“Riflessioni sull’Opera di Nuzzo Monello: nel silenzio delle luci e delle ombre” di Corrado Celeste

Riflessioni
sull’Opera di Nuzzo Monello:
nel silenzio delle luci e delle ombre.
di Corrado Celeste
Il desiderio di registrare, schedare, ordinare o quant’altro possa permettere di consultare è una delle condizioni che manifestano quanto sia grande per l’essere umano l’interesse, in generale, di raccogliere e documentare per potere testimoniare, per suggellare gli innumerevoli piccoli passi che rivelano la conoscenza come verità, come storia, come fatti, come opere, come eventi e che richiedono spirito di interpretazione accompagnato da sentimenti di onestà e libertà. Onestà e libertà sono energia necessaria per accendere quella passione che può rendere i beni strumentali supporti credibili affinché si possa garantire che la comunicazione si innalzi e diventi una vera comunicazione visiva, sia essa espressione diretta, indiretta o simbolica. Non si tratta di saper dimostrare eccellenti tecniche produttive, queste sono anche necessarie, ma di sapersi collocare in un flusso spazio-temporale che ha il sapore della conoscenza e della saggezza.
È così che le immagini possono entrare a far parte di un catalogo vero, autentico, se alimentato da processi di ricerca e passione tanto da generare una profonda e marcata filosofia di vita. Questo catalogo fotografico di Nuzzo Monello presenta i caratteri di un bene dal valore etnografico ed antropologico, perché riesce a dare luce ad una attività di ricerca ricca di una semantica multifattoriale, con l’osservazione sistematica dei contesti, ciò che si fa, ciò che è stato fatto, come è stato fatto. Mette in rilievo ambienti antropici ed il valore aggiunto della presa di coscienza. Una presa d’atto in cui ogni uomo non può che essere visto quale soggetto attivo responsabile fra il sé e tutto il mondo relazionale che lo circonda. Un ambiente paragonabile ad uno scrigno pieno di indicatori di direzione, ove il tempo assume la connotazione di continuità generazionale.
Quasi un continuo passaggio culturale, profondamente psicologico, che si nutre di una socialità che porta luce e sfuma le ombre, indica le scelte “possibili”, le finalità ma soprattutto ricorda sempre con monito silenzioso e delicato la visione e la funzione olistica nelle attività dell’essere umano, e qui la fotografia diventa imprescindibile senso di orientamento e di equilibrio che non deve mai mancare. Quella di Nuzzo Monello, in questo catalogo, è certamente una fotografia caratterizzata da una forte visione antropologica con immagini dirette, indirette, con significanti che viaggiano tra una vasta prospettiva di campo ed una ricchissima raccolta di elementi critici.
Questo catalogo raccoglie e descrive bene attraverso immagini, intense e rispettose, le scelte e le attività produttive che caratterizzano la vita quotidiana nella fase dei passaggi culturali. Non si riferisce solo ad una sua realtà storica. La forza dei suoi contenuti attraversa i confini del suo periodo storico, (penetra e supera la linea del tempo) divenendo una realtà attuale attraverso la memoria. Descrive un’epoca ricca di eventi che pone una lunga riflessione di contrasti e di opposti, ma anche di concordanze e consonanze, come melodie che danno conforto. Creano uno spaccato di significati, ove l’interpretazione e la soggettività del pensare si materializza e si fonde con gli stessi beni prodotti dall’uomo, in una visione in cui la natura come madre generatrice, che non sta e non può stare fuori di noi, è parte integrante quale soggetto principale, è custode della vita. Ed è per tali motivazioni che il senso del messaggio fotografico diventa immanente, forza sempre presente ed energia vitale che mette in relazione generazioni diverse.
Tutto il catalogo si sviluppa attraverso un lavoro ricco di sensibilità artistica e di grande interpretazione segnica. Tutte le immagini raccolte sono portatrici di luce, come forza illuminante attraverso il particolare che si traduce in luce concettuale, forza di avviamento del pensiero, guida aperta a riflessioni critiche. Una raccolta che testimonia con l’atto dell’amplificare, l’intenzione di elevare ogni cosa affinché venga guidata dal senso, dal rispetto e dall’amore sempre profuso come un prima e un dopo, attraverso una linea temporale che non esclude ma accoglie con pari valore tutto e tutti. Accoglie e mette a confronto nello stesso momento l’esserci ora ed il suo futuro, accoglie ed esprime lo stato e la condizione dell’esserci ora e in prospettiva reale (come l’insieme dei bisogni nell’esserci heideggeriano).
È un orizzonte culturale di riferimento possibile per l’essere umano che nel suo più profondo valore esistenziale traccia un campo lungo di condivisione, molte pagine di vita operosa che generano autentica bellezza, vedi le immagini dei luoghi della comunità, Piazza Umberto I Avola 1973: riunione, confronto, collocazione temporale e spaziale, visione d’insieme su elementi di socialità stratificata dove il singolo è parte comune, parte integrante, è parte di un tutto. Potremmo fare una vasta carrellata di singoli commenti per tutte le immagini riportate nel catalogo, tutte meritevoli di attenzione. Ma per effetto di una trasversalità che le accomuna quasi tutte, per la loro natura critica, basta esaminarne alcune, la cui particolare finezza o intensità consente di poter entrare, liberamente, in più svariati ed interessanti ambiti contenutistici. Ogni elemento, ogni immagine catturata sprigiona una combinazione ciclica temporale.
