Lo Sbarco 1943 sulla costa a sud di Siracusa.
10 LUGLIO 1943:
LO SBARCO SULLA COSTA SUD DELLA PROVINCIA DI SIRACUSA
di Alberto Giammanco
La Sicilia, da quel lontano 1943 è notevolmente cambiata. Ormai sono trascorsi più di settanta anni e man mano i ricordi si affievoliscono, sia perché molti di coloro che furono testimoni di quel tragico evento, non sono più tra di noi, sia perché si è cercato un oblio su tali sofferenze e disagi.(1)
Gli alleati scelsero come data per lo sbarco in Sicilia, la notte tra il 9 e il 10 luglio per l’assenza della luce lunare dopo le ore 24,00. I ricognitori italo-tedeschi, avevano avvistato già alle ore 16,30 del 9 luglio i convogli nemici e alle 19,30 dello stesso giorno il Gen. Alfredo Guzzoni (comandante in capo delle Forze Armate in Sicilia), diede lo stato dall’erta.
In seguito per la sua accortezza nella riorganizzazione del fronte bellico in Sicilia, avrebbe ricevuto le congratulazioni dal feldmaresciallo Kesselring (comandante delle forze germaniche in Italia). In effetti il Gen. Guzzoni aveva procrastinato l’invio di divisioni italo-tedesche in provincia di Trapani. Il motivo era inerente ad informazioni che le spie italiane in Nord Africa avevano trasmesso, sulle possibili zone di sbarco.
Tale rinvio intralciò i piani di Montgomery che riteneva di conquistare tutta la Sicilia in soli sette giorni. Alle 23,35 del 9 luglio 1943, le navi britanniche iniziarono le operazioni di sbarco, tra Pachino (che poi sarebbe divenuto il primo comune d’Italia) e il faro di Portopalo di Capopassero. In quella zona le operazioni non trovarono molta resistenza, tranne la batteria che era situata alle spalle di Marzamemi, aveva creato qualche azione di contrasto, riuscendo a colpire un mezzo da sbarco. La Brigata Malta era riuscita a sbarcare tre battaglioni. La 52^ batteria costiera fu neutralizzata solo alle 04,00 da due navi da guerra olandesi.
A Portopalo, lo sbarco si svolse ai lati della rada, per timore di una eventuale presenza di mine. Alle 04,00 la prima ondata aveva completato lo sbarco e aveva intrapreso tre direttive, una in direzione Portopalo, l’altra in direzione tonnara ove si verificò un breve scontro e la terza verso l’altura, in direzione Pachino. I canadesi, sbarcarono tra Pozzallo e l’Isola delle Correnti e un altro sbarco avvenne in zona Costa dell’Ambra. Dal mare la nave Roberts teneva sotto tiro l’aeroporto di Pachino. Nella zona di Maucini la batteria costiera aprì il fuoco contro i primi mezzi da sbarco ma fu tradita dalle fiammate di sparo e prontamente venne neutralizzata dalle navi.
L’aviazione alleata, contemporaneamente, aveva avviato azioni di mitragliamento e bombardamento sugli aeroporti, sulle difese costiere e su tutti gli obiettivi importanti. La costa compresa tra Punta Castellazzo e Vendicari era difesa dal 243° battaglione, comandato dal Ten.Col.Cataldi. Si trattava di una zona ampia e presidiata solo da 1000 militari, pertanto ampi tratti di territorio rimanevano totalmente indifesi. Le azioni di contrasto potevano avvenire solo dai capisaldi più muniti e a ciò si devono gli episodi di strenua resistenza. Così a Marzamemi cadde il Ten. Barone e tanti altri perirono con le loro mitragliatrici nelle postazioni che le avevano avute in dotazione. A Portopalo era alloggiato un plotone tedesco delle trasmissioni che si ritirò in direzione Rosolini, lasciando sul posto alcuni commilitoni che furono poi catturati dagli inglesi. La difesa di Pachino era affidata al 44° reggimento d’artiglieria del Col. Romeo Escalar. La 321^ batteria difendeva l’aeroporto di Pachino e non molto distante in direzione Bonivini-Modica, si trovava un’altra postazione per un eventuale supporto.
