattato” come succede con altre pubblicazioni; vanno svelate le pieghe del suo contenuto, vanno scrutati e interpretati i labirinti delle tantissime scansioni temporali, goduti i personalissimi ritmi di un periodare caratterizzante i particolari meccanismi della psiche, che solo il sontuoso possesso della lingua scritta sa dare.
Un titolo scarno nella sua minutezza letteraria, ma carico di un significato, in un prima in apparenza occulto, ma che poi svela la immensa spazialità propria delle parole il cui credito si adatta alle molteplicità delle vicende narrate. Un titolo, chiamato pertanto, come in questo caso, a contenere gli estremi di una vicenda umana, breve nella durata temporale, ma intensa e fortemente vissuta, per certi versi unica, perché condizionata dallo sconvolgente svolgersi di situazioni al limite del possibile.
Una vicenda raccontata con assoluta sincerità, una confessione quasi, e il frastornato lettore, sorpreso e incredulo, portato a interpretare una sequenza di accadimenti, con la scena principe che immagina la protagonista ferma di fronte ad uno specchio e, gli occhi negli occhi, rivolgere a se stessa una richiesta, una confessione, un invito a raccontarsi: Dài, donna, amica, sposa, madre, sorella, svela, dichiara, racconta che pensavi, quali bui contorni aveva la tua condizione, a chi ti sei affidata.
Ed ecco, dopo un profondo esame interiore, dopo un’attenta riflessione, prendere corpo e portata avanti l’idea di assegnare alla parola scritta la narrazione di un dramma umano mai immaginato, illustrato e presentato nei particolari che solo la nitidezza del ricordo del vissuto di una cruda realtà riesce a dare. E, pur muta, hai parlato. Con te stessa. Hai fissato sulla carta quello che ti dettava il cuore, ciò che è rimasto impresso nella tua memoria e che mai si cancellerà. Hai parlato, dicevo, dando forma e peso alla fede in Dio che mai hai abbandonato; hai dato totale credito alla forza delle preghiere delle persone care.
Hai parlato della fiducia che hai riposto nella Provvidenza e in coloro che avevano la tua vita nelle loro mani. Hai descritto con rara maestria la malinconia, il freddo, la solitudine del tuo animo nei giorni che non erano i tuoi, ricordando quelli la cui gioia, e i cui sorrisi dividevi con le persone care, con chi ti era vicino.
E hai parlato infine – ed è la parte più toccante – dell’insospettata svolta: Poi un giorno, inatteso, il miracolo. Un soffio caldo, vivifico, è volato nella giusta direzione; le ombre funeste che un malefico filo aveva su di te addensato: dissolte. La tua fede nel Divino e la potenza dei voti di chi ti vuole bene, hanno vinto. E sei tornata. E la gioia di tutti non poteva non essere pari alla pena vissuta nei giorni bui quando, in una devastante personale condizione dello spirito, ognuno vedeva spegnersi una luce: la luce che proviene dalla amicizia e dall’amore, che alcune persone, spinte da individuale forza interiore, riescono magicamente a dare.
Orazio Di Rosa