“Luoghi” tra Arte e Natura: un libro di Orazio Di Rosa.
tra Arte e Natura:
un libro di Orazio Di Rosa
fresco di stampa.
Noto, 16 Marzo 2022 – Me lo vedo all’improvviso, con la sua Panda azzurra, sotto il maestoso carrubo della mia casa alla Zisola, che viene a salutarmi fraternamente, l’Autore di questo ennesimo “Viaggio fra Arte e Natura”: è l’amico prof. Orazio Di Rosa, già dirigente scolastico, conosciutissimo e molto apprezzato anche al di là della ristretta cerchia di “attempati” ma non “domati” dal Tempo. Sì, quella stessa mitica divinità che, come l’Amore del poeta V. Cardarelli, “…brucia la Vita” mentre oggi s’abbatte in guerra sulle nostre vite dilaniate dal Covid senza concederci neppure una tregua!
“Tregua” che, invece, il nostro prezioso Autore ci e si concede nel recente suo libro di ben 136 pagine patinate a colori, in cui il Lettore non frettoloso, non appena vi si immerge, “vola” verso quel mondo perduto di ieri che non abbiamo ancora dimenticato, costretti come siamo stati a forzate clausure d’ogni tipo, proprio mentre oggi in piena Europa è in corso l’infame guerra fratricida d’una Russia caina che s’avventa sull’indomita fragile Ucraina!
Andremo mai, ancora, nei Luoghi descritti con rapide ma sapienti pennellate da Orazio Di Rosa in questo libro? Non credo! E, se ci accingiamo trepidanti ad un qualunque “viaggio” fuori casa, corre il pensiero ai giorni passati senza gli incubi odierni, per cui non è meglio, forse, fare su queste pagine – mi dice il Nostro – un “Lungo e appassionante Viaggio zigzagando lungo i sentieri del Bello e del Particolare fra Arte e Natura, rievocando insieme minimi cenni di Storia senza pretese d’essere esaustivi?”
Sarà: per questo è meglio scorrere, di quest’opera, almeno sommariamente gli argomenti d’un dettagliato Indice coi sottotitoli che l’Autore attribuisce alle 29 località o Luoghi – come li chiama – leggendo la sua Premessa e riflettendo sulla sua Conclusione che, diciamolo subito, è pur sempre una …Provvisoria Conclusione perché prelude al di lui prossimo Viaggio reale e fantastico di Luoghi …altri, come in tanti decenni di nostra vera Amicizia egli ha sempre preannunciato non mancando mai di narrarci realmente e fantasticamente i suoi voli di sogno!
Biagio Iacono
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L’INDICE DEL LIBRO:
PREMESSA – AQUILEIA: Fantastica scoperta nella Basilica patriarcale di Poppone – BERGAMO: La Città dei Mille -“benemerita” del Risorgimento – BILBAO: Il Guggenheim Museum–modernismo estremo – CALABRIA: Nella Sila i “Giganti” di Fallistro – CASTELNUOVO DEL CARSO (GO): Il Parco “Letterario” Ungaretti – CATANIA: Il federiciano Castello Ursino-simbolo di imperiale potenza -CERRETO SANNITA E NOTO: Città due volte gemellate – CHIARAMONTE GULFI: La magica sinfonia dei suoi otto musei – COLLODI: La “Casa” di Pinocchio – CORDOBA: Otto secoli di storia abbracciano la mezquita – LENTINI: La contrastata storia del “biviere” – LIBERTINIA: Borgo mussoliniano dall’architettura razionalista – MANIAGO: Due dialetti per una città -MARCHE: Un nome plurale- Dal monte San Vicino alla Riviera del Cònero – MERANO: I Sentieri di “Sissi” – l’incantevole sovrana asburgica – MODICA: Il Duomo di San Giorgio – splendido esempio di facciata-torre – NOTO: La sacralità delle pitture murali del pittore De Ieso – PALAZZOLO ACREIDE: Il Museo dei Viaggiatori del Grand Tour in Sicilia – PALERMO: Il “Cammino della Fede”– da Quisquina al Monte Pellegrino – PANTELLERIA: L’isola nera tra “dammusi” passito e capperi – PARIGI: Al Louvre la Venere di Milo e l’agalmatofilia – PETRA: La misteriosa città giordana scolpita nella roccia -SABBIONETA: Città reale-sogno di Vespasiano Gonzaga – SAMBRUSON: luogo dell’anima–tra la Romea e la Riviera (del Brenta) – SAN PIETROBURGO: L’Ermitage–un Museo infinito – SCICLI: La Vergine a cavallo che sconfisse i Saraceni – SPERLINGA: Il castello con la targa in latino – VENOSA: Città piccola ma ricchissima di Storia – VILLE VENETE: Una spettacolarità unica di architetture eccelse – CONCLUSIONE.
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PREMESSA DELL’AUTORE:
Eravamo poveri, nel ’38, (eccetto i ricchi e i benestanti) e l’Italia che inviava migranti ai quattro lati del pianeta, si apprestava ancora una volta ad infilarsi in quel terribile tunnel che è ogni sorta di guerra, e quella sarebbe stata la quinta in solo quattro decenni del secolo, dopo quella della Libia, del 15/18, dell’Etiopia e della Spagna. Ed eravamo poveri! Si viveva alla meglio e, anche senza guerre, di molte cose non si sapeva che esistessero.