Il comando della 206^ divisione costiera era a Modica sotto il comando del Gen. D’Havet (durante la prima guerra mondiale, aveva combattuto con gli inglesi, contro gli austriaci e conosceva l’inglese), le forze di riserva erano tenute ad una certa distanza dalla costa. Per la 206^ l’ubicazione era a Rosolini, nella zona della stazione ed era il Gruppo Mobile F (il Gruppo Mobile G era distaccato a Comiso a difesa dell’aeroporto) al comando del Magg. Stefano Argenziano. A Ispica era distaccato il Gruppo Tattico Sud (camicie nere) al comando del Console Busalacchi (equivalente nell’esercito al grado di Ten.Col.). La prima riserva (Argenziano) aveva in dotazione 10 carri armati Renault mod R/35 (erano carri ormai obsoleti ricevuti dai tedeschi, come preda bellica francese). Argenziano aveva il compito di supportare l’aeroporto di Pachino e Busalacchi la zona costiera, secondo le direttive stabilite dal gen. D’Havet. Il Console della Milizia Busalacchi comandava la 173^ Legione Camicie Nere, interamente motorizzata con compiti di supporto e rastrellamento antiparacadutisti.
Nelle prime ore della mattina Argenziano fu avvertito della presenza di paracadutisti nelle campagne adiacenti, prese allora la decisione di inviare alcune sue unità in aiuto dei gruppi di rastrellamento. Ci furono subito degli scontri e un S.Ten. di ritorno, riferì che giunto in una contrada e udito delle grida, avvicinandosi trovò una donna uccisa e altri civili gravemente feriti ( si deve tenere presente che gli alleati, individuavano come appartenenti al P.N.F. Partito Nazionale Fascista coloro che vestivano di nero. In Sicilia a quei tempi, le famiglie colpite dai lutti indossavano abiti di colore nero che mantenevano per decenni. A causa della disinformazione dei comandi alleati furono uccise diverse persone, per un errore di individuazione). Furono catturati diversi paracadutisti e interrogati. Uno di questi riferì che gli sbarchi erano in corso lungo la costa adiacente a Pachino. I cannoni che da poco erano stati sbarcati a Marzamemi, alle 7,30 entrarono in azione e alcuni carri Sherman mossero in direzione Pachino. Il loro obiettivo primario era l’aeroporto di contrada Chiaramida, sarebbe stato utile agli aerei che dovevano tornare a Malta per i rifornimenti.
Circa due chilometri a Nord di Pachino si trovava il comando del 122° reggimento agli ordini del Col. D’Apollonio che costituiva un ostacolo per il possesso dell’area aeroportuale. Alle 10,00 gli inglesi iniziarono una manovra di accerchiamento che costrinse D’Apollonio a ritirarsi in verso Bonivini (direzione Rosolini). Il reggimento Royal Canadian aveva occupato la zona di Maucini, neutralizzando la 54^ batteria. Alle 09.00 l’aeroporto fu raggiunto e i genieri inglesi immediatamente si attivarono per ripristinare la pista riuscendo a fare atterrare i primi aerei alle 12,15. Alle 10,00 il Gen. D’Havet diede l’ordine al Gruppo mobile F di muovere in direzione Bonivini-Modica e Marzamemi-Pachino. II Gruppo Tattico Sud doveva seguire la via costiera per entrare in contatto con il nemico e poi ricongiungere le forze per costituire un fronte unico. In effetti queste erano le ultime risorse a disposizione della 206^ Divisione Costiera.
