“Riflessioni sull’Opera di Nuzzo Monello: cuore e radici dell’Invisibile” di Corrada Spataro

“Riflessioni sull’Opera di
Nuzzo Monello: cuore e radici dell’Invisibile”
di Corrada Spataro
La rilettura di queste immagini gigantografiche mi ha fornito delle risposte a domande che spesso mi sono posta. Mi sono chiesta molte volte perché dopo una attenzione fotografica per porre in evidenza quanta bellezza contenessero le trascurate realtà afferma che il piccolo è bello, ancorquando sfuggente alle distrazioni del quotidiano. Dopo avere indagato per decenni particolari architettonici, sentimenti evocativi, aspetti di vita sociale, del lavoro artigianale, delle tradizioni, dei valori religiosi etc., Nuzzo si è dedicato negli ultimi anni allo studio esclusivo della natura, in particolare della flora spontanea dei monti Iblei di Avola, con devozione e abnegazione come il restare per ore disteso a terra in condizioni precarie e non confortevoli.
Quella piccola quanto bella antesi, quasi invisibile a tutti e perciò calpestata, trascurata, ignorata, dalla difficile interpretazione per il suo valore intrinseco della pregevole biodiversità dei luoghi e della consistenza, caratteristica naturale, della macchia mediterranea. Da quelle immagini si traduce una bellezza composita e una produzione iconica definita dagli esperti di botanica come documentazione di valore artistico e scientifico.
La rivisitazione di quelle immagini mi ha suggerito una chiave di lettura: la natura è un’àncora. Un’àncora che si incarna nell’eterna umiltà, nel suo infallibile immenso donarsi. Dono di essenziale bellezza, da non apparire indispensabile, quasi di vita indifferente e irrilevante, per le peculiarità di sopravvivenza, sia per le specie presenti in natura, sia per l’intera umanità. Nuzzo di fatto ha semplicemente continuato il suo dialogo con l’uomo incapace di recuperare i suoi stessi valori ancestrali, quali la gratitudine tra gli uomini e il rispetto dell’ambiente.

da Antologia – Ophrys oxyrrhynchos subsp. calliantha (Bartolo e Pulv.) Galesi, Cristaudo & Maugeri – Ofride bel fiore.
Il cuore e le radici di questa indagine si rintracciano nei segni della nostra tradizione e soprattutto in quella ricercata sinergia tra l’osservatore e il contesto della sua osservazione quale ipotetico incontro e occasione relazionale tra sé e il mondo. Nel far propri i processi psicologici che danno avvio a quella ricerca, intesa come significato e significante della sua stessa esistenza sociale e culturale, nella quale chi fotografa si lega alla visione in modo tale da restituire attraverso l’immaginifico il senso della sua appartenenza, di chi impara ad apprendere dall’ambiente che lo circonda, dalla sua storia, dalla solare luce e dal calore, dalle tradizioni e dal folklore, la magia del pensiero, la religione, i costumi e gli aspetti dell’ingegno costruttivi, dall’urbanistica e dall’architettura barocca, sebbene anche questa definita da molti architettura minore.
È pur sempre l’architettura che l’uomo nel tempo e per quel tempo ha potuto e voluto esprimere al meglio per l’affermazione della propria identità. Questi artistici affreschi mediatici, queste rappresentazioni del reale, la trasversalità culturale del loro fine comunicativo hanno avuto lo scopo di suscitare emozioni.
L’opera artistica, peculiare della personalità di Nuzzo e del suo “zumare fotografico” coglie il fascino della vita per restituire all’osservatore i valori propri antropologici e culturali.
Corrada Spataro