Se si vuole provare a cogliere l’emozione di questa ciclicità si può fare ricorso all’immagine del “Mandorlo – controluce lunare” (foto qui a fianco) ove la stagione invernale, i rami spogli che danno forza ed espressività simbolica all’albero, si fondono in una luce in cui il tempo tra giorno, notte, e stagione diventa quasi un unico tempo tra passato e futuro. Un giorno, una settimana, un mese o un anno possono essere sentiti come unico valore dell’esserci, come bisogno fondamentale di una continuità che riesce a ridurre le differenze divisorie tra passato e futuro, attraverso le tenui sfumature di luce, con la forza evocativa della bellezza, incanto che affascina. Una bellezza che richiede ammirazione, contemplazione, non ammette opposizioni ma ricchezza nella diversità, che solo madre natura riesce a generare in modo gratuito e da cui ogni uomo può attingere energia e vitalità. Le immagini della vecchia tonnara, invece, risplendono grande fatica come gesta espressione di dono.
Su La prua (vedi foto), l’effetto complessivo dell’immagine, sapientemente visualizzata, restituisce una ripresa fotografica che ridimensiona lo spazio complessivo dell’ambiente di ricovero. E così quell’imbarcazione logora e attraversata dal tempo, riesce a far rivivere con intensità quel concentrato di espressioni materiali vento, onde, remi, braccia, reti, urla e canti dei marinai che hanno vissuto la forza del mare ed il peso di saper-dover governare la sofferenza per l’amore della famiglia e la passione per il loro lavoro. In questa immagine la prua, dopo tutti gli eventi vissuti, richiama quasi un giusto e meritato riposo e tutta l’imbarcazione da elemento inerte diventa elemento vissuto, richiama un ambiente ancora antropologicamente vivo, attuale, da onorare.
L’immagine del contadino, – “Il ritorno dal lavoro al calare del sole”, premio città di Avola “S. Allende” 1973, la Via (pag. 59) – è rivelatrice del modo in cui l’autore sia in grado di cogliere e osservare la realtà di una comunità.Un modo di fotografare che coniuga la visione del presente, in un dato momento storico, con quella di un futuro che lascia l’osservatore stupefatto per la particolare messa a fuoco della linea temporale che cambia nei progetti dell’uomo. Una intelaiatura dove il passato, l’antico, l’obsoleto, convive ancora con le metamorfosi che dovranno rivelarci quale possibile futuro.
Un carretto siciliano che quasi muove gli ultimi suoi passi in quel tracciato percorso per una intera vita, lentamente si muove quasi a rappresentare una ultima testimonianza in uno sfondo che focalizza in lontananza una costruzione a più piani, segno del nuovo che abbraccia una nuova socialità cittadina. Il punto di vista del fotografo Monello sorprende sempre perché precede tutte le fasi di risultato del prodotto, attraverso la sua curiosità, il suo interesse e la sua arguta modalità di scandagliare immergendosi in un mondo antropico dove il primo elemento sentito e trasmesso è il silenzio. Si il silenzio come elemento antropico è fortemente presente nelle immagini di questo catalogo, è Il silenzio come profondo rispetto per la memoria, per ogni vissuto come fare produttivo umano.
Ma quale silenzio può essere colto dalle immagini che scorrono i diversi aspetti di una comunità, di luoghi e soggetti? Il silenzio incarna il rispetto per l’importanza degli scatti, momenti che aprono ai molteplici scenari che l’osservatore sente. Se nell’osservatore la luce genera interesse, il silenzio genera il bisogno di parlare come atto del pensiero tra sintesi e analisi. Sono immagini che sollecitano la partecipazione, attivano emozioni intense e avviano il percorso della riflessione come pensiero produttivo. Le immagini hanno questa forza espressivo-evocativa, dove la dimensione espressiva è fortemente impregnata dal bisogno di comunicare. Comunicano e richiedono un confronto, testimoniano un momento di sintesi che confluisce subito nell’analisi, quasi un connubio tra l’implicito e l’esplicito.
Verrebbe da dire da questo catalogo e da queste immagini quali prospettive? Tante e tutte rivolte ai valori del confronto democratico, perché tutte partono, “alla pari”, perché il momento che muove l’artista in ogni scatto è preceduto dal suo intuire l’immediatezza dell’ascolto interiore, corredato da sentimenti percettivo-cognitivi e portato fuori attraverso il suo occhio. Le immagini di Monello si inseriscono in un progetto in cui l’occhio da fotografo è sostenuto da una visione dedicata alla ricerca antropologica e, in tale visione, lo stesso concetto di cultura si allarga fino a toccare le più svariate attività umane.
In questa preziosa raccolta per Nuzzo Monello fotografare diventa un bisogno di ricerca, ora con una visone panoramica in un quadro d’insieme, ora caratterizzato da interessanti scorci che invitano al gusto del particolare, quasi un mondo nuovo da conoscere. È come donare una parte di attenzione a ciò che ogni giorno ci è vicino ma spesso viene ignorato. E’ una ricerca che lo ha portato, sin dalla sua giovane età alla produzione di mostre quella sulle gigantografie (Avola 1973-1974), ove il particolare richiama il senso di una maggiore nitidezza verso una realtà più ampia, quella generale o meglio per superare quella standardizzata dalle stereotipie o dalle abitudini che bruciano le energie di un possibile pensiero rivitalizzante. Il particolare assolve quasi sempre a questa funzione, quella di richiamare il dettaglio che illumina lo spirito critico capace di mettere a frutto una maggiore compattezza visiva. Il particolare nutre con chiarezza una realtà più ampia e afferma la sua sostanza di significante, il suo valore, naturale e antropico, e il più delle volte permette di entrare nel cuore del problema o dell’evento come espressione di fatica, sofferenza, eleganza, dedizione, bellezza. Un particolare che presenta sempre una fortissima capacità creativa di pensiero.
Corrado Celeste