“La Capinera di Noto: Mariannina Coffa tra vicissitudini esistenziali e letteratura.” di Giovanni Ottaviano
“La Capinera di Noto: Mariannina Coffa
tra vicissitudini esistenziali e letteratura.”
di Giovanni Ottaviano
L’Amico Dott. GIOVANNI OTTAVIANO – Famacista in Ragusa – mi comunica che, in contemporanea col nostro giornale, è apparso sulla prestigiosa Rivista IL PENSIERO MAZZINIANO lo stesso breve saggio che qui segue e che dopo tanto tempo, di cui mi scuso,finalmente pubblichiamo. Mentre lo ringrazio, mi complimento con l’Amico e con la Redazione della Rivista, avvertendo i Lettori che ho impaginato lo stesso pezzo a modo mio adattandolo alle esigenze dell’online.
Biagio Iacono
Lo scopo che si vuole perseguire in questo scritto sulla poetessa Mariannina Coffa (Noto 1841-1878), alla luce soprattutto delle ultime ricerche sulla sua opera, è il cercare di darne un assetto unitario e quindi una identità più compiuta della sua vicenda umana e letteraria.
Di essa molto si è detto e scritto negli anni focalizzando per lo più l’attenzione, come già osservato dal critico Carmelo Sgroi1, non tanto sulla sua poesia dai toni crepuscolari, legata com’è principalmente al sentimento d’amore oltre a temi riguardanti la religione e la patria, quanto sulle vicissitudini della sua vita: in particolare le vicende della storia d’amore con il giovane drammaturgo e musicista di Noto, Ascenzio o Ascenso Mauceri, come lei lo chiamava: storia d’amore contrastata dalla sua famiglia, quella dell’avvocato Salvatore Coffa, che la costrinse ad un matrimonio con un proprietario terriero di Ragusa.
Un caso, questo, come tanti altri, che rientra in quel costume, allora in voga, delle monacazioni e dei matrimoni forzati di cui Verga ci diede un esempio, nel 1870, con “Storia di una capinera”. Da qui l’appellativo di Capinera di Noto attribuito alla Poetessa.
Se quindi nei primi del Novecento, in pieno Positivismo, si diede una interpretazione lombrosiana della sua poesia in quanto la si riteneva influenzata da una patologia psichica, Benedetto Croce nel 1943 in Pagine sparse ne riconosceva una certa personalità anche se vi riscontrava eccessiva verbosità e scarsa disciplina artistica, mentre ne ricostruiva l’ambiente familiare e culturale attraverso le lettere.
Ciò diede impulso, appunto, all’interesse per l’epistolario, specie a quello con Ascenso (V. Gino Raya, Lettere ad Ascenso, Siracusa 1957), mentre veniva svalutata la poesia2. A rivalutare quest’ultima fu una iniziativa tipicamente locale, soprattutto ad opera del notinese Francesco Lombardo che inquadrò la poesia coffiana amorosa ma anche civile e religiosa in uno sfondo in cui una componente importante ebbe l’esoterismo di derivazione massonica. Del resto il Lombardo era anche lui massonico e magnetista nonché spiritista.3 Sotto questo aspetto il lavoro di Marinella Fiume “Sibilla arcana” citato, fa piena luce sul contesto sociale di quel tempo, influenzato, all’indomani dell’ unità, dalla cultura liberal-cattolica ma anche dalla fioritura di circoli massonici in cui si applicava il magnetismo e si praticava lo spiritismo.
I principi a cui si richiamava la Massoneria erano quelli ispirati all’armonia, alla trascendenza nonché all’uguaglianza e alla solidarietà. Il tutto faceva presa sulla personalità più che sensibile della giovane Coffa, già iscritta a sedici anni alla Società massonica Elorina, introdottavi dal padre, lei tendente alla malinconia e protesa all’amore verso Dio.4 Ritornando al discorso relativo alla rivalutazione della sua poesia, quest’ultima, secondo il Lombardo, aveva bisogno di essere sottoposta ad una attenta revisione critica, aggiungendo anche, relativamente all’improvvisazione poetica di cui la Coffa diede prova giovanissima, intesa come “sfogo di una coscienza in tormento”, che “ ho sezionato il modo di produrre della Coffa con qualche riflesso financo al Subcosciente.”5 Ciò spinse Gino Raya a rivedere il suo giudizio sulla poetessa tant’è che, negli anni Sessanta del Novecento egli dice, distaccandosi dall’impostazione crociana (Poesia e non Poesia), che aveva intuito “la carica ritmica” della Coffa anche se “ la coagula nelle Lettere ad Ascenso”.