Ero in terza io nel ’38 e ad esempio non avevo l’idea di cosa fosse la merenda; non la facevo, semplicemente ne ignoravo l’esistenza. Finalmente, un paio d’anni dopo, nella casa della nonna (ma un pezzetto era anche nostra), la incontrai, capii che c’era, non so come, e cominciai a farla: Negli isolati pomeriggi, dopo avere studiato: rosa, rosae, rosam, rosa, la mia merenda era un pezzetto di pane e come companatico qualche goccia di olio d’oliva. Finito, tutto lì.
Ma, anche la parola companatico non la conoscevo, era assente nel mio asfittico vocabolario. Era l‘olio, ma vallo a sapere! Ora che ci penso però, anche in terza facevo la mia merenda: il solito pezzo di pane e anche il companatico. Ma, come? E, sì, anche quello! E sapete che cosa era? Erano dei fogli di atlante, capitati tra le mie mani chissà come, e su cui mi tuffavo per ore, esplorando quella parte di pianeta che comprendeva anche la porzione in cui mi trovavo io. Mangiavo in effetti pane e geografia, cercando di trovare le risposte alle mie piccole e primitive curiosità.
Ed è nata lì, sicuramente, tra trucioli e segatura, che mi è venuta, e non è andata più via, quella voglia di saperne sempre di più di quella branca del sapere che corrisponde al quel nome magico che parla di paesi e continenti, di natura e di ambiente, delle meraviglie che ci circondano, dei cambiamenti operati dall’uomo, della necessità di comportamenti più rispettosi. Me ne è venuto un intimo personalissimo imperativo che è studio, ma anche diletto, quello cioè di interpretare i segni che le “carte” sottolineano.
Saperle “leggere” significa non essere ciechi o solo spettatori in quel contesto meraviglioso, quale esso sia, che ci circonda e che merita di essere rispettato. Trasferendo, se si vuole, notizie, le più interessanti, le più preziose, le più capaci di farci migliori. E, se si vuole, qualche volta, perché no, anche di divertirci.
Orazio Di Rosa
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CONCLUSIONE DELL’AUTORE:
E arriva la parola “fine”; arriva per ogni evento, per ogni lavoro, per ogni forma di vita. Fine anche per questa mia ultima fatica, voluta, accettata e posseduta, anche se a volte, poco tollerata perché ritenuta improba. E si arriva così all’ultimo atto: tracciare una conclusione, quale essa sia, con in agguato altre perplessità, altri interrogativi, annegati in un’ulteriore intima sofferenza: è opportuno dilungarmi? Si tratta di una confessione? Per chi ho scritto? Ebbene, tralasciando il perché si scrive, tante volte da me significato, non c’è dubbio che si scrive soprattutto per se stessi.
Individuato un tema, arrivano puntuali le idee, come assetati alla fonte. Basta sistemarle, ordinarle e il resto vien da sé. E, poi, si lascia tutto nel cassetto? Certo che no. E allora? Allora si fa strada prepotente la più importante delle funzioni della lingua scritta: la comunicazione; si comunica per trasferire al ricevente: messaggi, stati d’animo, informazioni, pensieri. Con un semplice gesto che è il dono di un libro, semplice certo, ma di sublime significato, le idee di colui che ha scritto passano ad altri, svelando la sua anima, dichiarandolo, mettendone a nudo fragilità e sicurezze.
E intanto prende corpo una innegabile verità: Quando si prende la parola, bisognerebbe parlare il meno possibile! Per essere stato pronunciato tale enunciato, da un illustre linguista, all’inizio di un corso di aggiornamento sulla lingua italiana, c’è da scommettere che esso possa valere anche per la parola scritta, per formulare una premessa o per dare voce ad una conclusione. E ho netta l’impressione che sia proprio così; costringere infatti il lettore a consumare il suo tempo, per interpretare il senso di quanto ha già letto, è come approfittare della sua magnanimità, della sua pazienza.
Ma, qualcosa bisogna pure che io dica, anche per dichiarare i motivi che mi hanno indotto, zigzagando, ad assemblare in un unico documento, questa volta, luoghi tra loro così lontani, dispersi prima nella nebulosa della mente, e poi tirati fuori impunemente, mentre non ci si può non interrogare perché questa scelta in apparenza così scomposta, perché questi luoghi sì e non altri, parimenti meritevoli di una pur se spicciola citazione. Ma, non è difficile motivare ciò, infatti ad un certo punto, come davanti ad una sbarra che cala, ci si ferma; un muro psicologico blocca il discorso, e perentoria arriva da dentro l’esortazione ad interromperlo. Basta così.
E, la ricerca e lo studio si soffermano, cibandosene e godendone, su quello che si è voluto evidenziare, con una curiosità culturale somigliante a quella di un bambino di fronte ad un giocattolo mai avuto prima. Ed eccoli messi in fila i luoghi trattati, riflettenti ognuno le proprie caratteristiche, la particolarità, le pluralità, i prodotti dell’Arte non riscontrabili altrove, gli itinerari degni di essere conosciuti. E infine, suggeriti di giusti giudizi e da accattivanti inquadrature, pronti a costituire altri saperi, pur nella modestia di un contenuto contesto.
Può somigliare tutto ciò ad uno sfarfallare come di api o farfalle, su variopinte infiorescenze? Nel senso buono, sì; è un po’ nella mia insondabile e incorreggibile natura!
Orazio Di Rosa