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Noto: Enzo Papa per “Centina” di Corrado Papa

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Noto: Enzo Papa per “Centina” di Corrado Papa

PER “CENTINA”  di  CORRADO PAPA

 Poesie Notigiane del Novecento a cura di Biagio Iacono,

di Enzo Papa

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Qualcuno potrebbe pensare che la poesia dialettale sia di grado inferiore a quella in lingua, che, cioè, sia da relegare su un piano che potremmo dire minore, quasi dilettantistico, inclinato più verso il popolare e il popolaresco, quindi per questo privo di valore d’arte, di nobili virtù artistiche. Non è così. Chiariamo subito. Intanto diciamo che per dialetto intendiamo una parlata a diffusione locale, che ha caratteristiche diverse dalla lingua ufficiale della nazione, la lingua nazionale che unifica linguisticamente tutto il territorio nazionale.

Fin dopo la nascita dello Stato unitario, tutti, anche le persone colte, perfino i re erano dialettofoni; nel parlato ricorrevano all’uso del proprio dialetto, mentre l’italiano veniva utilizzato principalmente nella scrittura.  Nel “Gattopardo” Tomasi di Lampedusa fa parlare in dialetto il re Ferdinando di Borbone e successivamente, quando afferma che “tutto cambia perché tutto resti come prima”, aggiunge: “dialetto torinese invece che napoletano”. Andate a controllare.

Ma la fioritura della produzione letteraria in dialetto si registrò nella seconda metà dell’Ottocento con gli studi di demologia e di etnologia,  con l’attenzione verso le tradizioni popolari, con la raccolta e il commento dei testi orali dei diversi dialetti intesi come  autentici documenti ed espressioni concrete del sentire popolare. E tuttavia pesò, nel corso della seconda metà dell’Ottocento e per buona parte del Novecento, compreso, ovviamente, il periodo fascista, il pensiero di Francesco De Sanctis che considerava il dialetto “una malerba che bisognava estirpare fin nelle scuole”.

Il preside prof. Enzo Papa.

Il preside prof. Enzo Papa.

In Sicilia abbiamo una vasta produzione dialettale con i grandi poeti  Martoglio o  Alessio Di Giovanni o Francesco Guglielmino o Ignazio  Buttitta e tutta la schiera di poeti che hanno seguito la loro lezione e che nella scelta del dialetto sono andati alla ricerca di un linguaggio più autentico, estraneo agli influssi del linguaggio mediatico e capace ancora di dar voce al loro, mondo interiore. Va comunque detto che la poesia dialettale, di qualunque regione sia espressione, non è più considerata letteratura minore, come ha dimostrato il più illustre studioso di letteratura dialettale Franco Brevini, ma dobbiamo riconoscere che, se già ha una circolazione limitata la poesia in lingua, quella dialettale soffre maggiormente, soprattutto tra le nuove  generazioni.

Negli ultimi decenni del secolo scorso si dibatteva, negli ambienti culturali siciliani interessati alla produzione letteraria in dialetto, il problema della koinè, per cui si registravano sostanzialmente due posizioni ideologiche: da una parte i fautori di un nuovo codice linguistico che fosse la sintesi di tutti i sottodialetti dell’isola, una sorta di  “summa” come già agli inizi del XX secolo aveva teorizzato Alessio Di Giovanni; appunto un’ ancestrale koinè, termine, questo,  mutuato dal greco (koiné diàlectos= lingua comune); dall’altro lato i sostenitori delle tradizionali parlate locali, dei sottodialetti con tutte le loro armonie, le loro dissonanze, le loro varianti e le loro instabilità lessicali. E in questa seconda “soluzione” va inserita senza dubbio, la poesia di Corrado Papa. Tuttavia non vuol dire che i sostenitori della koinè, con a capo il suo eterodosso teorico, il poeta catanese Salvatore Camilleri seguito a ruota dal palermitano Paolo Messina, erano da considerarsi progressisti e innovatori, e gli altri, al contrario, conservatori e più legati alle tradizioni locali, perché non erano e non sono questi i termini della questione.

Corrado Fianchino,Enzo Papa, Angelo Fortuna, Costantino Guastella e Corrado Marescalco.

Corrado Fianchino, Enzo Papa, Angelo Fortuna, Costantino Guastella e Corrado Marescalco.

