Caravaggio e Palermo
di Enzo Papa
E’ vero che Caravaggio non finisce mai di sorprenderci, ma è anche vero che i luoghi comuni sono duri a morire, che non si fa più ricerca e si ripete, maldestramente orecchiando, quanto scritto in precedenza, senza alcuna verifica, arrecando così un grave danno alla conoscenza. Molte inesattezze, se non fantasie, sono state scritte e ancora si scrivono sulla figura e sull’opera di Caravaggio; cosa che si potrebbe evitare se ci si tenesse aggiornati con l’avanzare degli studi, o almeno non ci si avventurasse senza scrupoli su terreni impervi e poco conosciuti.
Ma c’è Michele Cuppone, un ricercatore oggi fra i più attivi e attenti studiosi di Caravaggio, il quale, studiando il famoso quadro palermitano “Natività con i santi Lorenzo e Francesco”, ha potuto dimostrare (v. News-Art dicembre 2015) che mai Caravaggio fu a Palermo (e, aggiungo io, tanto meno a Caltagirone, come vorrebbe l’amico Alvise Spadaro) e che la pala d’altare rubata dalla mafia e mai più ritrovata è stata dipinta a Roma nel 1600 e non a Palermo nel 1609. L’equivoco nacque a causa dei due biografi secenteschi, Baglione e Bellori, che scrissero l’uno nel 1642 e l’altro nel 1672, cioè molti anni dopo la morte del Caravaggio (1610), i quali sapevano di un quadro palermitano del maestro, ma senza averlo mai visto, e quindi opinarono di un suo soggiorno a Palermo. Cosa che venne ripresa pedissequamente dal fantasioso Francesco Susinno (1724, ma conosciuto solo nel 1960) a cui hanno fatto sempre riferimento tutti coloro che hanno scritto qualcosa su Caravaggio in Sicilia, anche a proposito di Mario Minniti.
Intanto c’è da dire che non esiste alcuna fonte documentaria della permanenza o del passaggio di Caravaggio da Palermo, come invece accade per Siracusa e Messina. Ma Cuppone, riprendendo l’atto notarile firmato a Roma il 5 aprile 1600 con cui il senese Fabio Nuti, commerciante e banchiere in stretta relazione mercantile con i confrati dell’Oratorio palermitano, commissiona a Caravaggio per la somma di duecento scudi “unum quadrum…cum figuris” le cui dimensioni “in circa di 12 palmi per 7 o 8” (circa cm 268 x 179) corrispondono a quelle del quadro palermitano, dimostra che effettivamente il quadro fu dipinto a Roma nel 1600. L’opera avrebbe dovuto essere consegnata entro il 15 giugno, ovviamente in tempo per essere spedita a Palermo dove intanto, in vista dell’inaugurazione dell’Oratorio per la festa di San Lorenzo, il 10 agosto, si procedeva, come ha dimostrato nel suo studio Giovanni Mendola (“Il Caravaggio di Palermo e l’Oratorio di San Lorenzo”, 2012), alla sistemazione della “guarnicioni”, ossia della cornice dell’altare, che venne completata il 6 agosto e pagata il 9, giusto in tempo per adattarvi e sistemarvi la Natività. Cuppone va anche oltre e a suo sostegno si sofferma sugli aspetti stilistici dell’opera chiedendosi, come hanno fatto tanti altri studiosi, perché mai Caravaggio sia passato in un brevissimo arco di tempo e con evidente salto stilistico dalla visione tragica della maltese “Decollazione del Battista”, del “Seppellimento di Santa Lucia”, della “Resurrezione di Lazzaro” alla serenante visione della palermitana “Natività”. Inoltre è diversa la concezione dello spazio, la cura dei particolari e la stessa tavolozza, più ricca e più vivace. La sua risposta è chiara e stringente: l’opera palermitana è da ascrivere al periodo romano e Caravaggio non è mai stato a Palermo.
Giovanni Mendola, poi, che ha fatto e fa ricerche d’archivio, ha scoperto un atto notarile registrato a Palermo l’8 marzo 1601 attestante una transazione di duecento ducati in favore del confrate dell’Oratorio di San Lorenzo Cesare De Avosta per denaro cambiato con Fabio Nuti, in società con l’altro mercante-banchiere Deifobo Spennacchi. E’ questo il documento che testimonia i rapporti tra il committente romano Nuti e i confrati palermitani.
Infine, il colpo di coda di Michele Cuppone: la modella che ha posato per la Vergine della “Natività” è la stessa che ha posato per la Giuditta di Palazzo Barberini, opera che non è stata certo dipinta in Sicilia, ma senza dubbio alcuno coeva all’opera “palermitana”.
ENZO PAPA
Post Scriptum: Pur nella diversità espressiva, è evidente nelle foto sopra che ha posato la stessa modella, sia per la Giuditta (a sinistra) che per la Vergine (a destra).
NOTA BENE: L’articolo ,col titolo CARAVAGGIO MAI A PALERMO,
è tratto da pag. 15 del quotidiano “La Sicilia”del 2 Luglio 2016.