“SUL BARATRO” di Marina Valensise.
“SUL BARATRO” di MARINA VALENSISE
di Enzo Papa
Che aria c’era in Europa alle soglie della seconda guerra mondiale? Cosa avvertivano le intelligenze più vivaci, poeti, scrittori, musicisti, artisti, quali problemi, quali inquietudini, quali sogni agitavano i loro animi? Negli anni trenta sembrava che ci fossero come due repubbliche di intellettuali. Da una parte gli omologati alle direttive e all’influenza del “diavolo zoppo” Joseph Goebbels che già dal 1933 era potente Ministro dell’educazione popolare e della propaganda tedesca, scrittore fallito che meditava di attrarre attorno al Terzo Reich gli intellettuali di mezza Europa; dall’altra una consistente schiera di cervelli pensanti non omologhi, liberi, pronti e disposti a soffrire l’emarginazione, la solitudine, la prigionia o anche la fuga, in esilio verso altri lidi.
Il 1938, si sa, è una data cruciale, non solo per l’Italia per via della promulgazione delle leggi razziali, ma anche per tutta l’Europa, quando cominciò a soffiare sempre più lugubre il vento tedesco, specialmente quando tra il 9 e il 10 novembre, nella “notte dei cristalli”, il pogrom antisemita voluto dal delirante megalomane e stupido Goebbels giunse al suo punto massimo. Ma già sei mesi dopo la sua nomina, nel 1933, i sinistri e violenti roghi dei libri avevano dato segnali assai eloquenti delle nuove fiammate di idiozia, come fossero i primi sussulti di un vulcano pronto ad esplodere, o la punta di un iceberg che nasconde la sua forza dirompente.
Dunque, il 1938. Da qui, da quest’anno terrifico inizia lo straordinario viaggio che Marina Valensise compie nelle capitali europee, a cercare, come un rabdomante, l’aleggiante sentimento del passaggio traumatico da una ventennale situazione sostanzialmente di pace dalla fine della Grande Guerra, all’incombente situazione politica foriera di lutti e di dolore. “Sul baratro” ha titolo questo singolare libro che ha l’eloquente sottotitolo “ Città, artisti e scrittori d’Europa alla vigilia della seconda guerra mondiale”, edito adesso da Neri Pozza; e mai un titolo fu più puntuale di questo, perché veramente in un baratro, in una voragine di tormenti, di strazio, di indicibile dolore sprofonderà l’Europa da lì a qualche anno.
Porta l’incipitario 1938 ciascuno dei quindici capitoli, dedicati a quindici città, la cui temperatura politica e sociale è testata tramite gli eventi e gli accidenti biografici di uno dei personaggi che Valensise ritiene più rappresentativi di quella città, e cogliere dalla loro biografia e dalla loro condizione, con commovente partecipazione, umori, sentimenti, speranze, giudizi. Sono personaggi conosciuti, letti, amati dalla Valensise, personaggi a lei cari e a tutta una generazione, la mia compresa.
Il viaggio che lei compie, quasi una catabasi, un affondare lo sguardo nei destini di quelle intelligenze e dar loro voce, vuol essere un invito alla riflessione su quanto accadde, pensato al momento della caduta del muro di Berlino, ma “è solo in febbraio, quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina, che l’idea è esplosa di una sua nuova urgenza, sino a prendere forma in questo libro. Era arrivato il momento di ricordare, specialmente alle nuove generazioni, quale passato comune avessero vissuto le nazioni d’Europa alla vigilia della Seconda guerra mondiale.” Così lei scrive nell’introduzione, una sorta di “redde rationem” quasi a voler dimostrare “allora come oggi”, ieri la Germania di Hitler, oggi la Russia di Putin, che i corsi e i ricorsi storici continuano imperterriti a fecondare l’Europa.
Poeti come Anna Achmatova a Leningrado, protagonista dell’Acmeismo in opposizione al Simbolismo, ridotta al silenzio e alle umiliazioni, o a Praga Milena Jesenskà, la ribelle amica di Kafka destinataria “del più bell’epistolario amoroso del Novecento”, o a Parigi lo “scrittore senza patria” Odon von Horvàth, lì in compagnia con Joseph Roth e Franz Werfel, o a Roma dove Alberto Moravia, curioso viaggiatore “cosmopolita per vocazione” è costretto a piegarsi al regime e a giustificare la sua mancata iscrizione al Fascio, o ancora a Riga alla ricerca delle radici di Licy Wolff-Stomersee, moglie di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il viaggio di Marina Valensise procede verso Budapest con Sàndor Màrai, a Vienna con Stefan Zweig, a Berlino con Dietrich Bonhoeffer e così via, per ben quindici poste.
Dunque, che libro è? Cosa ha scritto questa straordinaria francesista, questa intellettuale di razza già direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Parigi e ora consigliere delegato della fondazione INDA? Cos’è questo libro che ulteriormente arricchisce la sua già vasta produzione? Indubbiamente è un libro che scaturisce da una afflizione, dal cruccio creato in lei, ma anche in noi, dal tempo presente. “E’ per questo che mi è parso utile chiamare a raccolta alcuni fra i più sensibili testimoni del Novecento, per riascoltare la loro voce e fare parlare l’autocoscienza europea sul baratro di una guerra mondiale il cui spettro, “mutatis mutandis”, aleggia ancora oggi”. Così scrive, non senza apprensione, nell’ introduzione. Ma è anche un libro che irradia luce di verità, che colma una deficienza culturale e, come tutti i grandi libri, mai potrà essere gettato giù dalla torre, come converrebbe a tanta inutile produzione letteraria.
Enzo Papa
NOTA BENE: Il testo di cui sopra è apparso Domenica 15 Gennaio 2023
su LA SICILIA di CT, che ringraziamo per la collaborazione.