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“Noto, Littoriale 1932: “La Lupa” del musicista Pierantonio Tasca e Vitaliano Brancati.” di Enzo Papa

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“Noto, Littoriale 1932: “La Lupa” del musicista Pierantonio Tasca e Vitaliano Brancati.” di Enzo Papa

 – Noto, Littoriale 1932:

“La Lupa” del musicista Pierantonio Tasca

e Vitaliano Brancati. –

di Enzo Papa

“La Lupa” del musicista netino Pierantonio Tasca, con libretto di Federico De Roberto tratto, ovviamente, dalla novella di Verga venne messa in scena la sera del 21 agosto 1932 .

Ci fu, negli anni trenta del secolo scorso, a Noto, un’impresa teatrale, di teatro lirico, chiamata con termine in voga fascista “Littoriale”; terza arena dopo Verona e Caracalla. Un grande teatro all’aperto capace di sei, settemila mila posti che per qualche anno, dal 1932 al 1939, con la sola interruzione del 1935, durante l’estate trasformò a Noto il campo sportivo in una immensa platea. Venne inaugurato il 17 agosto 1932 con un’imponente messa in scena di “Aida” di Giuseppe Verdi: uno spettacolo superbo, con la partecipazione di artisti della Scala di Milano e con l’orchestra diretta dal maestro Franco Ghione. Ma a noi qui interessa l’altra opera messa in scena in quella prima stagione, e cioè “La Lupa” del musicista netino Pierantonio Tasca, con libretto di Federico De Roberto tratto, ovviamente, dalla novella di Verga.

La “prima” di quest’opera venne data la sera del 21 agosto. Una campagna pubblicitaria su tutti i maggiori giornali dell’isola informava che per tutta la durata della stagione lirica dalle stazioni ferroviarie della Sicilia partivano treni diretti a Noto con lo sconto del 50% sul costo del biglietto e che, dopo lo spettacolo, dalla stazione di Noto alle ore 1,30 partiva un treno diretto a Siracusa dove giungeva alle 2,30. Inoltre la platea era stata portata a diecimila posti tutti a sedere, numerati e divisi in settori assegnati ai maggiori centri dei Comuni delle province vicine. Così veniva dichiarato nelle pagine pubblicitarie.

Il melodramma di Pierantonio Tasca ha una lunga storia, come testimonia il carteggio di ventisei lettere scambiate tra il musicista e Verga, pubblicate da Gino Raya nel 1985 sulla rivista “Netum” di Biagio Iacono. Un rapporto iniziato già nel 1911 con le riserve della casa editrice Ricordi pur sollecitata da Verga, continuato negli anni successivi tra alterne vicende, fin quando Verga, che aveva provato a trarre dalla sua novella un libretto d’opera, forse stufo e stanco delle vertenze giudiziarie con Mascagni e per le indecisioni di Giacomo Puccini, decise di affidare il compito a Federico De Roberto che, in effetti, portò a termine il libretto. Ma non fu possibile mettere in scena l’opera, se non, appunto, nel 1932, quando già sia Verga che De Roberto erano morti e Tasca era già ultrasettantenne.

La copertina della Rivista Netum dell’Ottobre 1985, in cui fu pubblicato il Carteggio fra Verga e Pierantonio Tasca a firma del prof. Gino Raya.

 E’ certamente interessante leggere il lungo commento che di quella serata fece Alfredo Sangiorgi sulle pagine de “Il popolo di Sicilia”: tutto un elogio, un plauso, un panegirico dell’opera e del maestro Tasca, del direttore d’orchestra Franco Ghione, della protagonista Giulia Tess, soprano e attrice, di Nina Corsi, del baritono Lulli, del basso Josè Santiago e di tutti gli altri cantanti, attori e maestranze. Ma in effetti l’opera non ebbe successo, tant’è che per la replica del 23 l’impresario Sallicano per avere più pubblico consentì l’ingresso gratuito a molti cittadini e addirittura ad annullare la replica del 25, sostituendola ancora con l’Aida.

Ad assistere a quella prima c’era il ventisettenne Vitaliano Brancati che cinque anni prima si era laureato “summa cum laude” con una tesi proprio su Federico De Roberto. Egli scrive e pubblica sulla stessa pagina de “Il popolo di Sicilia”, dove scriveva il padre Rosario, un articolo di cui avevo memoria e che ora mi è stato recuperato da un giovane studioso di Brancati, Nunzio Bellassai. Si tratta di una rarissima pagina di tono lirico, non priva di reminiscenze dannunziane, una descrizione poetica dell’atmosfera che quella sera si respirava (Atmosfera, infatti, si titola l’articolo), ma, in effetti, priva di giudizi di valore, di merito, al contrario dell’articolo di Sangiorgi. Egli si sofferma a guardare, ad osservare, incantato e quasi affascinato, invitando il lettore a muovere lo sguardo insieme a lui dal cielo stellato dove già sorgeva la luna, sulla platea dove “sullo scuro degli abiti i volti galleggiano come ninfee”, sul grande palcoscenico che appena illuminato si apre “come una voragine luminosa”, sulle scene variamente colorate dei due atti, sul coro che “irrompe con un colore di cenci portati da una raffica”. Ed è particolarmente suggestiva la scena finale con cui si chiude l’articolo, con le belle ragazze “che viaggeranno nell’aria fresca della notte tenendo la mano fuori dal finestrino per accarezzare…”. E’, questo, un aspetto particolare del giovane Brancati che scrive un breve pezzo di sensibilità e di intelligenza, una pagina vibrante di parole volatili e musicali, una prosa d’arte che sembra venir fuori da un flauto dolce.

Enzo Papa 

NOTA BENE: IL TESTO DI CUI SOPRA E’ APPARSO IL 6 GIUGNO 2024  SULLA PAGINA CULTURALE DE “LA SICILIA” DI CATANIA, CHE RINGRAZIAMO PER LA COLLABORAZIONE.

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