Un reparto del Gruppo Tattico Sud era riuscito a riconquistare il caposaldo di contrada Case Gradante e stava per respingere verso il mare gli inglesi, nonostante fosse ripreso il tiro delle navi. Allo stesso tempo la 3^ brigata canadese che si era inoltrata lungo la statale 115 (Rosolini-Ispica)prese contatto con un altro reparto del Gruppo Tattico Sud. Il Gruppo Mobile F si mosse su due colonne, una in direzione Rosolini-Pachino e l’altra verso Bonivini-Modica. Al bivio Bonivini-Modica, Argenziano incontrò D’Apollonio e il Ten. Col. Cataldi che si erano ritirati e assieme decisero di raggiungere la batteria ubicata al Km 17 della Noto-Pachino, che ancora non era stata sopraffatta. L’altra colonna, Al Km 16 della Rosolini-Pachino (un plotone di motomitraglieri) si era scontrata con pattuglie nemiche. Le navi una volta distrutte le batterie costiere si erano avvicinate rendendo più micidiali i tiri e gli aerei ripresero i bombardamenti. Nonostante ciò Argenziano diede prova della sua competenza N.P. (se fosse stato in Nord Africa avrebbe ricevuto i migliori elogi da Rommel. Questo schieramento tattico serve a sfatare quell’assioma che vuole incompetenti gli ufficiali italiani nel secondo conflitto mondiale,indirizzò la compagnia carri alla sinistra della Noto-Pachino, alla destra la compagnia motomitraglieri, di retroguardia la compagnia controcarri e una batteria autotrainata vicino al bivio per Rosolini. In pratica si era premunito da un eventuale accerchiamento impiegando come retroguardia l’armamento anticarro se si fosse trovato nelle condizioni di retrocedere. Col senno di poi possiamo asserire che se si fosse mosso qualche ora prima, in sintonia con Busalacchi, l’esito dello sbarco sarebbe stato meno facile per gli inglesi.
La titubanza di D’Havet era stata fatale, ormai Argenziano avrebbe incontrato la seconda ondata di sbarchi, il rapporto tra uomini e mezzi era ormai sproporzionato, a favore degli inglesi). Tre carri R/35 che avanzavano in direzione Marzamemi furono intercettati e distrutti, il carro del S. Ten. Cuschini fu aggredito con i lanciafiamme e rimase carbonizzato con l’equipaggio. Lo scontro che era iniziato alle 13,00 del 10 luglio durò fino alle 15,00 e aveva determinato un avvicinamento del Gruppo Mobile F a Pachino. Alle 16,00 si avvicinarono sei Sherman provenienti da Portopalo, l’urgenza adesso era quella di neutralizzare il nuovo pericolo e Argenziano fece concentrare il fuoco di tutti i pezzi controcarro verso i tank. Riuscirono a neutralizzarne due ma gli altri si disimpegnarono e attuarono una manovra di accerchiamento che ebbe esiti micidiali. Il ricongiungimento con il Gruppo Tattico Sud era ormai impossibile. Da quel momento in poi non sarà più possibile creare un fronte continuo, si potrà approntare solo alla Piana di Catania nei giorni successivi. Solo Argenziano riuscì a ritirarsi fino a Catania, Busalacchi e il Gen. D’Havet da lì a poco sarebbero stati fatti prigionieri dagli inglesi. Da quel lontano luglio del 1943 i due personaggi che abbiamo incontrato in questa breve trattazione (Argenziano e Busalacchi), non saranno più ricordati, la storia ha memoria per i vincitori e non per i vinti.
NOTE PERSONALI A MARGINE: Gli inglesi trattarono le popolazioni cadute sotto la loro giurisdizione non da liberatori ma da invasori. Per secoli avevano colonizzato il mondo e le popolazioni italiane non potevano essere trattate diversamente. Mio padre nel 1943 abitava a Noto e mi raccontò un episodio che gli capitò il giorno dopo lo sbarco. In quel periodo si era trasferito con la famiglia in una campagna molto vicina a Noto a causa dei frequenti bombardamenti. Gli inglesi si erano accampati nel medesimo luogo e avevano scavato delle buche per dormirci dentro , uno di essi senza farsi notare gli era andato dietro con una pinza per tranciargli un lobo auricolare. Fortunatamente se ne accorse e riuscì ad allontanarsi. Qualche tempo dopo, vagando per i campi trovò degli oggetti simili a penne stilografiche, calamai e altro. Prese quello che somigliava al calamaio e si accorse che dal tappo usciva una catenella, quest’ultima lo insospettì e allora decise di lanciare l’oggetto ad una certa distanza. L’urto con il terreno determinò una deflagrazione tale che fece accorrere dei contadini che lavoravano nelle adiacenze. Erano delle bombe che l’intelligence inglese aveva lanciato dagli aerei molto tempo prima del 1943, forse un anno prima, allo scopo di causare menomazioni e creare malcontento nella popolazione, nei confronti del regime.