Di conseguenza, egli continua, “pur mantenendo la linea progressiva del ritmo coffiano dai versi alle lettere, la nostra considerazione per i primi ci suscita ammirazione e gratitudine”6. D’altronde anche Carmelo Sgroi s’era espresso positivamente nel 1930 sulla sua poesia riconoscendo che “ la Coffa più ammirata e più letta è quella dei canti d’amore e di dolore”, come già osservato dal De Sanctis nella prefazione alle Poesie scelte a cura del Comune di Noto, nel 1883, in ricordo della Poetessa. Tuttavia lo Sgroi ebbe ad osservare, successivamente, e non senza fondamento, nell’introduzione alle Lettere di Mariannina Coffa a Mario Rapisardi, come “nulla la ispira all’infuori dell’antico e sempre vivo disinganno…E questo è il più grave difetto della sua lirica nella quale i sentimenti si svolgono con una tonalità sempre identica” 7.
Bisogna aspettare il 1988 per avere la pubblicazione di una scelta di poesie della Coffa a cura di Biagio Iacono. Essa vuole essere, come confessa il curatore nella prefazione, venendo incontro al suggerimento in tal senso dello Sgroi,8 il frutto di “un voto d’Amore”, rivivendo così …” tutto intero il dramma della di lei esistenza come Donna e l’attualità della sua dolcissima voce come Poetessa. 9
A definirne ancor più il carattere nella sua evoluzione dai Poesie in differenti metri del 1855 ai Nuovi Canti rispettivamente del 1859 e del 1863, è lo studio di Marinella Fiume che ne fa rilevare i toni “sospirosi” propri del tardo Romanticismo “con una certa preferenza per i toni del Melodramma…per approdare infine a una scelta personale e matura nella sua ultima stagione poetica” quando… “diventerà…la Poetessa dell’Amore e del Dolore per cedere il passo nell’ulteriore evoluzione poetica ad una poesia “veggente, esoterico-visionaria…”10.
A tal proposito è bene precisare che la Coffa, in due lettere al suo precettore, canonico Corrado Sbano che le aveva chiesto spiegazioni su dicerie che la ritenevano, insieme al suo medico omeopata Dr. Giuseppe Migneco, una spiritista, affermava di essersi sottoposta a sedute magnetiche ma di aborrire lo Spiritismo mentre il Migneco praticava il Magnetismo “per diletto” e non lo Spiritismo11.
Nell’introduzione a Scritti inediti e rari di Mariannina Coffa (Noto, 1996), Miriam Di Stefano ci dà un ritratto della Coffa, già stabilitasi a Ragusa nel 1860 dopo il matrimonio, anche attraverso le testimonianze di due personaggi che animavano allora a Ragusa, insieme alla poetessa e ad altri, un cenacolo culturale: il medico e storico Raffaele Solarino e il medico e letterato Filippo Pennavaria.
Proprio allora che, nel panorama culturale europeo, avanzavano le idee positiviste alla luce delle prospettive della ricerca scientifica, essi sentivano il bisogno di rivendicare l’importanza della poesia, per la Coffa quanto mai necessaria, dolce sollievo alle sue sofferenze, essendo per lei la poesia “Luce ed Estasi” 12. Il Solarino la descrive raffigurandola a “il corpicino di una libellula [che] fremeva al minimo soffio di una passione, d’un affetto…”.
Nel ’64 le muore una figlia in tenera età, lei si ammala, si confida con il Pennavaria che l’assiste e che nelle sue Considerazioni medico-filosofiche sopra un caso d’isterismo acuto con estasi e sognazione spontanea, confessa di aver notato in lei “eccessi estatici” che le danno “una meravigliosa bellezza [che] per circa 20 minuti ci tenne incantati”.
Pennavaria parla di “eccezionalità della natura morale e intellettuale [che] deve avere in lei un recondito concatenamento con la eccezionalità della natura fisica…/… Immagini, visioni” davano adito “alla riproduzione del cerchio ideale che risulta dai suoi carmi” 13. Le considerazioni del Pennavaria, come anche le applicazioni del magnetismo da parte del Migneco, costituivano, come già si è osservato14, i prodromi dell’avvento, alla fine del secolo, della Psicoanalisi.
