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“La Letteratura Ibrida” di Enzo Papa

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“La Letteratura Ibrida” di Enzo Papa

LA LETTERATURA IBRIDA

Perché, più che mai si fa necessaria una riflessione sulla produzione letteraria contemporanea e sui molteplici livelli di senso come generati dalla Letteratura Ibrida.

 di Enzo Papa

E’ almeno da un paio di decenni che assistiamo ad un evolversi delle strutture linguistiche e della espressività. E’ un’evoluzione ramificata e articolata, che affonda i suoi tentacoli in linguaggi “altri” della contemporaneità, del parlato comune, dei dialetti, delle lingue straniere, dei media, della pubblicità, della tecnologia, del digitale e ora anche dell’Intelligenza Artificiale, contaminando inesorabilmente la lingua italiana in una miscela che fa rabbrividire i puristi della lingua.

La copertina del libro “Barocco e Moschetto” del prof. Enzo Papa, in uscita nel mese in corso.

L’ibridazione investe vari aspetti del nostro vivere quotidiano e della nostra cultura e si manifesta soprattutto nelle nuove generazioni, avvezze ormai ad un linguaggio comunicativo e ad una sintassi che fanno apparire la lingua italiana quasi una lingua morta. Non si tratta di un nuovo linguaggio che soppianta la lingua nazionale, né di una sua trasformazione, ma di un miscuglio, di un intreccio che dà vita a nuovi modi di esprimersi: un meticciato linguistico, insomma, in cui la lingua italiana sembra essere diventata una sorta di base d’appoggio.  

A ciò non si sottrae buona parte della produzione letteraria contemporanea in cui l’ibridazione ha creato una nuova “categoria” che si chiama LI, Letteratura Ibrida, in cui il mistilinguismo e il plurilinguismo prodotti a livello di sistema anche dagli inevitabili processi di acculturazione e di assimilazione, danno vita a nuove forme espressive. Ciò è certamente sintomo di una società in evoluzione che si avvia ad essere multietnica, multiculturale, multireligiosa, ma non è un fenomeno del tutto nuovo in quanto l’ibridismo letterario è già apparso prepotentemente nella seconda metà del secolo scorso, con la Neoavanguardia e con la poesia visiva dove la parola poetica interagisce con il disegno e la grafica alla ricerca di un nuovo e diverso codice espressivo. Ma anche le tavole parolibere del Futurismo sono ibride, come è ibrido il libro corredato di apparati figurativi in cui la parola non si trova in posizione ancillare rispetto all’immagine, ma in una sorta di sinapsi, di reciproca giustificazione.

Grande esempio di Letteratura Ibrida è la produzione di Andrea Camilleri la cui espressività è costruita su efficaci innesti dialettati di origine materna, familiari, non virgolettati, come dire non riportati, ma assimilati e assunti come parte attiva e funzionale del suo personalissimo codice linguistico, un codice che tanta fortuna ha avuto e anche tanti piccoli e insopportabili imitatori.

Anche la poesia dialettale non si è sottratta al fascino del “creolato” linguistico, perché un conto è scrivere in dialetto utilizzando, per chi lo sa fare, la lingua dei padri; altro conto scrivere in dialetto, sempre per chi lo sa fare, creando un meticciato di termini tratti dalla contemporaneità. O anche come fa il mio amico Sebastiano Burgaretta, che nella sua produzione poetica dialettale e in lingua, non fa mancare e vi intesse parlata avolese, mistilinguismo e plurilinguismo.

Sul n°3 di “Il Menabò” (1960) dove in maniera significativa ed emblematica pubblica “I giorni della fera” di Stefano D’Arrigo e di Raffaele Crovi un saggio su “Meridione e Letteratura”, Vittorini chiarisce la sua idea di scrittura letteraria e ritiene legittimo l’uso dei dialetti parlati dagli operai del Nord perché portavoce di progresso e speranza, mentre i dialetti meridionali, intrisi di scetticismo, immobilità e rassegnazione sono il linguaggio di un popolo sconfitto e sempre uguale a se stesso, “…poco raccomandabili ai fini d’uno sviluppo moderno della lingua e della letteratura”. Si tratta, egli dice, di una nuova koiné, del “miscuglio” generato nel triangolo industriale dall’incontro, dalla fusione dei dialetti meridionali con quelli settentrionali. Una lingua nuova, viva, dinamica, espressione della moderna società industriale, della civiltà metropolitana, coerente con i tempi: dunque una lingua ibrida, anche in grado di creare parole nuove.

Enzo Papa

Non poteva, Vittorini, apprezzare in alcun modo il dialetto siciliano, quello che egli conosceva fin dalla prima infanzia, perché non è portatore di alcuna novità, è stantio e rancido nella sua immobilità, come del resto sono i Siciliani, i personaggi incapaci di modificare le loro sorti, del “reazionario e schifosissimo Verga”, o come quelli che Tomasi di Lampedusa fa delineare al principe Fabrizio nel discorso con Chevalley.

Ibrida, infine, è ogni traduzione perché è impossibile trovare in altra lingua l’equivalente effetto dei termini della lingua originale, per cui il traduttore è costretto ad utilizzare parole comprensibili e familiari ai nuovi lettori, ma che mai potranno surrogare l’espressività dell’originale.

Più che mai, dunque, si fa necessaria una riflessione sulla produzione letteraria contemporanea e sui molteplici livelli di senso come generati dalla Letteratura Ibrida.

    Enzo Papa

NOTA BENE: L’articolo di cui sopra è stato pubblicato Marted+ 2 Ottobre 2024 da La Sicilia di Catania, che si ringrazia per la collaborazione.

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