Ora, mentre la koinè, cioè il tentativo di creare un corpus di regole grammaticali, morfologiche, sintattiche, ortografiche, persino fonologiche, che è come dire la trasformazione del dialetto e del vernacolo in lingua, appare di difficile, se non di ardua o impossibile realizzazione, sembrerebbe invece una più opportuna soluzione la creazione di un codice ortografico comune e condiviso che, nel rispetto di ogni singola parlata, consentisse tuttavia di eliminare le difficoltà di lettura e di scrittura dei testi. Da anni se ne parla, di un condiviso codice ortografico, soprattutto da cattedre universitarie, fin  dai tempi del mai dimenticato prof. Giorgio Piccitto, l’autore del Vocabolario siciliano. Non  c’è dubbio che i canoni dialettali vanno impoverendosi sempre più e che sembrano resistere alle innovazioni soltanto nel fare poetico, mentre nella dialettofonia la contrazione è assai evidente, soprattutto nelle fasce giovanili, per le forzature della lingua italiana i cui termini vengono spesso dialettizzati o almeno foneticamente dialettizzati, creando uno strano impasto linguistico quasi fosse una varietà regionale dell’italiano, e di fatto operando una modifica e un  depauperamento della terminologia e delle strutture linguistiche dialettali, che vengono trasformate costantemente dall’influsso di svariati fattori innovativi, con la conseguente creazione di inusitati e inaccettabili neologismi dialettali. Inoltre da molte parti si afferma che la dissociazione dal linguaggio abituale e dalle forme quotidiane fondate sul dialetto è il nuovo prezzo che si paga alla manipolazione dei valori e dei miti operata dalla civiltà moderna. I linguisti avvertono che siamo di fronte all’inarrestabile declino linguistico dei dialetti, cui è associato lo svuotamento culturale della società subalterna.

E qui appare opportuno fare una differenza tra poeti dialettali colti e poeti dialettali dilettanti, almeno come si è registrato in quest’ultimo ventennio. Intanto diciamo subito che l’uso del dialetto è solo un mezzo, un codice, che il poeta utilizza per esprimersi. Dunque, innanzitutto il poeta e poi il dialettologo. Ora, mentre i poeti colti hanno operato ed operano con un registro linguistico raffinatamente letterario e abilmente usufruendo dei privilegi che offre la parola dialettale,  i poeti che potremmo definire popolari  utilizzano un registro che diremmo rustico, e tuttavia più coerente alla tradizione orale e all’evocazione del mondo della memoria, anche se innegabilmente la nostalgia per le “parole della tribù” resta una componente molto significativa di entrambe le operazioni poetiche.

L'Autore di Centina, M° Corrado Papa, mentre declama una sua poesia.

L’Autore di Centina, M° Corrado Papa, ha declamato diverse sue poesie fra gli applausi entusiasti del numeroso Pubblico.

Ora,  questa raccolta di testi poetici di Corrado Papa, non è un’elaborazione “ideologica” che ha precisi caratteri in cui convergono retaggi storici, come si registra volgendo in giro lo sguardo nella vasta e variegata produzione poetica dialettale, non solo siciliana. Nella pagina di Corrado approdano sempre contingenti di realtà infinitamente più densi di quelli rintracciabili sulla pagina del poeta in lingua. E ciò accade perché la sua percezione del mondo avviene attraverso la lingua della realtà, la sua lingua originaria, la sua lingua materna, il dialetto, a diretto contatto con i referenti antropologici e culturali della sua storia. Spesso, si sa, risultano insoddisfacenti, talvolta addirittura stridenti, i tentativi di caricare di contenuti culturali estranei al suo universo la parola dialettale; il che non avviene nella poesia di Corrado, dove non si vuol rinchiudere e condannare la parola dialettale al museo delle cere perse, quanto invece impiegare il dialetto netino iuxta propria principia. Il fascino del  dialetto siciliano consiste, come si sa, nell’essere il risultato di diverse culture. Questo spiega la diversità dei sottodialetti, delle varie parlate, delle differenze fonetiche e lessicali tra le tante varietà della nostra isola, che si notano anche tra paesi viciniori, (Avola e Noto)  senza tuttavia scomodare le isole alloglotte gallo-italiche  che sono tutt’altra cosa.

Un folto e qualificatissimo Pubblico ha partecipato alla presentazione di Centina.

Un folto e qualificatissimo Pubblico ha partecipato alla presentazione di Centina applaudendo continuamente.

Mantenere codesta diversità, che reputo preziosa, significa mantenere la nostra identità, riconoscersi in un solco che abbiamo il dovere, il sacrosanto dovere  di tutelare e di alimentare. Il dialetto, insomma, è veramente il sangue arterioso della nostra lingua, delle nostra capacità e possibilità espressive della nostra identità.  E Corrado Papa opera una scelta sempre consapevole che si è snodata in un lungo arco temporale, proponendoci una valida testimonianza culturale di un momento storico che si aggiunge in continuità, come ha scritto Biagio Iacono  alla nobile e illustre temperie letteraria, dialettale, netina che, chiunque abbia buona volontà, potrà scoprire non solo sfogliando i giornali netini della prima metà del Novecento, ma anche i preziosi volumetti, spesso stampati privatamente e custoditi presso la nostra Biblioteca Comunale.

Noto, 26 novembre 2016                                           Enzo Papa

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“CENTINA” di CORRADO PAPA

 Poesie Notigiane del Novecento a cura di Biagio Iacono,

Sicula Editrice-Netum – Noto, 2016, pagg. 144, € 20,00  –

NOTA BENE: Le foto sono del Cap. Prof. Francesco Capodicasa, Vicepresidente UNUCI-NOTO. 

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