Nel ’75 Mariannina è gravemente malata, per un fibroma all’utero, quando scrive la lirica Psiche che non piace allo Sbano in quanto la ritiene in odore di eresia, come da una lettera riportata in parte dalla curatrice15. Nel riaffermare i tre elementi in cui crede e cioè Psiche, Amore e Dio, ella si rivolge all’Umanità con richiami, a noi pare, all’Ideale mazziniano: “Psiche è il mio nome…il raggio della fede/Rischiara il nome mio/E, Umanità, chi al nome mio non crede/Rinnega Amore e Dio” “Li scrissi ieri quasi in mezz’ora, confessa allo Sbano (lettera del 25 febbraio 1875)16 non so come li scrissi – mi venivano a diluvio e i versi e le idee,né comprendevo ciò che scrivevo, durante la notte una voce continua mi ribatteva nel cervello la parola Psiche, Psiche. Mi è accaduta una cosa nuova e pensandoci mi sento presa da terrore…”.
Intanto le sue condizioni di salute si aggravano, si trasferisce a Noto per farsi meglio curare, ospite del dottor Lucio Bonfanti, allievo del Migneco, che l’assiste (i suoi le hanno negato la casa, vittime com’erano di pregiudizi), tuttavia lei scrive ancora, dei sonetti che manda anche alla rivista “La donna e la famiglia” di Genova preferendo a volte servirsi dell’anonimato.
“Li scrivo perché il cuore me li detta, confessa allo Sbano(lettera del dicembre 1875) la mia vita è tutta racchiusa nella poesia dell’affetto. Non creda, no che io abbia trovato o possa trovare sulla terra il celeste ideale dei miei sogni. Tutto ciò che scrivo, tutto ciò che è rivolto ad un Essere Ignoto, io credo che è anche un mistero per l’anima mia”17.
Tra gli scritti inediti e rari, figurano il primo atto incompiuto della tragedia Tasso e il primo canto de Il Vespro siciliano entrambi del 1858. Anche se i dialoghi tra i personaggi sono resi con delicatezza e nel secondo lavoro ci si rende partecipi dell’idea di Patria intesa nel contesto di una unione universale, il tutto ci pare che risenta di un certo manierismo proprio dell’epoca. Oltre ancora ad alcuni sonetti del 1863 e 1875, raccolti dalla curatrice col titolo di Liriche Sparse, attraversati da un intenso e disperato sentimento d’amore per Ascenso, figura un saggio del 1868 dal titolo Spagna! forse l’unico nella sua produzione letteraria, che scrisse due anni dopo la lettera di Mazzini ai Lavoratori ragusani18.
Richiamandosi alla rivoluzione del 1868 che mise fine in Spagna al regime oppressivo delle monarchie cattoliche, restie “a dare uno sguardo alla educazione del popolo”, Mariannina Coffa inneggia alla Repubblica che “ha rovesciato la monarchia, ha proclamato la libertà di coscienza, ha mostrato insomma la nuova forma di un governo che tocca quasi l’ideale della libertà”. Ma nessuna conquista, secondo l’autrice, sarà mai compiuta se non è accompagnata dall’interno da “una rivoluzione morale in cui gli uomini si stringeranno la mano per formare una sola famiglia”. Brani, questi, in cui ancora una volta si avverte, forte, l’influenza del pensiero mazziniano.
Gli ultimi versi a Filippo Santocanale del 24 novembre 1877, a nemmeno due mesi prima della scomparsa, ci mostrano una donna amaramente consapevole di essere stata lasciata sola, ma ormai rassegnata, dopo il suo grido disperato contro un costume fatto di grettezze e di pregiudizi, intesa a rivendicare la sua condizione di donna, il suo “cielo”, le sue “campagne”, il suo “mare”, la sua “terra”, il suo “paese”: un esempio, quello della Coffa, che, tra quelli di altre donne che allora, in vari campi, rivendicavano i loro diritti (ad esempio Giacinta Pezzana), si distingue per la sua drammaticità intensamente e intimamente vissuta19.
All’indomani della scomparsa avvenuta a Noto il 6 gennaio 1878 ad appena 36 anni, molte furono le manifestazioni pubbliche e private intese a ricordare le sue virtù di donna e di letterata e si continua a parlarne ancor oggi. Secondo noi, a sovrastare i vari giudizi sulla sua poesia, rimane quello del De Sanctis che ne intuì per primo, come ricordato da Carmelo Sgroi20, il vero significato e che vale la pena di riportare:
“L’autrice di questi versi non osò esser donna, e cullò tutta la vita ne’ sogni e ne’ desii vaghi indefiniti della prima età. Ti giungono sussurri, mormorii, melodie, e non sai onde vengono e dove vanno. Martire della sua anima rimasta vergine e quasi infantile, passò sulla terra, guardando al Cielo dove cercava la patria sua e dove sperava quiete. Questi versi raccolse la sua Città natale con pietosa cura, e onorando Lei onorò sé stessa. (Napoli, 1883)
Ragusa, 21 Gennaio 2025 – Giovanni Ottaviano
BREVI NOTE A MARGINE:
1) Sgroi “Cultura e movimenti di idee in Noto nel secolo XIX” Catania 1930,pag.67 e seg.