Una sera, pochi giorni dopo il 10 luglio, mio nonno si era recato nella stalla con il lume per dare da mangiare ai muli e ai cavalli; gli inglesi interpretarono quella luce come una segnalazione alle forze avversarie e così stavano per sparargli e fu solo per l’intervento dei paesani che si evitò il peggio. Mio nonno che da ragazzo, abbandonò gli studi ginnasiali fuggendo nottetempo dal collegio di Noto, riteneva di avere risolto i problemi della sua vita, non essendo ben disposto alla disciplina in tutte le sue accezioni. Era il primo di sette figli e le speranze dei suoi genitori erano quelle di avviarlo alla professione d’insegnante.
Pochissimi anni dopo si accorse che alla disciplina non si sfugge e la Reale Marina lo inserì nella leva obbligatoria, dandogli così l’incombenza di partecipare alla guerra italo-turca(raccontava che i marinai, lui compreso avevano sbarcato tenendoli sulle spalle con tutto l’affardellamento i fanti italiani. Probabilmente per la penuria dei mezzi da sbarco). Successivamente partecipò al primo conflitto mondiale con la flottiglia del Garda aveva totalizzato circa sei anni di guerra. Al termine del conflitto ritornò a Noto ad amministrare i suoi terreni. Quando sul finire degli anni ’30 avvertì il sentore di una nuova guerra, credette opportuno di provvedersi del congedo illimitato, per problemi di salute. Evidentemente riteneva che quella non fosse più la sua guerra, probabilmente gli bastava quella che quotidianamente combatteva con mia nonna.
Solo quella notte del ’43 lo aveva calato nella dura realtà, non era andato a combattere e per ironia della sorte stava per morire nella sua terra, nell’agro netino. Non molto tempo dopo, quando gli inglesi tolsero l’incomodo, la sua campagna era colma di armi , ordigni e altro munizionamento, vedendo che nessuno si occupava del loro ritiro ( ALLORA NON SI CONOSCEVANO I RIFIUITI SPECIALI ) prese la decisione di provvedere di persona. Con grande dispiacere di mio padre che li considerava dei “ giocattoli” li caricò sul carro e li andò a gettare, dopo non pochi viaggi, nel fiume più vicino.
Nel 1943 mia madre abitava a Siracusa e mi raccontò che da prima del 9 luglio si era stabilita con la sua famiglia assieme a molte altre persone dentro le latomie dei cappuccini. Alla meglio avevano realizzato dei giacigli per trascorrere le notti riducendo il rischio di perire nelle abitazioni per via dei frequenti bombardamenti. Tornando a quella notte del 9 luglio, tutti i rifugiati capirono che qualcosa di nuovo stava accadendo. I bombardamenti erano ripresi e la batteria ubicata sulla balza acradina aveva iniziato a sparare in direzione mare. Dalle navi giunse il fuoco di risposta e per pochi metri un proiettile non cadde dentro le latomie. Si fermò alcuni metri prima creando una enorme buca( che in tempi recenti ha facilitato la costruzione di una palazzina. L’impresa non ha dovuto faticare molto per realizzare le fondazioni). Per un errore di tiro si salvarono molte persone. Gli sfollati per molti giorni abitarono nelle latomie e gli inglesi sporgendosi dal piano stradale, lanciavano delle scatolette di latta (in numero esiguo)contenenti biscotti, aperte male con le baionette in modo che i contendenti si lacerassero le mani con il metallo sfrangiato.
Nel 1944, la guerra ancora non era finita, la popolazione di Rosolini riprese le armi per ribellarsi agli inglesi, sembra per problemi di approvvigionamento alimentare e il paese fu prontamente circondato per ristabilirne l’ordine. Churchill disse: ”Gli italiani devono essere trattati con il bastone e la carota”. Chissà cosa ne penserebbe oggi, il grande statista, su come sono trattati gli italoeuropei?
Alberto Giammanco.
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(1) – Vedi: “LO SBARCO” di Ottaviano Perricone, Ed. Corriere Elorino Rosolini 1993.
Notizie netine e siracusane del dott. Alberto Giammanco.