2) “Scheda critica” in “M. Fiume, ”Sibilla arcana”, Ed.ne Lussografica, Caltanissetta, 2000, pp.357-360
3) ”Scheda critica” cit.
4) Fiume, “Sibilla arcana” cit.pp.15-32
5) Lombardo, ”Sul valore della poesia di M. Coffa”. Resoconto della conferenza di G. Raya a Noto nel 1958 in M. Coffa ”Poesie scelte”, B. Iacono a cura di, Noto 1988 pp.236-237. Del Lombardo V. anche “M. Coffa e C. Sammartino ed altri riflessi di vita, d’arte e d’ambiente della poetessa netina” Noto 1959, ora ripubblicato col titolo “Zibaldone del 1959 sulla poetessa M. Coffa (1841-1878)”, B. Iacono a cura di, Noto 2024.
6) G. Raya “Sul valore della poesia di M. Coffa”, in risposta a B. Iacono che gli aveva chiesto un giudizio più esaustivo sulla medesima, in M. Coffa, ”Poesie scelte”, B. Iacono a cura di, Noto 1988 pp.239-240.
7) C. Sgroi, “Cultura e movimenti di idee..” cit. e “Lettere di M. Coffa a Mario Rapisardi”,” Archivio Storico Per La Sicilia Orientale” Catania, 1931, pp.1-18.
8) Sgroi,” Cultura e movimenti di idee” cit.
9) M. Coffa, ”Poesie scelte”, B. Iacono a cura di, cit. pp.4-5.
10) M. Fiume, op. cit. pp. 125-133 che comprendono un’ode “A Giuseppe Migneco”, medico omeopata che la curava. In essa, scritta nel 1875, lei ricorda che, nella prima giovinezza, apprese da lui “il gran concetto”.
11) V. M. Fiume e B. Iacono, “+Voglio il mio cielo”, Lettere di M. Coffa al precettore, ai familiari, agli amici” Bonanno ed. Catania 2014, pp.336-339.
12) M. Di Stefano, “Ottocento inquieto: gli anni di Mariannina Coffa a Ragusa”, Archivio Storico Ibleo,2000,pp. 69-81. Del particolare sentimento della Coffa per la poesia, si ha ulteriore conferma nelle lettere da Ragusa, dal 1869 al 1874, a Mario Rapisardi. In esse lei lamenta di non poter dare libero sfogo alle sue “ispirazioni”, tranne in rare occasioni, condizionata com’era dall’ambiente familiare che non si confaceva alla sua personalità. V.” Lettere di M. Coffa a M. Rapisardi” cit.
13) V. M. Di Stefano, introduzione a “Scritti inediti e rari” cit. pp. 7-16. Del Solarino ricordiamo che fu sindaco progressista del Comune di Ragusa Inferiore negli anni Novanta dell’Ottocento. Durante la sua sindacatura riuscì a dotare la cittadina iblea del rifornimento idrico adoperandosi anche nel campo dell’assistenza sociale. Come storico, ricordiamo la Storia de “La Contea di Modica” in due volumi editi entrambi a Ragusa, il primo nel 1885 e il secondo dopo la morte avvenuta nel 1903. E’ autore anche di una “Inchiesta agricola nelle due Raguse” degli anni Settanta dell’Ottocento. Del Pennavaria ricordiamo che fu anche letterato e poeta. Fu autore di una biografia della Coffa ora ripubblicata col titolo” Ragusa 1878: in memoria della poetessa”, B. Iacono a cura di, Noto 2024, oltre che delle “Considerazioni…” sul caso d’isterismo della stessa.
14) Fiume, “Sibilla arcana” cit. pp.51-56.
15) Di Stefano, introd. cit. pp.14-15.
16) Fiume e B. Iacono, “Voglio il mio cielo” cit. pag.377.
17) Idem pp.389-90.
18) La lettera è riportata nel volume “Scritti inediti e rari” cit. a pag.21.
19) V. in M. Coffa, “Poesie scelte”, B. Iacono a cura di, ”Lettera di M. Coffa al fratello Vincenzo”pp.225-29 e in “Voglio il mio cielo” cit. lettera di M. Coffa a certo Giovanni Dipasquale, amministratore dei beni del marito, pp.403-404.
20) C. Sgroi, “Cultura e movimenti di idee…” cit.
Giovanni Ottaviano